L'indennità di avviamento nel caso di attività svolta all'interno di un centro commerciale
Locazione. Negozio sito in un centro commerciale o altro impianto complemetare e diritto all’indennità di avviamento, ex art. 35 L. 392/1978. Cassazione Sentenza n 18748/16

Valutazioni sull’applicabilità al negozio ubicato dentro un centro commerciale dell’esclusione del diritto all’indennità di avviamento, prevista dall’art. 35 della legge 392/1978, nel caso di impianti complementari o interni a stazioni ferroviarie, aeroporti, aree di servizio et cetera.
Commento alla sentenza della Corte di Cassazione, Sezione III, 23 settembre 2016 n. 18748
L’art. 34 della legge 27 luglio 1978 n. 392 dispone che, in caso di cessazione della locazione per volontà del locatore, egli sia tenuto alla corresponsione di un’indennità pari a 18 mensilità1 dell’ultimo canone versato. La suddetta indennità è dovuta per il solo fatto che il locatore decida di non proseguire la locazione2, in quanto corrisponde a quel «sovrappiù di valore economico che si incorpora nell’immobile per il fatto che vi è stata lungamente esercitata un’attività produttiva che ne ha fatto un centro di attrazione per la clientela».3
La ratio dell’art. 34 l. 392/1978 consiste nel ripristinare l’equilibrio economico e sociale turbato4 e l’indennità si configura come un compenso per l’avviamento che il conduttore, con la propria operosità, ha creato nei locali. La corresponsione della somma de qua è obbligatoria nel caso in cui l’attività esercitata sia commerciale, industriale, artigianale o di interesse turistico. In particolare, l’art. 35 della legge 392/1978, rubricato “limiti”, individua chiaramente i casi di esclusione dell’indennità; ad esempio, essa non è dovuta nella circostanza in cui si svolga un’attività professionale (come quella di avvocato) o un’attività che non comporti contatti con il pubblico5 o di natura transitoria. L’ultimo alinea della norma esclude il diritto in oggetto anche per gli immobili complementari o interni a stazioni ferroviarie, porti, aeroporti, aree di servizio stradali o autostradali, alberghi e villaggi turistici. La disposizione non fa menzione dei centri commerciali, giacché all’epoca della sua redazione non si erano ancora diffusi.
La questione giuridica su cui la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi riguarda proprio l’applicabilità o meno dell’art. 35 al negozio (una lavanderia) situato all’interno di un centro commerciale. Il giudice di prime cure aveva respinto la richiesta di avviamento, accolta invece in sede di appello. La società titolare del centro commerciale ricorreva in Cassazione. La ricorrente censurava la mancata applicazione analogica dell’art. 35 l. 392/1978 anche agli immobili inseriti all’interno di centri commerciali, come statuito in una precedente pronuncia di legittimità.6 Lo scopo della norma, infatti, è di escludere la corresponsione dell’indennità ai casi di “avviamento parassitario” ossia alle ipotesi in cui la clientela non sia frutto dell’attività del conduttore ma una conseguenza della collocazione dell’immobile in un complesso più ampio. Il contenuto dell’art. 35, inoltre, ad avviso degli istanti, non avrebbe natura tassativa ma meramente esemplificativa, pertanto sarebbe ammissibile la sua applicazione analogica. Secondo la difesa svolta dal centro commerciale, i negozi in esso situati non godrebbero di una propria autonomia stante l’impossibilità di aprire al pubblico e, conseguentemente, di instaurare un contatto con la clientela al di fuori degli orari stabiliti dal centro stesso. La lavanderia rientrerebbe, dunque, in un immobile complementare che ha sfruttato la clientela del centro ed, in quanto tale, compresa nella ratio dell’art. 35, che esclude l’avviamento parassitario. Inoltre, secondo il precedente di legittimità, il rapporto tra l’art. 34 e 35 non sarebbe di norma generale a norma speciale, con la conseguenza che l’analogia risulti ammissibile.
