Tenuità del fatto senza comparizione in udienza della persona offesa: le SS.UU.
La mancata comparizione della persona offesa non osta alla dichiarazione della particolare tenuità del fatto. Sezioni Unite Penali Sentenza n. 43264/15

Dichiarata la particolare tenuità del fatto da parte del Giudice di Pace impugnava per cassazione il Pubblico Ministero osservando che erroneamente il Giudice aveva tratto dalla mancata comparizione della persona offesa la mancanza di interesse di questa all'esito del procedimento penale mentre a norma di legge il Giudice può dichiarare «l'estinzione del procedimento per la particolare tenuità del fatto» ... «solo quando l'imputato e la persona offesa non si oppongono».
La Sezione rimettente descrive che sulla pur recente normativa sulla particolare tenuità del fatto si sono formati due opposti indirizzi giurisprudenziali riasumibili nel modo seguente:
a) secondo un primo orientamento la mancata comparizione della persona offesa in udienza non può essere interpretata come una volontà di non opposizione rispetto ad una meramente eventuale valutazione del giudice circa la particolare tenuità del fatto, trattandosi di un fatto neutro, non espressivo di alcuna specifica volontà.
b) secondo altro filone giurisprudenziale, la decisione della persona offesa di non comparire in udienza implica una volontà di rinuncia all'esercizio di tutte le facoltà processuali previste dalla legge, tra cui quella di opporsi all'esito del procedimento per particolare tenuità del fatto
Rimessa la questione alle Sezioni Unite Penali queste decidono con Sentenza n. 43264 ud. 16/07/2015 - deposito del 27/10/2015.
Il quesito proposto alle SS.UU. viene riassunto in questo modo: "Se, dopo l'esercizio dell'azione penale, la mera mancata comparizione della persona offesa alla udienza davanti al giudice di pace, in assenza di altri dati significativi, impedisca di ritenere che la stessa non si opponga alla definizione del procedimento per particolare tenuità del fatto a norma dell'art. 34 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274".
Non si può dimenticare, motiva la Corte che l'art. 34, comma 3, «prevede, ai fini dell'operatività dell'istituto de quo, nella fase successiva all'azione penale, non già una condizione positiva (il "consenso"), ma una condizione negativa (la non opposizione; "se l'imputato e la persona offesa non si oppongono")». E continua affermando: "il tenore della disposizione conduce a far ritenere che tale volontà di opposizione deve essere necessariamente espressa, non potendosi desumere da atti o comportamenti che non abbiano il carattere di una formale ed inequivoca manifestazione di volontà"
Tuttavia la volontà di opposizione può essere manifestata anche attraverso memorie (art. 90, comma 1, cod. proc. pen.) o può addirittura ritenersi implicita nei casi in cui la persona offesa, costituitasi quale soggetto danneggiato dal reato e parte civile, formuli in udienza, a mezzo del procuratore speciale, richiesta di risarcimento dei danni.
Tutto ciò presuppone che la persona offesa sia stata messa in grado di esprimere la sua eventuale opposizione. Affermano leSezioni Unite "sicché non potrebbe essere pronunciata sentenza liberatoria se essa non sia citata in dibattimento, pur essendo noti gli elementi indicativi della sua residenza o dimora; né potrebbe essere adottata tale pronuncia da parte del giudice investito della richiesta di decreto penale di condanna ... . Ma certamente la legge non impone un'apposita convocazione della persona offesa specificamente preordinata a raccogliere la sua eventuale opposizione, dovendo per postulato legale presumersi che essa possa prospettarsi un esito liberatorio nel caso di una sua mancata comparizione in sede dibattimentale".
Aggiunge infine: "la mancata partecipazione al dibattimento della persona offesa ... è affatto irrilevante ai fini dell'abilitazione del giudice a valutare la sussistenza dei presupposti considerati dal comma 1 dell'art. 34 d.lgs. n. 274 del 2000, non potendosi desumere da detta situazione alcuna volontà di opposizione alla pronuncia di improcedibilità per tenuità del fatto. In linea con tale regime appare, d'altro canto, il disposto dell'art. 469, comma 1-bis, cod. proc. pen., che, ai fini della pronuncia di sentenza predibattimentale per la particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131-bis cod. pen., richiede che la persona offesa sia citata, potendosi tuttavia prescindere dall'acquisizione della sua volontà se essa non compare".
Alla conclusione del lungo argomentare le Sezioni Unite affermano il seguente principio di diritto:
"Nel procedimento davanti al giudice di pace, dopo l'esercizio dell'azione penale, la mancata comparizione in udienza della persona offesa, regolarmente citata o irreperibile, non è di per sé di ostacolo alla dichiarazione di improcedibilità dell'azione penale per la particolare tenuità del fatto in presenza dei presupposti di cui all'art. 34, comma 1, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274".
Di seguito il testo di Sezioni Unite Penali Sentenza n. 43264 ud. 16/07/2015 - deposito del 27/10/2015:
RITENUTO IN FATTO
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