Della rettifica dell’atto di nascita per figlio di due persone dello stesso sesso
Sulla ammissione della rettifica dell’atto di nascita per figlio di due persone dello stesso sesso, secondo un atto di paese straniero. Corte Cassazione civile Sentenza n. 14878 del 15/06/2017

La Prima Sezione civile della Corte di Cassazione, con Sentenza della prima sezione civile, n. 14878 del 15/06/2017, ha confermato una tendenza di apertura mentale della Corte stessa già iniziata da qualche tempo, e verso la quale ha iniziato a dirigersi anche il legislatore con l’approvazione della legge 76/2016, che ammette e tutela, anche se non ancora in toto, le unioni civili tra persone dello stesso sesso.
Nel caso di specie due cittadine italiane, residenti e coniugate all'estero, chiedevano, ai sensi dell'art. 95 e segg. DPR n. 396 del 2000, al Tribunale di Venezia la "rettificazione" (o sostituzione) dell'atto di nascita del minore figlio di una delle due donne (a seguito di fecondazione assistita), emesso dall'Ufficio dello stato civile britannico e già regolarmente trascritto nei registri dello stato civile del Comune italiano di competenza. Il predetto Ufficio britannico, come precisavano le ricorrenti, aveva successivamente chiarito che la registrazione del minore, come figlio della sola era da considerarsi invalida, dovendo il nato essere registrato anche come figlio dell’altra donna, di cui assumeva il cognome, pur non avendo essa alcun rapporto biologico con lui.
L'ufficiale dello stato civile italiano rifiutava la ricezione dell'atto, ovvero di trascrivere che il bambino fosse figlio delle due donne, regolarmente coniuge all’estero.
A fronte di ricorso, il Tribunale di Venezia sosteneva che richiesta "rettificazione" era contraria all'ordine pubblico italiano.

La Corte d’Appello di Venezia, successivamente adita, con provvedimento in data 19/10/2015, rigettava il reclamo. Essa richiamava l'art. 18 DPR n. 396 del 2000, per cui gli atti formati all'estero non possono essere trascritti se contrari all'ordine pubblico, nonché l'art. 16 L. n. 218 del 1995, per cui la legge straniera non è applicabile se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico.
Affermava ancora la Corte che la questione relati va alla trascrizione richiesta non costituiva una mera "rettificazione", ma atteneva necessariamente alla validità in Italia del matrimonio tra persone dello stesso sesso, e che la giurisprudenza italiana di legittimità era "granitica" nell'individuare, nella diversità di sesso tra i nubendi, un requisito indispensabile per l'esistenza del matrimonio civile. Ammetteva che in alcuni Stati Europei era stato introdotto il riconoscimento delle unioni tra persone dello stesso sesso, e addirittura il matrimonio tra esse, e precisava che la stessa Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea, all'art. 9 garantisce il diritto a sposarsi e a costituire una famiglia, ma ciò deve avvenire secondo le leggi nazionali che ne disciplinano l'esercizio.
Concludeva affermando che, mancando a livello europeo ed extraeuropeo una disciplina sostanziale comune e cogente delle unioni dello stesso sesso, non si poteva prescindere dall'esaminare la corrispondenza dei modelli normativi liberamente scelti dai vari Stati, essendo inammissibile il riconoscimento di nuove realtà di tipo familiare, che devono trovare ingresso nella sede e nelle forme istituzionali proprie.
Ricorrono per cassazione le due interessate ricordando che proprio la Corte di cassazione ha ritenuto non essere contraria all’ordine pubblico (internazionale) la rettifica, in Italia, in conformità al corrispondente atto britannico già validamente rettificato, dell’atto di nascita di un minore registrato come figlio originariamente solo di una donna italiana e, successivamente, anche di un’altra, con stessa nazionalità, che, pur non avendo con lui alcun rapporto biologico, aveva con la prima contratto matrimonio all’estero.
La Corte rimarca subito che il ricorso iniziale e il provvedimento in esame scontano l'assenza in Italia, all'epoca, di una normativa sulle coppie dello stesso sesso, introdotta, come è noto, dalla L. 20/5/2016, n 76, nonché di alcune pronunce di questa Corte, assai rilevanti, e che la Corte stessa pienamente condivide (Cass. 12962 del 2016; Cass. N. 19599 del 2016).
