Diritto di visita negato al genitore non affidatario: Italia condannata dalla CEDU

Diritto di visita negato: la Cedu riconosce la violazione dell'art 8 della Convenzione al genitore destituito della potestà genitoriale e ltalia è costretta a risarcire il danno. CEDU 28/04/2016 ricorso 68884/13

- di Avv. Valerio Pozzoni
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Diritto di visita negato al genitore non affidatario: Italia condannata dalla CEDU

In data 28 aprile 2016, la Corte Europea dei diritti dell'Uomo,(di seguito CEDU) ha accolto il ricorso della Signora Rosalia Cincimino dichiarandolo ricevibile in ragione dell'avvenuta violazione da parte dell'Italia dei principi dettati dall'art 8 della Convezione.

L'art. 8 della Convenzione dei diritti dell'uomo prescrive quanto segue:

Diritto al rispetto della vita privata e familiare

1 Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza.

2 Non può esservi ingerenza di una autorità pubblica nell’esercizio di tale diritto a meno che tale ingerenza sia prevista dalla legge e costituisca una misura che, in una società democratica, è necessaria alla sicurezza nazionale, alla pubblica sicurezza, al benessere economico del paese, alla difesa dell’ordine e alla prevenzione dei reati, alla protezione della salute o della morale, o alla protezione dei diritti e delle libertà altrui.”

La Signora Cincimino lamenta la violazione dell'articolo 8 in quanto nel 2003 il Tribunale di Palermo, nell'ambito della causa di separazione dal marito instaurata nel corso dell'anno 2001 le tolse la potestà genitoriale sulla figlia minore (6 febbraio 2000).

Le motivazioni della drastica scelta attuata dal Tribunale di Palermo giungono in ragione delle risultanze derivanti dalle perizie psichiatriche depositate dagli esperti nominati dal Tribunale dalle quali è emerso che la Signora Cincimino versava in uno stato di incapacità di gestione della propria persona e pertanto potenzialmente dannoso per la crescita e l'educazione della minore.

La Signora Cincimino ricorre in Appello avverso la decisione del Tribunale di Palermo tuttavia la Corte d'Appello respinge il ricorso e nella sua decisione del 27 febbraio 2006 conferma quanto statuito dal Tribunale di Primo Grado.

Nel luglio del 2009 la ricorrente propone un nuovo giudizio per rientrare nella potestà genitoriale allegando che nel frattempo ha compiuto un percorso di “riabilitazione” al termine del quale un professionista incaricato ha eseguito una perizia dalla quale è risultato che la Signora Cincimino ha raggiunto uno stato psichico e mentale di completa guarigione rispetto allo stato che ha portato il Tribunale di Palermo a toglierle la potestà genitoriale nel 2003, tuttavia il Tribunale respinge nuovamente la domanda avanzata dalla Signora Cincimino. Viene fatto ricorso in Appello e nuovamente viene ribadito che la ripresa dei rapporti tra la ricorrente e la figlia potrebbe pregiudicare la crescita della minore.

Nell'ottobre del 2013 la ricorrente propone ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo invocando la violazione dell'art 8 della Convenzione.

La Corte accoglie il ricorso e motiva l'intervenuta violazione precisando che per un genitore e il proprio figlio, rimanere insieme rappresenta un elemento fondamentale della vita familiare e che le norme interne che impediscono tale rapporto costituiscono un'ingerenza dei diritti protetti e garantiti dall'art 8 della Convenzione.

Peraltro la norma prevede che, qualora lo Stato possa effettivamente esercitare delle scelte che violino la vita privata e familiare di un cittadino devono essere supportati da motivi di urgenza che nella fattispecie in esame non rientrano tra le categorie elencate.

La Corte giunge alla propria decisione di riconoscere l'avvenuta violazione in quanto sostiene che, l'assenza di un esperto indipendente che avesse valutato lo stato di salute della ricorrente deve qualificarsi come non sufficiente a soddisfare le esigenze procedurali di cui all'art 8 della Convenzione per giustificare un intrusione di tale peso nella vita familiare della ricorrente.

La Corte ha pertanto precisato che lo Stato non ha svolto le obbligazioni positive previste dall'art 8 nell'interesse della ricorrente incorrendo nella violazione dell'art 8.

Avv. Valerio Pozzoni

 

Testo della sentenza

 

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