L'Ufficio può scegliere il metodo di accertamento ma non se i risultati sono irragionevoli

La scelta del metodo di accertamento fiscale da parte Amministrazione Finanziaria è sindacabile se le risultanze del metodo prescelto sono irragionevoli e incongrue. Cassazione civile Sentenza n. 2873/2017

- di Dott. Fulvio Graziotto
Tempo di lettura: 4 minuti circa
L'Ufficio può scegliere il metodo di accertamento ma non se i risultati sono irragionevoli

L'Amministrazione Finanziaria può scegliere il metodo di accertamento nei limiti di quanto previsto dalla legge, ma se le risultanze del metodo prescelto sono irragionevoli e incongrue, e conducono a un concreto pregiudizio sostanziale del contribuente, la scelta del metodo è sindacabile.

Il caso.

Una SAS, e di conseguenza i suoi soci per il reddito loro imputato per trasparenza, si vedevano rettificare il reddito a seguito del disconoscimento di costi per quasi cinque milioni di euro.

La società operava quasi esclusivamente nel settore degli appalti pubblici, e l'Ufficio aveva applicato il metodo di accertamento analitico anziché quello induttivo, pur in presenza di contabilità inattendibile.

Dopo il ricorso, rigettato in primo grado, e il rigetto dell'appello proposto dai contribuenti, gli stessi ricorrono in Cassazione, che accoglie il ricorso.

 

La decisione.

Il ricorso si fondava su un unico motivo: veniva dedotta, «ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 39 d.P.R. n. 600 del 1973, 3 e 53 Cost. nonché 21-octies della legge n. 241 del 1990, la ricorrente si duole della scelta del metodo di ricostruzione del reddito d'impresa operata dall'Amministrazione finanziaria, che ha fatto ricorso a quello analitico pur sussistendo le condizioni poste dall'art. 39 d.P.R. n. 600 del 1973 per procedervi con metodo induttivo, lamentando anche i risultati irragionevoli ed incongrui restituiti dall'applicazione di quel metodo, tali da integrare anche una violazione dei principi costituzionali di uguaglianza e di capacità contributiva di cui agli artt. 3 e 53 Cost. A tale ultimo riguardo sostiene che l'operata rettifica del reddito d'impresa ha determinato una redditività del 37%, assolutamente irragionevole nell'ambito dell'edilizia pubblica in cui operava la società e che la stessa Agenzia delle entrate in occasione del contraddittorio aveva indicato - per aziende similari - nella misura del 4% (pag. 37 del ricorso). A detta dei ricorrenti, percentuali ancora minori risultavano dall'Osservatorio dei lavori pubblici dell'Umbria, dai dati elaborati da una società di ricerca sui bilanci depositati presso la CCIAA di Perugia, dai parametri e studi di settore. »

La Suprema Corte ritiene il motivo fondato.

Il Collegio dapprima precisa che «L'orientamento giurisprudenziale di legittimità in tema di accertamento delle imposte sui redditi è assolutamente consolidato nel ritenere insindacabile il potere dell'amministrazione finanziaria, se esercitato nell'ambito delle previsioni di legge, di scegliere discrezionalmente il metodo di accertamento da utilizzare nel caso concreto e, pertanto, la parte contribuente, in assenza (secondo Cass. n. 8333 del 2012), non ha titolo a dolersi della scelta operata (cfr. Cass. n. 19258 del 2005; n. 20837 del 2005; n. 13430 del 2012; n. 8333 del 2012; n. 16980 del 2015; v. anche Cass. n. 13350 del 2009)».

Fatta tale precisazione, però, la Cassazione riconosce che, nel caso di specie, «considerando il risultato restituito dall'applicazione di quel metodo (in termini di percentuale di redditività determinata considerando un utile di circa € 4.800.000,00 che la società avrebbe ricavato da circa € 13.000.000,00 di fatturato nell'anno in verifica - v. ricorso pag. 33), non può escludersi che i contribuenti abbiano subito un concreto pregiudizio dalla scelta metodologica operata dall'amministrazione finanziaria, apparendo irragionevole ed incongrua, alla stregua dei dati riferiti dai contribuenti, l'applicazione di una percentuale di ricavi del 37% ad un'impresa operante quasi esclusivamente nel settore degli appalti pubblici».

La conclusione a cui giunge il Collegio èanche corroborata dal fatto che «tale ultima circostanza, confermata dal contenuto del processo verbale di constatazione (riportato per autosufficienza a pag. 6 del ricorso) in cui si afferma che i committenti della società in verifica erano e dalla quale gli stessi verificatori hanno fatto conseguire la ; dalla riscontrata sussistenza di gravi, numerose e ripetute inesattezze ed omissioni, anche formali, con duplicazione anche di talune registrazioni, rilevate nelle scritture contabili (v. ricorso, pag. 8), tali da potersi ritenere assolutamente inattendibili; dalla evidente discrasia emergente tra la percentuale di ricarico applicata nel caso di specie alla società verificata e quelle, invece, desumibile dai dati dall'Osservatorio dei lavori pubblici dell'Umbria, pubblicati nel bollettino ufficiale di quella regione, dai dati elaborati da una società di ricerca sui bilanci depositati presso la CCIAA di Perugia, dai parametri e studi di settore per imprese di medie dimensioni operanti nel settore dei lavori pubblici, ma soprattutto da quella (pari al 4%) che la stessa Agenzia delle entrate, in sede di contraddittorio, aveva ritenuto congruo per aziende similari a quella verificata; da tutte queste circostanze, dall'amministrazione finanziaria neanche contestate, deve trarsi il convincimento della assoluta incongruenza delle risultanze della verifica».

Sulla base di tali considerazioni, poi, la Suprema Corte precisa anche che l'accoglimento del ricorso «non costituisce un "travalicamento della giurisdizione nell'ambito di poteri discrezionali della PA", ma è espressione del legittimo sindacato del giudice tributario che "ben può tener conto ai fini della decisione della metodologia adottata per la raccolta degli elementi utilizzati per la rettifica quando le emerse risultanze appiano incongrue rispetto alla situazione" concreta».

La Cassazione, quindi, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale per una rivalutazione della vicenda attenendosi ai principi indicati.

 

Osservazioni.

La Cassazione ribadisce che l'Ufficio è libero, in presenza dei presupposti di legge, di scegliere il metodo di accertamento, ma non se il contribuente abbia subito un «pregiudizio sostanziale» dalla scelta metodologica operata dall'Amministrazione Finanziaria, che porti a risultanze della verifica assolutamente incongruenti e irragionevoli.

A cura di
Fulvio Graziotto

 

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Di seguito il testo di
Corte Cassazione civile Sentenza n. 2873 del 03/02/2017

 

FATTI DI CAUSA

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