Il comma 20 dell’art. 1 della Legge 76/2016 dispone che le norme che contengono le parole «coniuge, coniugi» o termini equivalenti in qualsiasi fonte normativa (anche nei regolamenti, negli atti amministrativi e nei contratti collettivi) si applicano a ognuna delle parti dell'unione civile, ma non le norme del codice civile, al di là di quelle espressamente indicate dalla legge in esame, e neppure quelle della Legge n. 184 del 1983 (relativa ad affidamento e adozione). Si aggiunge peraltro che" resta fermo quanto previsto e consentito dalle norme vigenti in materia di adozione" Non si potranno dunque disporre adozioni piene e neppure adozioni in casi particolari ex art. 44 della legge n. 184, quanto alla lettera b) adozione del figlio del coniuge. Resta aperta una via già praticata da alcune pronunce di merito che avevano applicato la lettera d) dell'art. 44: impossibilità di affidamento preadottivo, secondo un'interpretazione estensiva, che attiene pure all'impossibilità giuridica, oltre a quella di fatto (ove ad esempio non vi siano adottanti disponibili), e può prescindere dunque dall'abbandono.
Tale interpretazione ha trovato, dopo la Legge n. 76 sicuro avallo in una recente pronuncia di questa Corte, già ricordata (Cass. N. 12962 del 2016). Nella specie, due donne, legate da una relazione sentimentale di convivenza, decidono di avere un figlio, ricorrendo in Spagna alla fecondazione assistita di una di esse (con seme di donatore anonimo). Nasce una bambina che instaura un profondo legame affettivo con entrambe. La compagna della madre chiede di poter adottare la bambina ai sensi dell'art. 44 lett. d) della L. 184/1983. La Corte di Cassazione italiana Corte ha privilegiato privilegia appunto l'interpretazione estensiva della predetta norma, alla luce del quadro costituzionale e convenzionale ed in particolare dei principi affermati dalla Corte EDU in ordine al reale interesse del minore.
La Corte richiama un’altra sua pronuncia molto incisiva in materia (Cass. N. 19599 del 2016) nella quale vengono enucleati diritto: l'ordine espressamente pubblico, la vari cui principi di contrarietà impedisce la trascrizione in Italia di atti dello stato civile formati a11'estero, ex art. 18 DPR 396/2000, attiene ad "esigenze di tutela dei diritti fondamentali dell'uomo, desumibili dalla Carta costituzionale, dai Trattati fondativi e dalla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, nonché dalla Convenzione europea dei diritti dell'uomo; la trascrizione in Italia di un atto di stato civile validamente formato all'estero, nel quale risulti la nascita del figlio da due madri non contrasta con l'ordine pubblico (nell'accezione anzidetta), per il fatto che il legislatore nazionale non preveda o vieti tale fattispecie; la donazione di un ovulo da una donna alla propria partner, che partorisce grazie al gamete di maschio anonimo, realizza una fattispecie differente dalla maternità surrogata trattandosi di "una tecnica fecondativa simile ad una fecondazione eterologa in virtù dell'apporto genetico di un terzo (ignoto)"; il disposto di cui all'art. 269 3° comma c.c. (per cui madre è colei che partorisce) non impedisce il riconoscimento in Italia di un atto di nascita estero, in cui il nato risulti figlio di due madri (quella che ha partorito e quella genetica): la norma non introduce un principio di ordine pubblico, alla luce del preminente interesse del minore, e considerando che essa attiene piuttosto alla prova della filiazione.
Quanto all’originario provvedimento impugnato, il giudice a quo richiama l'art. 17 DPR 396/2000, ove si precisa che gli atti formati all'estero, se contrari all'ordine pubblico, non possono essere trascritti, nonché l'art. 16 della L. n. 218 del 1995 per cui parimenti la legge straniera non si applica, se i suoi effetti sono contrari all'ordine pubblico.
Quanto alla nozione di ordine pubblico, si distingue correntemente tra ordine pubblico internazionale e interno, costituendo il primo un limite all'applicazione del diritto straniero, il secondo, un limite all'autonomia privata, indicato dalle norme imperative di diritto interno. Al riguardo si è pronunciata ripetutamente la Corte stessa (tra le altre, Cass. N. 17349 del 2002, Cass. S:U. n. 19809 del 2008), per cui quello richiamato dall'art. 16 L. 218 del 1995 (e, necessariamente, pure dall'art. 18 DPR N. 396) non è l'ordine pubblico interno, bensì l'ordine pubblico internazionale, costituito "dai principi fondamentali e caratterizzanti l'atteggiamento etico-giuridico dell'ordinamento in un determinato periodo storico: dunque in oggi il complesso di principi a carattere generale, intesi alla tutela dei diritti fondamentali dell'individuo, spesso sanciti da dichiarazioni o convenzioni internazionali”.
