Verbale di elezione di domicilio sottoscritto con una croce valido anche in assenza di annotazione
Valido il verbale di elezione di domicilio sottoscritto con una croce quando il pubblico ufficiale abbia attestato quanto avvenuto in sua presenza, la provenienza della dichiarazione e l’identità del dichiarante. Cassazione sentenza 13649/201

Il fatto.
Per ciò che qui importa, la condannata chiedeva la declaratoria di non esecutività della sentenza ex art. 670 c.p.p. per la nullità del verbale di elezione di domicilio. Invero, la ricorrente deduceva l'invalidità del verbale di elezione di domicilio in calce al quale apponeva un doppio “crocesegno”, senza che i pubblici ufficiali ne attestassero l’incapacità a sottoscrivere. Dunque, si riteneva che la nullità del verbale avesse travolto l’avviso di deposito della sentenza contumaciale ai sensi dell’articolo 548, co. 3, c.p.p. ratione temporis vigente, derivandone la sua non esecutività.
Il giudice dell’esecuzione rigettava l'istanza, quindi la condannata ricorreva per cassazione chiedendo l’annullamento del provvedimento di diniego, denunciando l'inosservanza di legge in riferimento agli articoli 110 e 142 c.p.p., oltre il vizio della motivazione con riguardo alla ritenuta validità del verbale di elezione di domicilio sottoscritto con un doppio “crocesegno” e in carenza dell'attestazione dell'incapacità dell'imputata a sottoscrivere.
Valido il verbale di elezione di domicilio sottoscritto con una "croce" senza l'annotazione del pubblico ufficiale
La Suprema Corte ha spiegato come la questione «non ha ancora dato luogo all’affermazione di principi giurisprudenziali massimati», nonostante l'esistenza di un contrasto giurisprudenziale relativo alla validità del verbale di elezione di domicilio che non risulti sottoscritto dall’indagato1, contrasto già rimesso alle Sezioni Unite ma non risolto per l’irrilevanza della questione nel caso di specie.
Non ritenendo di investire nuovamente della questione le Sezioni Unite, la I Sezione ha avallato la soluzione a favore della validità di un verbale di elezione di domicilio redatto e sottoscritto dall’ufficiale di polizia giudiziaria e recante in calce un “crocesegno” a titolo di sottoscrizione dell'indagato, nonostante non si abbia dato atto dell’impossibilità di procedere all'ordinaria sottoscrizione.
Infatti, la stessa ricorrente ha riconosciuto che l’atto è stato sottoscritto con la sua apposizione di un doppio “crocesegno”, non disconoscendone quindi la paternità, mentre la provenienza dalla stessa risulta attestata dai pubblici ufficiali che hanno redatto il relativo verbale.
La Suprema Corte ha proceduto dal dato normativo.
L'art. 110 dispone che «quando è richiesta la sottoscrizione di un atto... è sufficiente la scrittura di propria mano, in fine dell'atto, del nome e cognome di chi deve firmare» e che «se chi deve firmare non è in grado di scrivere, il pubblico ufficiale, al quale è presentato l'atto scritto o che riceve l'atto orale, accertata l'identità della persona, ne fa annotazione in fine dell'atto medesimo», senza che siano previste sanzioni nel caso in cui manchi l’annotazione dell'impossibilità di scrivere.
Inoltre, ai sensi dell'art. 162 co. 1 c.p.p. «il domicilio dichiarato, il domicilio eletto e ogni loro mutamento sono comunicati dall’imputato all’autorità che procede, con dichiarazione raccolta a verbale ovvero mediante telegramma o lettera raccomandata con sottoscrizione autenticata da un notaio o da persona autorizzata o dal difensore».
L’attestazione del pubblico ufficiale quindi assume rilevanza essenziale per la attestazione della provenienza dell’atto dall’imputato, attestazione che può essere contenuta in un verbale redatto dal pubblico ufficiale, tanto che l’art. 137 c.p.p. stabilisce che «...il verbale, previa lettura, e’ sottoscritto alla fine di ogni foglio dal pubblico ufficiale che lo ha redatto, dal giudice e dalle persone intervenute... Se alcuno degli intervenuti non vuole o non è in grado di sottoscrivere, ne e’ fatta menzione con l’indicazione del motivo».
A mente dell’art. 142 c.p.p., poi, «...il verbale è nullo se vi è incertezza assoluta sulle persone intervenute o se manca la sottoscrizione del pubblico ufficiale che lo ha redatto», da cui la mancanza delle altre sottoscrizioni non é causa di nullità dell’atto, salvo che sia espressamente previsto.
Pertanto, la redazione del verbale avviene regolarmente quandunque il pubblico ufficiale abbia attestato quanto avvenuto in sua presenza, la provenienza della dichiarazione e l’identità del dichiarante, trovando il problema della sottoscrizione soluzione proprio nella circostanza che l’assunzione di paternità è attestata dall’ufficiale di polizia giudiziaria che garantisce la provenienza dell’atto da parte del soggetto interessato.
Di talché, resta relegata a mera irregolarità l’assenza della specifica attestazione dell’impossibilità di sottoscrivere da parte del dichiarante, in quanto non espressamente prevista a pena di nullità2.
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1 I senso favorevole vd. Sez. 2, n. 33956 del 14/06/2017, Pena, Rv. 270733; Sez. 4, n. 16144 del 01/03/2017, Losco, Rv. 269607. In senso contrario vd. Sez. 6, n. 26631 del 12/05/2016, Andronache, Rv. 267433; Sez. 5, n. 28618 del 28/05/2008, P.M. in proc. Glawe, Rv. 240430.
2 «Si consideri, in proposito, che la giurisprudenza di legittimita’ si e’ espressa in senso positivo con riguardo alla validita’ dell’atto di impugnazione firmato con la croce se presentato all’ufficiale di polizia giudiziaria, essendosi valorizzata la liberta’ delle forme e la funzione di autenticazione svolta dal pubblico ufficiale (Sez. 1, n. 21672 del 22/04/2008, Carvelli, Rv. 240023, ha affermato che “e’ da ritenere valido l’atto d’impugnazione sottoscritto con segno di croce dall’imputato analfabeta il quale, essendo al momento sottoposto ad arresti domiciliari, lo abbia presentato al locale Comando di stazione dei Carabinieri”)».
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione penale, Sezione I, Sentenza n. 13649 dep. 28/03/2019
RITENUTO IN FATTO
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