Legittimo il sequestro preventivo su conti di amministratore della SRL che ha evaso imposte
Incombe sull'amministratore di SRL, che ha avuto i conti personali sottoposti a sequestro preventivo, indicare quali beni della società posano essere sottoposti a sequestro diretto. Cassazione Sentenza n. 26257/2016

Il caso.
Il legale rappresentante di una SRL veniva indagato per il reato di omessa dichiarazione (art. 5 D. Lgs. n. 74/2000) al fine di evadere le imposte dirette e l'IVA per un totale superiore a 200mila euro per l'anno di imposta 2013.
Il Tribunale rigettava la richiesta di riesame avverso il decreto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente sui conti personali del legale rappresentante, e l'indagato proponeva ricorso per cassazione, che lo ha ritenuto inammissibile.
La decisione.
Per pronunciarsi sul ricorso, la Suprema Corte dapprima si richiama alla decisione delle Sezioni Unite Penali che ha delimitato il perimetro delle censure "per violazione di legge": «Le Sezioni Unite di questa Corte hanno affermato che nel concetto di violazione di legge non possono essere ricompresi la mancanza o la manifesta illogicità della motivazione, separatamente previste dall'art. 606, lett. e), quali motivi di ricorso distinti e autonomi dalla inosservanza o erronea applicazione di legge (lett. e) o dalla inosservanza di norme processuali (lett. c) (Sez. U, n. 5876 del 28/01/2004, P.C. Ferazzi in proc. Bevilacqua, Rv. 226710)».
In sostanza, ricorda che «Non è possibile, in altri termini, che il controllo di cassazione si traduca in un controllo che investe, sia pure in maniera incidentale, il merito dell'impugnazione».
Poi precisa che in sede di riesame il Tribunale non deve instaurare un processo incidentale: «L'accertamento della sussistenza del fumus commissi delicti va compiuto sotto il profilo della congruità degli elementi rappresentati, che non possono essere censurati in punto di fatto per apprezzarne la coincidenza con le reali risultanze processuali, ma che vanno valutati così come esposti, al fine di verificare se essi consentono di sussumere l'ipotesi formulata in quella tipica. Pertanto, il Tribunale non deve instaurare un processo nel processo, ma svolgere l'indispensabile ruolo di garanzia, tenendo nel debito conto le contestazioni difensive sull'esistenza della fattispecie dedotta ed esaminando l'integralità dei presupposti che legittimano il sequestro (Sez. U, n. 23 del 20/11/1996 - dep. 29/01/1997, Bassi e altri, Rv. 206657)».
In questo contesto, richiama anche altre decisioni di legittimità che hanno chiarito il ruolo del giudice del riesame sui provvedimenti cautelari di natura reale: «in sede di riesame dei provvedimenti che dispongono misure cautelari reali, il giudice, benché gli sia precluso l'accertamento del merito dell'azione penale ed il sindacato sulla concreta fondatezza dell'accusa, deve operare il controllo, non meramente cartolare, sulla base fattuale nel singolo caso concreto, secondo il parametro del "fumus" del reato ipotizzato, con riferimento anche all'eventuale difetto dell'elemento soggettivo, purché di immediato rilievo (v. Corte cost., ord. n. 153 del 2007; Sez. 6, n. 16153 del 06/02/2014 - dep. 11/04/2014, Di Salvo, Rv. 259337)».
In relazione alla possibilità di procedere al sequestro dei conti personali del legale rappresentante, il Collegio ricorda che «il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente è legittimo solo quando il reperimento dei beni costituenti il profitto del reato sia impossibile, ovvero quando gli stessi non siano aggredibili, e la motivazione che lo dispone dia conto di tale impossibilità. Il pubblico ministero non ha una libera scelta tra il sequestro diretto e quello per equivalente ma, sulla base del compendio indiziario emergente dagli atti processuali, può chiedere al giudice il sequestro preventivo nella forma per "equivalente", invece che in quella "diretta", all'esito di una valutazione allo stato degli atti in ordine alle risultanze relative al patrimonio dell'ente che ha tratto vantaggio dalla commissione del reato. Non è tuttavia necessario il compimento di specifici ed ulteriori accertamenti preliminari per rinvenire il prezzo o il profitto nelle casse della società o per ricercare in forma generalizzata i beni che ne costituiscono la trasformazione, incombendo, invece, al soggetto destinatario del provvedimento cautelare l'onere di dimostrare la sussistenza dei presupposti per disporre il sequestro in forma diretta (Sez. 3, n. 41073 del 30/972015, P.M. in proc. Scognamiglio, Rv. 265028, Sez. 3, n. 1738 del 11/11/2014, dep. 15/01/2015, Bartolini, Rv. 261929)».
Per la Cassazione, che si richiama ad una pronuncia recente, «quando si procede per reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, è legittimo il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente dei beni dell'imputato sul presupposto dell'impossibilità di reperire il profitto del reato nel caso in cui dallo stesso soggetto non sia stata fornita la prova della concreta esistenza di beni nella disponibilità della persona giuridica su cui disporre la confisca diretta (Sez. 3, n. 42966 del 10/6/2015, Klein, Rv. 26158)».
Infine, dichiara il ricorso inammissibile.
Osservazioni.
Sulla base della scelta operata dal pubblico ministero, nel caso di richiesta del sequestro preventivo nella forma "per equivalente" non sono necessarie ulteriori ricerche e/o valutazioni al fine di operare il sequestro nella forma diretta, ma incombe sul soggetto assoggettato alle misure cautelari l'onere di provare che sussistono i presupposti per procedere al sequestro diretto.
A cura di
Fulvio Graziotto
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Di seguito il testo di
Corte Cassazione penale Sentenza n. 26257 del 23/06/2016
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Trapani, con ordinanza del 3/11/2015, rigettava la richiesta di riesame formulata nell'interesse di R.G.E., avverso il decreto di sequestro preventivo emesso il 2/10/2015 dal GIP presso il medesimo Tribunale, fino alla concorrenza della complessiva somma di Euro 210.129,00, corrispondente al profitto conseguito.
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