Ciò implica che il giudice italiano si debba riferire non solo ai principi della nostra Costituzione, ma pure, tra l’altro, alla Dichiarazione ONU dei Diritti dell'Uomo, alla Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, ai Trattati Fondativi e alla Carta dei diritti fondamentali della Unione Europea e, con particolare riferimento interesse alla posizione del minore e al suo interesse, alla Dichiarazione ONU dei diritti del Fanciullo, alla Convenzione ONU dei Diritti del Fanciullo, alla Convenzione Europea di Strasburgo sui diritti processuali del minore.
Quanto ai diritti delle coppie di egual sesso, vanno ricordati, in particolare, l'art. 12 della Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, predetta, circa il diritto di sposarsi e formare una famiglia, nonché gli artt. 8 e l'art. 14, riguardo al rispetto della vita privata e familiare e al divieto di ogni discriminazione fondata sul sesso e su ogni altra condizione.
Al fine di valutare il contenuto dell'ordine pubblico internazionale, agli Stati componenti almeno per quanto attiene del Consiglio d'Europa, è sicuramente rilevantissima la giurisprudenza della Corte EDU, interpretati va della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo (al riguardo, Corte Cost. n. 317 del 2009).
Quanto alla posizione del minore, ripetutamente la Corte EDU e intervenuta, affermando la preminenza del suo interesse, da valutarsi in concreto, nonché il suo diritto al riconoscimento ed alla continuità delle relazioni affettive, anche in assenza di vincoli biologici ed adottivi con gli adulti di riferimento, all'interno del nucleo familiare (Con riguardo al principio della prevalenza del superiore interesse del minore, tra le altre, ancora a titolo esemplificativo: Corte EDU, 13/6/1979, M. v. Belgio 26/5/1994, K. V. Irlanda; 27/4/2010, M. e B. v. Italia; 27/1/2015, p. e c. V. Italia).
Nella sentenza della medesima Corte di Cassazione n. 19599 del 2016, che costituisce il naturale precedente della sentenza di sta commentando, si afferma che la donazione di ovulo fecondato alla partner che partorisce, non si configura come maternità surrogata, ma piuttosto come una situazione analoga alla fecondazione eterologa.
La legge 40/2004 aveva originariamente escluso la procreazione mediante fecondazione eterologa (con seme diverso da quello del marito o del partner). La Corte Costituzionale, con sentenza n. 162 del 2014, ha dichiarato illegittima la previsione, ammettendo quindi a tutti gli effetti tale tipo di procreazione assistita. Ma già erano previsti, all'art. 9, gli effetti della fecondazione eterologa, ancorché all'epoca vietata, che dunque sono stati confermati dall'intervento della Consulta.
L'art. 9 precisa che, in caso di tecnica eterologa, il donatore non acquisisce relazione giuridica parentale con il nato e non può far valere diritti o essere titolare di obblighi nei suoi confronti; il coniuge o il convivente il cui consenso alla tecnica sia ricavabile da atti concludenti, non può esercitare l'azione di disconoscimento della paternità né impugnare il riconoscimento. E' vero che la legge n. 40 prevede che i conviventi siano di sesso diverso e che la procreazione assistita si effettui solo in caso di sterilità della coppia. Tuttavia, trattandosi di fattispecie effettuata e perfezionata all'estero e certificata dall' atto di stato civile di uno Stato straniero, si deve necessariamente affermare, per quanto si è andato finora osservando, che la trascrizione richiesta non è contraria all'ordine pubblico (internazionale).
Avv. Davide Daleffe
Autore dell'ebook "Unioni Civili"
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione civile Sentenza n. 14878 del 15/06/2017:
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso in data 5-11-2014, ________ e _________ cittadine italiane, residenti e coniugate all'estero, chiedevano, ai sensi dell'art. 95 e segg. DPR n. 396 del 2000, al Tribunale di Venezia la "rettificazione" (o sostituzione) dell'atto di nascita del minore ________ figlio di _______ (a seguito di fecondazione assistita ), emesso dall'Ufficio dello
stato civile britannico di ___________ e _________ trascritto nei registri dello stato civile del Comune di ____________
Il predetto Ufficio britannico, come precisavano le ricorrenti, aveva successivamente chiarito che la registrazione del minore, come figlio della sola
______ era da considerarsi invalida, dovendo il nato essere registrato anche come figlio della _______ di cui assumeva il cognome, pur non avendo essa alcun rapporto biologico con lui.
L'ufficiale dello stato civile di __________ aveva rifiutato la rettificazione (o la sostituzione) dell'atto.
Il Tribunale di Venezia, con decreto in data 6/7/2015, rigettava la domanda, sostenendo che la richiesta "rettificazione" era contraria all'ordine pubblico italiano.
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