Assegno divorzile e mantenimento: cambia tutto. Cassazione Sentenza n. 11504/2017
Assegno di divorzio: il testo della rivoluzionaria sentenza della Cassazione n. 11504 del 10/05/2017. Archiviato il "tenore di vita matrimoniale". Va superata la concezione del matrimonio come "sistemazione definitiva"

E' finita su tutti i giornali nazionali la notizia della pubblicazione del provvedimento della Corte di Cassazione civile, I° sez., (Sentenza n. 11504) del 10/05/2017 in materia di assegno divorzile; pubblichiamo in calce il testo completo del provvedimento.
Cambia la giurisprudenza sul punto come ammette la stessa Suprema Corte affermando "A distanza di quasi ventisette anni, il Collegio ritiene tale orientamento, per le molteplici ragioni che seguono, non più attuale". E ancora "Le spese del presente giudizio devono essere compensate, in considerazione del mutamento di giurisprudenza su questione dirimente per la decisione".
Il tema è quello della quantificazione dell'assegno di mantenimento in relazione al parametro "tenore di vita in costanza di matrimonio" da sempre considerato punto di riferimento essenziale dalla giurisprudenza degli ultimi quasi trentanni. La Corte archivia tale parametro ritenendolo non più pertinente secondo lo stesso dettato normativo.
Il ragionamento della Corte si snoda sulla necessità di tenere distinti due momenti durante la fase della verificazione del diritto o meno al mantenimento da parte del coniuge economicamente più debole, poiché, come afferma la stessa Corte " ... non di rado è dato rilevare nei provvedimenti giurisdizionali aventi ad oggetto l'assegno di divorzio una indebita commistione tra le due "fasi" del giudizio e tra i relativi accertamenti che, essendo invece pertinenti esclusivamente all'una o all'altra fase, debbono per ciò stesso essere effettuati secondo l'ordine progressivo normativamente stabilito".
Quali sono questi due momenti, allora? Si dovrà primariamente stabilire se vi sia il diritto al mantenumento, l'an debeatur, e solo successivamente in un nuovo e diverso ragionamento - superato positivamente il primo - tenere in considerazione diversi e ulteriori elementi al fine della quantificazione, la successiva fase del quantum debeatur.
Secondo la S.C., infatti, il diritto all'assegno viene riconosciuto dalla legge solamente qualora il coniuge richiedente già non disponga di «mezzi adeguati» o non abbia, in ogni caso, effettive possibilità «di procurarseli».
E la S.C. specifica: " ... l'adeguatezza", o no, dei «mezzi», nonché la possibilità, o no «per ragioni oggettive», dello stesso di procurarseli possono essere così individuati:
1) il possesso di redditi di qualsiasi specie;
2) il possesso di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari, tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu "imposti" e del costo della vita nel luogo di residenza («dimora abituale»: art. 43, secondo comma, cod. civ.) della persona che richiede l'assegno;
3) le capacità e le possibilità effettive di lavoro personale, in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo;
4) la stabile disponibilità di una casa di abitazione".
Nessuno di questi parametri costituisce propriamente una novità, ma la novità consiste, piuttosto, nella determinazione di esclusione del diritto all'assegno, tout court, nel caso in cui uno o più dei suddetti parametri possano portare al convincimento che il richiedente possa godere di adeguati mezzi necessari al proprio sostentamento.
Continua la Corte affermando un principio che inverte anche sotto il profilo probatorio la dinamica processuale della domanda di mantenimento; secondo la S.C. compete al richiedente l'assegno "l'onere di dimostrare la sussistenza delle condizioni cui è subordinato il riconoscimento del relativo diritto, è del tutto evidente che il concreto accertamento, nelle singole fattispecie, dell'adeguatezza-inadeguatezza" di «mezzi» e della "possibilità-impossibilità" di procurarseli può dar luogo a due ipotesi:
1) se l'ex coniuge richiedente l'assegno possiede «mezzi adeguati» o è effettivamente in grado di procurarseli, il diritto deve essergli negato tout court;
2) se, invece, lo stesso dimostra di non possedere «mezzi adeguati» e prova anche che «non può procurarseli per ragioni oggettive», il diritto deve essergli riconosciuto".
