Rinuncia all'eredità e abitazione nella casa familiare da parte del coniuge superstite
La mera permanenza nella casa familiare, seppur di parziale proprietà del de cuius, non rappresenta una manifestazione di possesso dei beni ereditari. Cassazione Ord. 27/01/2016 n. 1588

L’Agenzia delle Entrate non può rivalersi sulla moglie che, pur avendo rinunciato all’eredità, viva nell’abitazione del coniuge defunto.
La mera permanenza nella casa familiare, seppur di parziale proprietà del de cuius, non rappresenta una manifestazione di possesso dei beni ereditari. Commento all’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione VI, 27 gennaio 2016 n. 1588.
L’Agenzia delle Entrate proponeva ricorso avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Liguria con la quale veniva annullata una cartella notificata alla contribuente, in qualità di erede del defunto marito, per i debiti tributari ascrivibili a quest’ultimo.
Secondo la società di riscossione dei tributi, la moglie del defunto si trovava in possesso dei beni ereditari e, non avendo proceduto ad inventario nel termine di tre mesi dall’apertura della successione, come previsto dall’art. 485 c.c., era divenuta erede pura e semplice, a nulla rilevando la eccepita rinuncia all’eredità.
Invero, in sede di gravame, veniva escluso il presupposto di fatto che si trova alla base dell’art. 485 c.c., vale a dire che la signora si trovasse nel possesso dei beni ereditari.
Sul punto, la Suprema Corte (Ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione VI, 27 gennaio 2016 n. 1588) precisa che l’art. 540 c.c., che attribuisce al coniuge superstite il diritto di abitazione nella casa familiare nonché il diritto di uso della relativa mobilia, opera non solo nel caso della successione necessaria ma anche in quello della successione legittima, come ribadito dalla pronuncia delle Sezioni Unite n. 4847/2013.
Pertanto, la permanenza della moglie nella casa coniugale, di proprietà parziale del de cuius, non rappresenta una manifestazione di possesso dei beni ereditari, ma al contrario si palesa come l’estrinsecazione del mero esercizio dei diritti di uso ed abitazione. Infatti, i succitati diritti spettano al coniuge superstite non già iure successionis ma iure proprio; si parla a tal proposito di diritti che sorgono in capo al coniuge non già a titolo successorio-derivativo ma a titolo costitutivo, fondandosi sulla qualità di coniuge e non su quella di erede; infatti «il titolo che abilita il coniuge al possesso del bene trova giustificazione nella norma civilistica che lo attribuisce indipendentemente dalla qualità di erede, con cui del resto il diritto di abitazione non ha nulla da spartire, essendo tale diritto acquisito, semmai, in forza di legato ex lege» (In tal senso vedasi Corte Cass., sentenza 29 gennaio 2008 n. 1920).
In conclusione, la Corte di Cassazione rigetta il ricorso dell’Agenzia delle Entrate confermando l’annullamento della cartella esattoriale emessa a carico della contribuente non potendo considerarsi la permanenza nella casa familiare, di parziale proprietà del coniuge defunto, come una manifestazione di possesso dei beni ereditari.
Avv. Marcella Ferrari
Di seguito il testo di
Corte di Cassazione, Sezione VI, 27 gennaio 2016 n. 1588:
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
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