Nella separazione l’immobile di proprietà dei genitori spetta al collocatario della prole
Comodato dei genitori a favore del figlio sposato: in caso di separazione l’immobile spetta al coniuge collocatario della prole. Tribunale di Palermo, Sentenza 5/04/2016 n. 1972

La vicenda si inserisce nel ricco filone di pronunce di merito aventi ad oggetto la medesima fattispecie: i genitori concedono al figlio sposato un immobile in comodato affinché vi conduca la propria vita familiare, dopo la separazione di questi, il giudice assegna la casa alla moglie collocataria della prole; i proprietari dell’edificio, allora, ricorrono in giudizio per ottenerne la restituzione, ritenendo l’occupazione dell’immobile sine titulo, essendo esso stato concesso al figlio e non già al di lui coniuge.
I giudici palermitani si trovano a dirimere un caso simile e seguono il costante indirizzo giurisprudenziale confermato dalla Suprema Corte con la sentenza a Sezioni Unite 29 settembre 2014 n. 20448. Tale pronuncia prevede che, nel caso di comodato di un immobile destinato a casa familiare, il provvedimento di assegnazione del bene in favore del coniuge affidatario dei figli minorenni non modifichi il titolo di godimento della casa, ma comporti la concentrazione nella persona dell’assegnatario del titolo di godimento stesso. Pertanto, il comodante deve consentire la fruizione del bene al comodatario, salvo che dimostri la sopravvenienza di un bisogno urgente ed imprevisto (art. 1809 c. 2 c.c.), che deve avere i connotati di serietà, concretezza e imminenza.1
Vediamo le ragioni sottese a questa decisione.
Il comodato è un contratto essenzialmente gratuito2 (art. 1803 c. 2 c.c.) con cui il comodante consegna al comodatario un bene (mobile od immobile) affinché se ne serva per un tempo ed un uso determinato senza dover pagare alcun corrispettivo. Si precisa che la gratuità non viene meno qualora in capo al comodatario siano poste delle prestazioni accessorie, quali, ad esempio, il pagamento di oneri inerenti al bene concesso in comodato3. La peculiarità del comodato risiede nella temporaneità e, qualora non sia fissato un termine, il comodatario è tenuto a restituire il bene a semplice richiesta (art. 1810 c.c.), a tal proposito si parla di comodato precario. La questione giuridica oggetto di molteplici pronunce e che ha determinato anche l’intervento delle Sezioni Unite riguarda proprio il termine finale del contratto di comodato. Infatti, se ci si trova nel caso di cui all’art. 1810 c.c. (comodato precario) il bene deve essere restituito ad nutum; viceversa, se un termine è stato apposto la res può domandarsi indietro solamente a fronte di un bisogno concreto ed urgente (art. 1809 c.c.), che «deve essere serio, non voluttuario, né capriccioso o artificiosamente indotto». La fattispecie più comune, come si accennava poco sopra, riguarda il caso dei genitori che concedano in comodato un immobile ad una coppia di coniugi con scopo di abitazione familiare senza stabilire un termine finale. Orbene, in caso di crisi della coppia e di assegnazione della casa al coniuge collocatario della prole, non trova applicazione la disciplina del comodato precario (vale a dire la restituzione ad nutum); al contrario, si ritiene che il comodato persegua la finalità originaria e che il comodante debba consentire la prosecuzione del contratto, fatta salva la sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno (art. 1809 c. 2 c.c.).4 Infatti, essendo la destinazione del bene ad uso familiare, il godimento dello stesso si considera esteso a tutti i componenti della comunità familiare. Il vincolo di destinazione del bene volto al soddisfacimento delle esigenze abitative conferisce all’immobile un termine implicito che non può considerarsi sciolto per effetto della crisi coniugale
Tornando al caso oggetto di scrutinio da parte del Tribunale palermitano, il giudice ha rigettato la richiesta di restituzione dell’immobile da parte del comodante per le ragioni di cui sopra, non avendo i proprietari dimostrato che il comodato fosse precario né allegato un bisogno urgente alla restituzione dello stesso.
Avv. Marcella Ferrari
Avvocato del Foro di Savona
1 In tal senso vedonsi Cass. 18619/2010; Cass. 4917/2011.
2 Secondo una classificazione dottrinale i contratti possono distinguersi in due categorie: 1) essenzialmente gratuiti, si tratta di contratti che non possono non essere tali (come il comodato e la donazione); 2) naturalmente gratuiti, vale a dire quei negozi che, in mancanza di patto contrario, si presumono gratuiti (ad esempio il deposito). La stessa classificazione vale per i contratti onerosi: sono 1) essenzialmente onerosi la vendita e la locazione; 2) mentre naturalmente onerosi: il trasporto, il mandato ed il mutuo. V. ROPPO, Istituzioni di diritto privato, Bologna, Monduzzi, 1998, 337 ss.
3 Si parla a tal proposito di “comodato cum onere”. A. TORRENTE – P. SCHLESINGER, Manuale di diritto privato, Milano, Giuffrè, 2014, 763 ss.
4 In tal senso Corte Cass., S.U., 21 luglio 2004 n. 13603 e successivamente Corte Cass., S.U., 29 settembre 2014 n. 20448
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Di seguito il testo di
Tribunale di Palermo – Sezione II civile – Sentenza 5 aprile 2016 n. 1972:
TRIBUNALE DI PALERMO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Palermo, Seconda Sezione Civile, in persona del Giudice Unico dott.ssa Liana Pernice, ha emesso la seguente
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