Sempre con le parole della Corte si afferma che il relativo accertamento nella fase dell'an debeatur "attiene esclusivamente alla persona dell'ex coniuge richiedente l'assegno come singolo individuo" senza tenere in considerazione la vita matrimoniale o le capacità dell'altro coniuge.
Soltanto nella fase del quantum debeatur è legittimo procedere ad un "giudizio comparativo" tra le rispettive "posizioni" (lato sensu intese) personali ed economico-patrimoniali degli ex coniugi, secondo gli specifici criteri dettati dall'art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970 per tale fase del giudizio.
Si seguito l'art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970:
6. Con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, il tribunale, tenuto conto delle condizioni dei coniugi, delle ragioni della decisione, del contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, del reddito di entrambi, e valutati tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio, dispone l'obbligo per un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno quando quest'ultimo non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive.
Quindi, ancora una volta, senza doversi far riferimento al tenore di vita nel matrimonio. Il matrimonio dopo il divorzio non c'è più: " ... con la sentenza di divorzio il rapporto matrimoniale si estingue sul piano non solo personale ma anche economico-patrimoniale ... sicché ogni riferimento a tale rapporto finisce illegittimamente con il ripristinarlo sia pure limitatamente alla dimensione economica del "tenore di vita matrimoniale" ivi condotto - in una indebita prospettiva, per così dire, di "ultrattività" del vincolo matrimoniale ...".
E infine: "Si deve quindi ritenere che non sia configurabile un interesse giuridicamente rilevante o protetto dell'ex coniuge a conservare il tenore di vita matrimoniale".
Alla luce di tali premesse, eliminato il punto di riferimento storico del "tenore di vita", la Corte si ritrova nella necessità di individuare un parametro sulla base del quale determinare l'autosufficienza economica del coniuge richiedente, un metro di giudizio sull'adeguatezza-inadeguatezza" dei «mezzi» dell'ex coniuge richiedente l'assegno di divorzio e sulla "possibilità-impossibilità «per ragioni oggettive»" dello stesso di procurarseli.
Il concetto - rivoluzionario - è quello del raggiungimento dell'indipendenza economica" del richiedente. Afferma la corte: "se è accertato che quest'ultimo è "economicamente indipendente" o è effettivamente in grado di esserlo, non deve essergli riconosciuto il relativo diritto".
Per concludere la Suprema Corte enuncia i seguenti princípi di diritto.
Il giudice del divorzio, richiesto dell'assegno di cui all'art. 5, comma 6, della legge n. 898 del 1970, come sostituito dall'art. 10 della legge n. 74 del 1987, nel rispetto della distinzione del relativo giudizio in due fasi e dell'ordine progressivo tra le stesse stabilito da tale norma:
A) deve verificare, nella fase dell'an debeatur - informata al principio dell'autoresponsabilità economica" di ciascuno degli ex coniugi quali "persone singole", ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall'accertamento volto al riconoscimento, o no, del diritto all'assegno di divorzio fatto valere dall'ex coniuge richiedente -, se la domanda di quest'ultimo soddisfa le relative condizioni di legge (mancanza di «mezzi adeguati» o, comunque, impossibilità «di procurarseli per ragioni oggettive»), con esclusivo riferimento all'indipendenza o autosufficienza economica" dello stesso, desunta dai principali "indici" - salvo altri, rilevanti nelle singole fattispecie del possesso dí redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu "imposti" e del costo della vita nel luogo di residenza dell'ex coniuge richiedente), delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all'età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione; ciò, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all'eccezione ed alla prova contraria dell'altro ex coniuge;
B) deve "tener conto", nella fase del quantum debeatur - informata al principio della «solidarietà economica» dell'ex coniuge obbligato alla prestazione dell'assegno nei confronti dell'altro in quanto "persona" economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost.), il cui oggetto è costituito esclusivamente dalla determinazione dell'assegno, ed alla quale può accedersi soltanto all'esito positivo della prima fase, conclusasi con il riconoscimento del diritto -, di tutti gli elementi indicati dalla norma («[....] condizioni dei coniugi, [....] ragioni della decisione, [....] contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, [....] reddito di entrambi [....]»), e "valutare" «tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio», al fine di determinare in concreto la misura dell'assegno di divorzio; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell'onere della prova (art. 2697 cod. civ.).
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione civie I sez. Sentenza n. 11504 del 10/05/2017:
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