La fattibilità giuridica del piano di Concordato preventivo con cessione totale dei beni

Concordato Preventivo con cessione: la fattibilità giuridica del piano costituisce presupposto di ammissibilità della proposta. Cassazione Sent. 26329/2016

- di Dott.ssa Rossana Accettella
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La fattibilità giuridica del piano di Concordato preventivo con cessione totale dei beni

Concordato preventivo con cessione – “In tema di concordato preventivo con cessione totale dei beni, la fattibilità giuridica del piano costituisce presupposto di ammissibilità della proposta”. (Corte di Cass. – I Sez. Civ. n. 26329/2016).

Nella sentenza n. 26329/2016 la Corte di Cassazione ha individuato con chiarezza un elemento essenziale che connota la procedura di Concordato Preventivo, che è quello della “fattibilità giuridica” del piano.

La pronuncia trae origine dal ricorso avanzato da una società che aveva visto negata l’omologazione del piano di concordato con cessione totale dei beni, proposto e previamente approvato dalla maggioranza dei creditori ammessi al voto. Il Tribunale di prime cure rigettava la richiesta della società , decretandone successivamente il fallimento e motivando la propria decisione con riferimento alla non fattibilità giuridica del concordato. La società richiedente, infatti, era stata sottoposta ad un sequestro preventivo disposto dal giudice penale, nell’ambito di un procedimento per corruzione a carico del proprio legale rappresentante. Per effetto delle disposizioni di cui agli art. 5 c. I, lett. a) e art. 25 del D. Lgs. 231/2001, la società medesima veniva coinvolta nel procedimento penale in questione e quindi assoggettata al provvedimento cautelare in discorso.

Il principio della “non fattibilità giuridica” del Concordato veniva altresì ribadito dal giudice d’appello adito con reclamo dalla società dichiarata fallita. Affermava, infatti, la Corte d’Appello di Firenze che il sequestro preventivo comminato aveva colpito una parte rilevante dei beni aziendali oggetto della proposta concordataria. Esso, pertanto doveva considerarsi quale elemento impeditivo della liquidazione dei beni secondo le modalità individuate nel piano medesimo e quindi quale elemento di “non fattibilità giuridica”. Pertanto, l’inalienabilità dei beni così determinatasi, fondata su norme inderogabili di diritto pubblico rende non rilevante il voto favorevole della maggioranza dei creditori.

A tal proposito, la ricorrente principale e la controricorrente in via incidentale sottolineavano come la pretesa ablatoria dello Stato, azionata mediante il suddetto sequestro preventivo, fosse confliggente con i diritti dei terzi in buona fede e con la garanzia patrimoniale dei creditori, per i quali avrebbe dovuto avere prevalenza il principio di segregazione. In sintesi tali Parti ricorrenti affermavano come, essendo la confisca per equivalente ex D. Lgs. 231/2001, obbligatoria, ma non avente ad oggetto cose intrinsecamente pericolose, questa avrebbe dovuto recedere rispetto alle necessità che il piano di Concordato andava a tutelare e che tale valutazione di “priorità” dovesse competere al giudice fallimentare.

La Suprema Corte, nel respingere le motivazioni addotte dalle ricorrenti, si rifà a pregressa giurisprudenza delle proprie Sezioni Unite Penali secondo le quali “la verifica delle ragioni dei terzi, al fine di accertarne la buona fede secondo quanto stabilito dalla norma richiamata, spetta – in ogni caso –al giudice penale e non al giudice fallimentare” (Cass. Sez. Un. Pen. N. 11170/14).

Pertanto, alla luce di tale chiarimento il Supremo Collegio continua affermando che “laddove il piano concordatario implichi, come nella specie, la cessione dei beni ai creditori, in tanto non può procedersi alla liquidazione, e in tanto il piano può dirsi giuridicamente fattibile, in quanto si sia previamente ottenuta dal giudice penale la cessazione del vincolo cautelare sui detti beni”.

Secondo il convincimento della Suprema Corte, dunque, sono inconferenti in sede concorsuale le doglianze circa la presunta illegittimità del sequestro preventivo prescritto ai sensi del D. Lgs. 231/2001.

Nel rigettare il ricorso principale, la Corte fissa l’interessantissimo principio di diritto secondo cui

in tema di concordato preventivo con cessione totale dei beni, la fattibilità giuridica del piano costituisce presupposto di ammissibilità della proposta; ne consegue che quando a carico della società proponente, sia stato disposto un sequestro preventivo di beni destinato, secondo il regime di cui al D. Lgs. n. 231/2001, alla confisca, è sempre necessario ottenere dal giudice penale la cessazione del vincolo cautelare e, in mancanza, restando sottratto al giudice della procedura concorsuale ogni potere di sindacare la legittimità del provvedimento, la proposta va dichiarata senz’altro inammissibile”.

 

Accettella Rossana

 

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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Sentenza n. 26329 20/12/2016:

 

Svolgimento del processo

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