Il giudice deve formare il calendario processuale solo se provvede sulle richieste istruttorie
La fissazione del calendario processuale contribuisce alla ragionevole durata del processo. Recente pronuncia della Corte Costituzionale

Il potere - dovere del giudice di formare il calendario del processo sussiste esclusivamente quando provvede sulle richieste istruttorie, e quindi, non in relazione ad ogni causa e ad ogni momento di essa. Così ha statuito la Corte costituzionale nella sentenza n. 216/2013 rigettando la questione di costituzionalità sollevata in relazione all'art. 81 disp. att. c.p.c., modificato dall'art. 1 ter del D.L. n. 138/2011 e convertito con modificazioni in L. n. 148/2011.
Si ricorderà che con una cosiddetta "manovra di ferragosto" fu introdotta la su accennata norma di legge. Ne avevamo data notizia in questo articolo del 28/11/2011.
Il giudice delle leggi ha ritenuto infondate le prospettazioni del giudice remittente il quale aveva affermato l'incostituzionalità della disposizione in esame sull'assunto che le modifiche apportate dalla legge di riforma del 2011 avrebbero introdotto l'obbligatorietà in ogni caso della fissazione del calendario processuale. Una previsione siffatta costituirebbe violazione dell'art. 111 co. 2 Cost in relazione al principio di ragionevole durata del processo nonchè dell'art. 3 Cost sotto il profilo della ragionevolezza. In più precisi termini l'obbligatorietà del calendario processuale pregiudicherebbe le esigenza di celerità che il legislatore ha inteso perseguire: "negli uffici giudiziari con carichi di lavoro molto gravosi, il giudice sarebbe indotto - nel timore di non essere in grado di rispettare i termini fissati nel calendario e stante la minaccia di sanzione disciplinare [prevista dall'art. 81 co. 2 disp. att. c.p.c.] nel caso di mancato rispetto degli stessi - a stabilire scansioni temporali ben più lunghe rispetto a quelle che di regola avrebbe pianificato, determinando l'allungamento dei medesimi tempi". Inoltre, "al giudice non sarebbe consentito di scegliere razionalmente i processi nei quali adottare o meno il calendario del processo, tenuto conto di eventuali urgenze, dei temi del contendere o della natura giuridica dei diritti coinvolti".
Le questioni così come prospettate sono state dichiarate infondate nel merito.
In primo luogo, viene sottolineato che l'art. 81 disp. att. c.p.c. costituisce diretta emanazione dell'art. 175 disp. att. c.p.c. che affida al giudice istruttore la direzione del procedimento, attribuendogli "tutti i poteri intesi al più sollecito e leale svolgimento" di esso. In particolare "egli fissa le udienze successive e i termini entro i quali le parti debbono compiere gli atti processuali". La fissazione del calendario processuale persegue quindi l'esigenza di rendere conoscibili alle parti i termini del processo, di evitare inutili rinvii e di realizzare il principio della ragionevole durata del processo. Inoltre, tale potere - dovere del giudice di formare il calendario del processo, come emerge della lettera stessa della disposizione codicistica, nascerebbe esclusivamente nel momento in egli sia tenuto a provvedere sulle richieste istruttorie e non in relazione ad ogni causa o ad ogni momento di essa.
La Corte costituzionale ribadisce, inoltre, che il legislatore dispone di ampi poteri discrezionali nella regolamentazione degli istituti processuali con il solo limite della manifesta irragionevolezza delle scelte compiute. Inconvenienti di mero fatto, quali quelli connesso all'organizzazione del lavoro negli uffici giudiziari, non rilevano ai fini del controllo di costituzionalità.
Da ultimo, la prospettazione di una azione disciplinare conseguente al mancato rispetto dei termini fissati è una mera eventualità che richiede quanto meno l'accertamento di una condotta colposa del giudice