La Corte Cost. sul calcolo della durata del processo penale ai fini della L. Pinto
Nel procedimento penale la conoscenza dello status di indagato fa decorrere i termini per il calcolo della equa durata ex Legge Pinto. Corte Costituzionale (Sent. 184/2015)

La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 2, comma 2-bis, della legge 24 marzo 2001, n. 89 (Previsione di equa riparazione in caso di violazione del termine ragionevole del processo e modifica dell'articolo 375 del codice di procedura civile), «nella parte in cui prevede che il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualità di imputato, ovvero quando l'indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari, anziché quando l'indagato, in seguito a un atto dell'autorità giudiziaria, ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico».
L'art. 2 comma 2bis della legge 24 marzo 2001, n. 89 (c.d. Legge Pinto) determina le modalità di calcolo della massima durata del processo. Per comodità riportiamo qui sotto il comma interessato dalla pronuncia e in grassetto la parte relativa alla procedura penale, la parte che è stata dichiarata costituzionalmente illegittima.
"2-bis. Si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se il processo non eccede la durata di tre anni in primo grado, di due anni in secondo grado, di un anno nel giudizio di legittimità. Ai fini del computo della durata il processo si considera iniziato con il deposito del ricorso introduttivo del giudizio ovvero con la notificazione dell'atto di citazione. Si considera rispettato il termine ragionevole se il procedimento di esecuzione forzata si è concluso in tre anni, e se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni. Il processo penale si considera iniziato con l'assunzione della qualità di imputato, di parte civile o di responsabile civile, ovvero quando l'indagato ha avuto legale conoscenza della chiusura delle indagini preliminari".
La Consula, quindi, retrodata l'inizio del calcolo dovendosi considerare ora il momento in cui l'indagato ha avuto conoscenza del procedimento penale a suo carico, il momento da cui determinare la durata del processo.
La Corte di appello di Firenze rimettente aveva sottolineato come la domanda di equa riparazione era stata rigettata in quanto la durata complessiva era stata determinata in otto anni e sei mesi avendo escluo dal calcolo il periodo di tempo occorso per le indagini preliminari, un lungo periodo visto che sono durate per oltre sei anni e mezzo.
Richiamando nozioni derivanti direttamente dalla Corte EDU la Corte Costituzionale motiva affermando "una pretesa riparatoria nei confronti dello Stato, viene da sé che l’equa riparazione avrà ad oggetto non soltanto la fase che la normativa nazionale qualifica “processo”, ma anche le attività procedimentali che la precedono, ove idonee a determinare il danno al cui ristoro è preposta l’azione".
Di seguito il testo di Corte costituzionale - Sentenza 23 luglio 2015 n. 184:
SENTENZA N. 184
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
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