Gli ermellini, nel loro percorso delibativo, ricostruiscono la ratio delle citate norme e, contrariamente al precedente orientamento, riconoscono l’indennità di avviamento al conduttore per le seguenti ragioni. Secondo la Corte, il bene tutelato dagli artt. 34 e 35 l. 392/1978 consiste nell’avviamento creato dal conduttore tramite lo svolgimento della propria attività all’interno dell’immobile locato; la suddetta indennità è volta da un lato a compensare l’inquilino per l’utilità perduta e dall’altro ad evitare che il locatore si avvantaggi dell’incremento di valore acquisito dall’immobile per effetto dell’attività svolta. L’indennità, dunque, «svolge un’evidente funzione calmieratrice del mercato locatizio»7, con essa il legislatore ha inteso tutelare la conservazione delle imprese il cui avviamento sia collegato all’ubicazione dell’immobile facilitando loro la ripresa dell’attività in altra sede nel caso di cessazione della locazione. L’indennità, dunque, è collegata alla sussistenza di un effettivo avviamento che possa subire un pregiudizio per il trasferimento del conduttore. Tale pregiudizio risulta insussistente allorché manchi il contatto con il pubblico o nei casi in cui non sia ravvisabile un turbamento dell’attività a seguito della cessazione della locazione. A maggior regione, è carente nel caso di immobili complementari o interni in cui l’avviamento è un mero «riflesso della peculiare collocazione dell’immobile in un complesso più ampio i cui utenti garantiscono di per sé un flusso stabile di domanda». Orbene, secondo i supremi giudici, occorre porre mente non tanto all’estensibilità analogica dell’art. 35 l. 392/1978, quanto alla ratio delle due norme (artt. 34 e 35), basandosi sull’accertamento concreto dell’idoneità del locale posto nel Centro a produrre un avviamento proprio. A tal proposito, si precisa che «i centri commerciali assumono una funzione attrattiva di clientela che costituisce – a ben vedere – il risultato del richiamo operato dalle singole attività che vi hanno sede, in una sorta di sinergia reciproca»; pertanto, appare complesso sceverare tra un avviamento “proprio” del centro che non sia anche “proprio” di ciascuna attività in esso svolta, quindi «anche in relazione ai contratti di locazione relativi ad immobili interni o complementari a centri commerciali deve essere riconosciuta l'indennità per la perdita dell'avviamento». A tal proposito è irrilevante che le modalità di afflusso (sub specie: gli orari) siano fissati dal Centro giacché ciò che conta è la vis attrattiva profusa verso la clientela. In particolare, facendo riferimento alla lavanderia, il contatto con il cliente non può essere meramente casuale, in quanto egli si rivolge appositamente ad essa per l’erogazione del servizio, portando con sé gli indumenti da lavare. Ne consegue che una lavanderia abbia una clientela propria - benché condivisa con gli altri esercizi - «che la sceglie e che continua a sceglierla se, per effetto dell'attività prestata, si sia creato quel rapporto di fiducia e di gradimento commerciale che induce il cliente a continuare ad utilizzarla e che integra, per l'appunto, l'avviamento».
Avv. Marcella Ferrari
Avvocato del Foro di Savona
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1 Per le attività alberghiere le mensilità sono 21.
2 Per le locazioni commerciali stipulate dopo il 12 novembre 2014 in cui il canone annuo convenuto ammonti ad una cifra superiore ai 250.000 euro, le parti possono escludere il diritto all’indennità (art. 79 c. 3 legge 392/1978).
3 Citazione tratta da V. ROPPO, Istituzioni di diritto privato, Bologna, Monduzzi, 1998, 472.
4 In tal senso, Corte Cass. 810/1997
5 Vedonsi Corte Cass. 19 maggio 2010 n. 12278; Corte Cass. 16 luglio 2010 n. 16627.
6 Corte Cass. n. 810/1997
7 Vedasi Corte Cass. 14461/2005
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione, Sezione III, 23 settembre 2016 n. 18748:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
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