La successione dei contratti (e dei debiti) dipendente da cessione di ramo d’azienda
Nella cessione di un singolo ramo d’azienda quali contratti sono legati al ramo ceduto o alla parte dell’azienda che resti in capo al cessionario? Corte Cassazione Sentenza n. 20417/16

La Corte di Cassazione riprende un argomento costante oggetto di dibattito, la successione dei contratti a seguito di cessione di azienda, anzi, nella fattispecie, di ramo d’azienda.
La norma civile in materia, l’art. 2558 del Codice Civile (recante Successione nei contratti), dispone che “se non è pattuito diversamente, l'acquirente dell'azienda subentra nei contratti stipulati per l'esercizio dell'azienda stessa che non abbiano carattere personale”. Il genericità della norma lascia ampi spazi interpretativi e molteplici dubbi sui criteri per individuare la “personalità” del singolo contratto, al fine di escluderne la trasferibilità unitamente all’azienda ceduta. Vi è l’ulteriore problema di capire, in caso di cessione di un singolo ramo d’azienda, quali contratti, non aventi carattere personale, siano legati al ramo ceduto o alla parte dell’azienda che resti in capo al cessionario.
Nel caso di specie la società ALFA s.r.l. ha proposto opposizione avverso il decreto ingiuntivo contro di essa ottenuto dalla società BETA Finanziaria s.p.a. per il pagamento dei canoni di leasing relativi all'uso del camion descritto in atti. A sostegno dell'opposizione la BETA Finanziaria ha evidenziato come il contratto di leasing in esame fosse stato originariamente stipulato dalla ALFA con la GAMMA s.r.l. che, a sua volta, aveva ceduto un ramo della propria azienda (comprensiva di detto leasing) alla DELTA s.r.l.; ramo del quale la ALFA si era successivamente resa cessionaria.
La società opponente ALFA ha rilevato come il contratto di leasing in esame non fosse stato menzionato, né nell'elenco delle attrezzature cedute dalla DELTA alla ALFA, con regolare scrittura privata autenticata, né nelle scritture contabili della società cedente, essendo così mancata alcuna successione della ALFA nel rapporto contrattuale de quo, con la conseguente insussistenza del credito rivendicato dalla BETA Finanziaria nei confronti della ALFA per il titolo da essa dedotto in giudizio.
Il Tribunale di Torino nel 2011, in primo grado, accoglieva l'opposizione della ALFA, revocando il decreto ingiuntivo opposto.
Il Tribunale ha evidenziato come, dalla documentazione prodotta dalle parti, fosse emersa l'originaria pattuizione per cui l'eventuale mancato pagamento, anche di una sola rata della locazione finanziaria, avrebbe dato luogo alla risoluzione del contratto, nonché la previsione per cui, in assenza del preventivo consenso scritto della BETA Finanziaria (nella specie mancato), non sarebbe stato possibile dar luogo ad alcuna cessione del contratto di leasing. Ciò posto, pur essendo stato trasferito il contratto di leasing nel primo passaggio del ramo d'azienda dalla GAMMA s.r.l. alla DELTA s.r.l. (in data 31/7/2007), nessuna menzione di tale contratto era viceversa stata operata nell'elenco allegato al trasferimento d'azienda dalla DELTA alla ALFA, essendo stata peraltro convenuta tra le parti la cessione di detta azienda libera da debiti, con la conseguente integrazione della fattispecie dell'espressa pattuizione contraria, idonea a escludere il subentro automatico della ALFA nei contratti stipulati dalla DELTA s.r.l. (o dai suoi danti causa), ai sensi dell'art. 2558 c.c., comma 2 (Art. 2558 co. 2 Cod. Civ.: “Il terzo contraente può tuttavia recedere dal contratto entro tre mesi dalla notizia del trasferimento, se sussiste una giusta causa, salvo in questo caso la responsabilità dell'alienante”).
Peraltro, mentre la BETA Finanziaria s.p.a. non aveva consentito ad alcuna cessione del contratto di leasing, la stessa aveva inviato una lettera alla GAMMA s.r.l., con la quale veniva espressamente dato atto dell'intervenuta risoluzione del contratto di leasing in ragione del mancato pagamento dei canoni.
Su appello della BETA Finanziaria s.p.a., la Corte d'appello di Torino, con sentenza del 2013, in accoglimento dell'impugnazione e in riforma della sentenza di primo grado, ha disposto il rigetto dell'opposizione, con la conseguente conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Al riguardo, la corte territoriale, sul presupposto dell'automatico trasferimento di tutti i contratti pertinenti l'azienda ceduta, ai sensi dell'art. 2558 c.c. (indifferentemente applicabile, tanto alla fattispecie della "cessione d'azienda", quanto a quella della "cessione di ramo d'azienda"), ha ritenuto sussistente l'effettivo subentro della ALFA nel ramo d'azienda (comprensivo del suddetto contratto di leasing) originariamente ceduto dalla GAMMA s.r.l. alla DELTA s.r.l. e da quest'ultima alla ALFA: e tanto, a prescindere dal riscontro delle poste passive di detto rapporto contrattuale nelle scritture contabili della società cedente.
Sul punto, i giudici d'appello hanno evidenziato come la BETA Finanziaria non si fosse mai opposta alla cessione del contratto in favore della ALFA, costituendo, l'eventuale accettazione della cessione del contratto, unicamente una previsione a tutela della sola BETA Finanziaria, e non già delle controparti, che, una volta ceduta (o acquistata) l'azienda o un ramo di essa, dovevano ritenersi comunque assoggettate all'automatico effetto successorio nel contratto in esame, in conformità al dettato dell'art. 2558 c.c., nella specie mai validamente derogato.
