Il Consiglio di Stato distingue tra accesso civico e accesso agli atti amministrativi

Recente provvedimento del Consiglio di Stato in merito al diritto di accesso agli atti amministrativi

- di Avv. Giorgio Pernigotti
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Il Consiglio di Stato distingue tra accesso civico e accesso agli atti amministrativi

Con sentenza depositata lo scorso 20 novembre, la Sesta Sezione del Consiglio di Stato, a parziale riforma della decisione del TAR Lombardia numero 1904 del 2013, offre interessanti spunti interpretativi sulle diverse finalità delle norme in tema di trasparenza amministrativa, come introdotte dal D.Lgs. n. 33 del 2013, e le norme della L. 241 del 1990, nelle sue modificazioni, in tema di accesso agli atti e ai documenti amministrativi.

La fattispecie, da cui muovono le argomentazioni del Consiglio, riguarda una serie di istanze di accesso, reiterate e dilazionate nel tempo, rivolte ad una Università e motivate da un generico interesse di tutela giuridica, da un candidato al titolo di dottore di ricerca. Segnatamente, il candidato, facendo riferimento ad una procedura selettiva di valutazione, chiedeva all'Università di conoscere sia un decreto rettorale che, genericamente, ogni atto riferentesi alle procedure di valutazione di tutti i dottorandi di ricerca il cui titolo fosse o non fosse stato rilasciato a far data dal gennaio del 2005 (l'istanza, a quanto consta, risulta presentata il 14 febbraio del 2013).

L'Amministrazione, con nota, trasmetteva la copia del decreto richiesto ma dichiarava non ammissibile l'accesso agli ulteriori dati, motivando il diniego come accesso preordinato ad un generalizzato controllo dell'operato dell'amministrazione, come tale non consentibile.

L'istante, di fronte al parziale rifiuto di accesso, adiva, secondo le norme processuali particolari e dedicate, il TAR competente che, con la pronuncia gravata, concedeva accoglimento in parte qua e con limitazione temporale, alle doglianze avanzate, fondando, essenzialmente, la decisione su un' interpretazione estensiva del principio di trasparenza, come desumibile sia dalla normativa comunitaria sia da quella nazionale, tra cui, da ultimo, il D.lgs. 33 del 2013.

Interponeva appello l'Amministrazione, appello centrato sulla non applicabilità, alla fattispecie in esame, delle norme in tema di trasparenza, vuoi per la loro emanazione successiva rispetto al procedimento e, comunque, per il differente profilo di operatività rispetto all'istituto dell'accesso agli atti.

Con motivazione assolutamente condivisibile ed esauriente, il Consiglio di Stato, nella sentenza citata, puntualizza, in linea con l'orientamento della dottrina più autorevole, quanto segue:

  • le norme contenute nel più volte citato D.Lgs. 33 del 2013, disciplinano situazioni non ampliative né sovrapponibili a quelle che consentono l'accesso ai documenti amministrativi e di cui agli articoli 22 e seguenti della L. 241 del 1990;

  • in particolare, mentre le norme sulla trasparenza costituiscono attuazione di principi costituzionali a tutela di tutti i cittadini, quali la democraticità, l'eguaglianza, l'imparzialità, il buon andamento, la responsabilità, efficacia ed efficienza nell'utilizzo delle risorse pubbliche, quale integrazione del diritto ad una "buona amministrazione", e volte a garantire la realizzazione di un'amministrazione "aperta", le norme disciplinanti il diritto di accesso riguardano soggetti ben individuati e portatori di un interesse diretto, concreto ed attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento (atto) del quale si chiede l'accesso, con richiesta motivata;

  • nel caso concreto, si ricadrebbe nella disciplina dell'accesso agli atti motivato, con tutte le garanzie da osservare sia a favore dell'istante che dell'amministrazione e dei terzi controinteressati, non potendosi fare obbligo all'amministrazione di una pubblicazione "aperta" di tutti i documenti delle procedure;

  • inoltre, sempre in relazione al caso concreto, il numero cospicuo di istanze presentate, lascerebbe sospettare una volontà di controllo generalizzato non consentito dalla disciplina, anche estensivamente interpretata, che pone comunque il limite, desumibile in sede interpretativa, della "probabilità" che dalla discovery emergano elementi utili a tutela delle ragioni di difesa (probabilità che potrebbe anche sussistere per l'istante, ma da valutare con analisi specifica "in fatto");

  • certamente, per il Consesso, non pare giustificabile il frazionamento delle richieste in un notevole lasso di tempo, in difetto di plausibili ragioni non risultanti allo stato degli atti;

  • il nodo critico è sempre costituito dal necessario bilanciamento dei diritti e degli interessi in gioco, ancorché si tratti, quanto al richiedente, del diritto di tutela o di difesa, laddove detto diritto si debba confrontare con la disciplina in tema di dati sensibili e giudiziari, dati la cui comunicazione è consentita solo ove si ravvisi, come è noto, "una stretta indispensabilità";

  • né potrebbe valere, a favore del richiedente, il richiamo al D.M. 224 del 1999 che, all'articolo 10, assicura la pubblicità delle procedure di valutazione, per il rilievo che detto obbligo potrà ritenersi assolto dall'amministrazione con la pubblicazione degli esiti di un singolo procedimento e non di una mole di atti ponderosa relativa a diverse procedure, procedure i cui singoli atti potranno, semmai, costituire, caso per caso, oggetto di accesso specifico e motivato.

Come è agevole constatare dalle riflessioni, sintetizzate per necessità editoriali, svolte dal Consiglio di Stato, i rapporti tra le due discipline sono, per natura, destinati ad integrarsi, nei limiti correttamente indicati.

In effetti, il principio di buon andamento e di amministrazione trasparente sono legati a "filo d'oro" ; le due discipline esaminate non viaggiano su binari paralleli, a distanza, come dire, "di sicurezza", ma convergono verso un medesimo traguardo.

Non c'è da stupirsi, quindi, della presenza, in sede di applicazione, di criticità che potranno, a mio modesto avviso, agevolmente superarsi in via di interpretazione sistematica e, soprattutto, ragionevole.

 

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