Il Consiglio di Stato sul risarcimento danni in sede di ricorso al Capo dello Stato

La Domanda di Risarcimento del danno in sede di Ricorso al Capo dello Stato. Non ammissibile secondo il CdS 14/06/2013 n. 02755

- di Avv. Giorgio Pernigotti
Tempo di lettura: 2 minuti circa
Il Consiglio di Stato sul risarcimento danni in sede di ricorso al Capo dello Stato

Con parere depositato in data 14 giugno 2013 n. 02755 la Sezione Ia del Consiglio di Stato ribadisce l’orientamento contrario all’ammissibilità, in sede di ricorso al Capo dello Stato come disciplinato dall’articolo 8 del DPR 1199 del 1971, di domande volte ad ottenere il ristoro di danni subiti a causa di provvedimento illegittimo emanato dalla PA che abbia inciso su interessi del privato tutelati dal nostro ordinamento.

La vicenda che ha occupato il Consiglio trae origine dall’annullamento, ottenuto dal ricorrente in sede di pregresso ricorso straordinario, di ordinanza demolitoria emessa da un Comune relativamente ad un supposto abuso edilizio. Ottenuto l’annullamento, il ricorrente ha adito, successivamente e con nuovo ricorso, il Capo dello Stato chiedendo il risarcimento dei danni sofferti dall’iniziativa, accertata come illegittima, dell’Ente locale.

Il Consiglio di Stato, nel parere citato, conformemente ad un orientamento che pare sempre più consolidarsi, ha negato l’accoglimento della domanda proposta in via autonoma ritenendola non ammissibile.

Il principale argomento adotto dal Consiglio di Stato a fondamento del parere consiste nella peculiarità che connota il rimedio giustiziale – Ricorso Straordinario al Capo dello Stato – rispetto agli altri rimedi giurisdizionali a cognizione piena, con particolare riferimento alle tipologie di azioni definite nell’articolo 30 del Codice del Processo Amministrativo (D.Lgs. 104/2010 e successive modifiche ed integrazioni).

In particolare, argomenta il Consiglio, occorre distinguere tra i casi in cui la legge conferisce a determinate autorità il potere di annullare atti amministrativi ritenuti illegittimi e le azioni dirette contro la PA volte ad ottenere tutela di propri diritti non consistenti nella semplice richiesta di caducazione dell’atto ritenuto lesivo.

Tra le prime rientra il rimedio del ricorso straordinario, rimedio per sua natura di carattere impugnatorio e destinato ad accordare una tutela che sfocierà in una pronuncia avente carattere costitutivo di annullamento dell’atto impugnato per contrarietà all’ordine giuridico.

Quanto, invece, alle domande dirette ad ottenere il risarcimento dei danni conseguenti ad un non conforme esercizio del potere attribuito dal legislatore alla PA, queste dovranno essere necessariamente proposte nella sede tipicamente definita dalla Costituzione e nelle forme processuali a “contraddittorio pieno” (organi giurisdizionali ordinari, amministrativi o speciali secondo le diverse procedure stabilite).

L’unico potere concesso al Capo dello Stato in sede di decisione e concernente questioni economiche quali somme di denaro o altri benefici economici, è riscontrabile ed ammissibile unicamente qualora l’annullamento del provvedimento abbia come effetto necessario l’attribuzione di quella determinata somma o di quel determinato beneficio economico; in questo caso, appare evidente, non si verte in tema di risarcimento ulteriore rispetto a ciò che costituisce un semplice effetto-conseguenza naturale della caducazione del provvedimento illegittimo emanato e gravato.

Da ultimo il Consiglio ricorda come il risarcimento del danno non scaturisca automaticamente dall’annullamento del provvedimento bensì sia conseguenza dell’accertamento di presupposti diversi e/o ulteriori: dolo o colpa della PA, nesso eziologico tra condotta della PA ed evento lesivo, difetto di concorso del privato nella causazione del danno tale da escludere o diminuire il risarcimento e quantificazione del medesimo con criteri e con strumenti tipici della giurisdizione piena ordinaria.

Le motivazioni paiono, ad opinione di chi scrive, condivisibili sia alla luce degli sviluppi legislativi che hanno condotto alla emanazione del Codice del Processo Amministrativo che rispetto alle norme in tema di responsabilità della Pubblica Amministrazione in materia di procedimento amministrativo ( Legge 7 agosto 1990 n.241 e successive modifiche), di termini, di accesso ai documenti e rispetto alle norme relative alla materia, assai complessa e rilevante, degli appalti pubblici. Tutte disposizioni che, nel corso del tempo, hanno recepito istanze e principi di matrice comunitaria in cui “forte” appare il favor per la tutela piena ed unitaria offerta da un giudizio svolto nel contraddittorio delle parti (salvo eccezioni di contraddittorio cd. “differito” o “posticipato eventuale”) che conduca ad una statuizione equa e giusta nel contemperamento dei diversi interessi in gioco di cui le parti stesse sono portatrici.


 

Commenta per primo

Vuoi Lasciare Un Commento?

Possono inserire commenti solo gli Utenti Registrati