Minore figlio di separati e visita dallo psicologo: occorre il consenso di entrambi i genitori
Separazione: è necessario il consenso di entrambi i genitori per sottoporre il figlio minore a visita dallo psicologo - Avv. M. Ferrari

La visita di uno psicologo nei confronti di un minore rappresenta un atto di straordinaria amministrazione1 ed, in quanto tale, richiede il consenso congiunto di ambedue i genitori esercenti la responsabilità genitoriale (art. 337 ter c.c.). Entrambi i genitori, infatti, sono tenuti a sottoscrivere il consenso informato al trattamento psicologico a cui verrà sottoposto il figlio minorenne.
Tale consenso deve essere prestato, a maggior ragione, nel caso di separazione dei coniugi, non solo dal genitore collocatario ma anche dall’altro. Persino nell’ipotesi di affidamento esclusivo2, il genitore non affidatario deve essere informato della prestazione medica a cui la prole viene sottoposta e prestare il proprio consenso. Diverso è il caso di affidamento “super esclusivo” in cui il giudice autorizza il genitore ad esercitare ogni potere decisionale nell’interesse del minore a prescindere dal consenso dell’altro3.
Anche il codice deontologico della professione di psicologo prevede la necessaria approvazione di ambedue i genitori. L’art. 31, infatti, dispone che:
«Le prestazioni professionali a persone minorenni o interdette sono, generalmente, subordinate al consenso di chi esercita sulle medesime la potestà genitoriale o la tutela.
Lo psicologo che, in assenza del consenso di cui al precedente comma, giudichi necessario l’intervento professionale nonché l’assoluta riservatezza dello stesso, è tenuto ad informare l’Autorità Tutoria dell’instaurarsi della relazione professionale. Sono fatti salvi i casi in cui tali prestazioni avvengano su ordine dell’autorità legalmente competente o in strutture legislativamente preposte».
Sulla portata della suddetta norma, qualche tempo fa, si è pronunciata la Suprema Corte4 statuendo che lo psicologo, il quale nell’esercizio della professione, sottoponga un minorenne, ad una seduta, su richiesta del solo genitore non affidatario, sia passibile di una sanzione disciplinare.
In particolare, il caso esaminato dalla pronuncia succitata, riguardava un padre non collocatario che, all’insaputa della madre del minore, titolare dell’affido esclusivo, aveva portato il figlio ad una visita psicologica al fine di ottenere egli stesso l’affidamento.
In linea generale, l’affido esclusivo non comporta la possibilità di assumere individualmente ciascuna decisione in ordine alla vita del minore. L’art. 337 quater5 c. 3, infatti, dispone che le decisioni di maggiore interesse per l’istruzione, l’educazione, la salute e la scelta di residenza abituale della prole vadano assunte di comune accordo. Le osservazioni psicologiche rientrano nella sfera della salute ed, in quanto tali, devono essere approvate concordemente dagli esercenti la responsabilità genitoriale. Secondo la giurisprudenza prevalente «la potestà comune permane anche nel caso di affido esclusivo ed è un quid pluris rispetto al dovere di vigilare sull'educazione ed istruzione del minore».
Per completezza, si ricorda che lo psicologo che sottopone un minore ad una seduta ha l’obbligo deontologico di informarsi sulla situazione giuridica dello stesso, inoltre deve essere edotto sull’eventuale separazione dei genitori, giacché solo agendo in tal guisa potrà comprendere a pieno il contesto in cui vive il minore. Quanto al consenso informato, il modulo andrebbe sottoscritto personalmente dai genitori in presenza del professionista, poiché solo in tal modo egli avrà la certezza della sua validità6. Inoltre, la relazione conclusiva deve essere consegnata ad ambedue i genitori; infatti, la sottoposizione del minore ad una seduta in assenza del consenso di entrambi i genitori e la consegna ad uno solo di essi della relazione costituisce un illecito deontologico per il professionista.
Avv. Marcella Ferrari
Avvocato del Foro di Savona
1 La consulenza psicoterapeutica non può farsi rientrare nell’ordinaria amministrazione, in quanto l’intervento dello psicologo è equiparato ad una visita medica specialistica incidente in modo significativo nella vita altrui e, comunque, rientrante nella tutela della salute.
2 Nell’affidamento esclusivo le decisioni di maggiore interesse (come quelle relative alla salute) sono adottate da entrambi i coniugi. In tal senso Corte Cass. 10 maggio 2011 n. 10265; Trib. Min. Catania 23 maggio 2007.
3 Si segnala il caso in cui è stato disposto a favore della madre un affidamento “super-esclusivo” a causa della lontananza ed irreperibilità del padre. In questa fattispecie, il giudice ha disposto che la madre potesse assumere individualmente anche le decisioni di maggiore interesse per la prole; Trib. Milano 20 marzo 2014.
4 Corte Cass., Sez. III, 11 febbraio 2010 n. 3075
5 Si tratta di una norma introdotta dal d. lgs. 28 dicembre 2013 n. 154 (attuativo della riforma sulla filiazione) ed entrato in vigore successivamente alla pronuncia della Corte di Cassazione di cui alla nota 4
6 Lo psicologo, infatti, ai sensi dell’art. 24 del codice deontologico deve fornire informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. È preferibile che tali informazioni siano fornite personalmente, in presenza del professionista. Il citato articolo così recita: «Lo psicologo, nella fase iniziale del rapporto professionale, fornisce all’individuo, al gruppo, all’istituzione o alla comunità, siano essi utenti o committenti, informazioni adeguate e comprensibili circa le sue prestazioni, le finalità e le modalità delle stesse, nonché circa il grado e i limiti giuridici della riservatezza. Pertanto, opera in modo che chi ne ha diritto possa esprimere un consenso informato. Se la prestazione professionale ha carattere di continuità nel tempo, dovrà esserne indicata, ove possibile, la prevedibile durata.»