Avverso la sentenza d'appello, ha proposto ricorso per cassazione la ALFA s.r.l..
La Corte di legittimità, in conformità alle previsioni di cui all'art. 2558 c.c., osserva che la cessione del complesso dei beni funzionalmente organizzati per l'esercizio di un'impresa determina l'automatico subentro del cessionario nella titolarità dei rapporti contrattuali - di carattere non personale - che attengono all'azienda ceduta.
Tale disciplina appare coerente all'idea dell'azienda come universitas, da cui discende che i rapporti contrattuali - di carattere non personale - che attengono all'azienda ceduta si considerano parte integrante del complesso dei beni unitariamente considerato, con la naturale conseguenza del relativo trasferimento unitamente all'azienda di cui seguono le sorti (confermando quanto già statuito con Sentenza Cass., Sez. 3 Civ., n. 13319 del 30/06/2015).
Rispetto a detta previsione generale, il legislatore ha contestualmente regolato il potere delle parti di specificare i rapporti di pertinenza del cedente convenzionalmente destinati a non confluire nel bene-azienda posto a oggetto della cessione, per rimanere nella titolarità del medesimo cedente.
Nel caso in cui l'oggetto del trasferimento non riguardi l'intera azienda, bensì un ramo di essa, il principio della sorte comune dei beni unitariamente organizzati per l'esercizio dell'impresa non soffre eccezione alcuna, con la conseguenza che i rapporti riferibili a detto ramo - ossia quelli per loro natura oggettivamente determinabili, in ragione della riconoscibile destinazione funzionale all'esercizio del settore di attività imprenditoriale ad essi strettamente collegato - devono ritenersi inevitabilmente destinati a seguire le sorti del complesso organizzato cui accedono, salvo si tratti di beni personali (cfr. art. 2558 c.c. ) o che le parti - in conformità all'espressa previsione di cui all'art. 2558 c.c. - abbiano proceduto alla determinazione dei singoli beni o rapporti non destinati alla successione, a tal fine potendo eventualmente anche provvedere alla comprensiva indicazione di tutti i rapporti contrattuali per loro natura oggettivamente e riconoscibilmente strumentali all'esercizio del settore di attività imprenditoriale conservato dal cedente.
Da tali premesse deriva che, là dove le parti abbiano omesso di escludere taluni rapporti contrattuali propri dell'azienda del cedente dalla cessione di un ramo di questa, ove tali rapporti non fossero di per sé oggettivamente e riconoscibilmente estranei al ramo d'attività ceduto, ovvero oggettivamente e riconoscibilmente pertinenti al settore imprenditoriale (e dunque al compendio aziendale) rimasto in capo al cedente, detti rapporti contrattuali devono necessariamente ritenersi ceduti, ai sensi dell'art. 2558 c.c., al cessionario del ramo d'azienda corrispondente.
Per altra parte, con il terzo motivo di ricorso, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell'art. 2558 c.c., con riguardo agli artt. 1456 e 1458 c.c., rilevando, la società ALFA come, in conformità alla previsione dell'art. 12 delle condizioni generali di contratto, il mancato pagamento di una singola rata di canone locativo avrebbe dovuto provocare la risoluzione di diritto del contratto di leasing oggetto di giudizio, sì che, essendosi verificato il primo mancato pagamento di un canone in data 31/7/2007 per responsabilità della società GAMMA s.r.l., l'evento risolutivo del rapporto contrattuale rilevante nel caso di specie ebbe a verificarsi ben prima della conclusione del contratto di cessione di ramo d'azienda tra la DELTA Srl e la ALFA s.r.l., con la conseguente impossibilità del subentro di quest'ultima nella posizione contrattuale della società cedente e la connessa inconfigurabilità della condizione debitoria della ALFA s.r.l. nei confronti della BETA Finanziaria s.p.a. per il titolo contrattuale dalla stessa dedotto in giudizio.
La Corte di Cassazione ritiene detto motivo infondato, in quanto, secondo l'art. 1456 c.c., i contraenti possono convenire espressamente che il contratto si risolva nel caso che una determinata obbligazione non sia adempiuta secondo le modalità stabilite (c.d. clausola risolutiva espressa). In tal caso, la risoluzione si verifica di diritto "quando la parte interessata dichiara all'altra che intende valersi della clausola risolutiva".
Nel caso di specie, essendo incontroversa la circostanza della manifestazione della volontà della BETA di risolvere il contratto di leasing concluso con la GAMMA s.r.l. solo a seguito della manifestazione espressa con la missiva in data … (data successiva alla cessione del ramo d’azienda), la verificazione della risoluzione di diritto del contratto di leasing deve ritenersi avvenuta non prima di tale data, allorché la successione della ALFA in detto contratto si era già definitivamente prodotta con il contratto di cessione di ramo d'azienda, ossia in un'epoca in cui il ridetto contratto di leasing doveva ancora ritenersi pienamente valido ed efficace.
Ciò posto, la Corte di legittimità conferma quanto deciso dalla Corte d’Appello, avendo quest'ultima correttamente ricollegato la risoluzione di diritto del contratto di leasing all'inequivoca manifestazione della volontà contrattuale della BETA di avvalersi della clausola risolutiva espressa convenuta tra le parti.
Davide Giovanni Daleffe
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Cass. civ. Sez. III, Sent., 11/10/2016, n. 20417
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