Art 2645 ter cod. civ. e suo rapporto con il Trust
Il trust e art 2645 del codice civile; differenze fra istituti.
Brevi riflessioni
A seguito delle recenti riflessioni svolte sull'istituto del trust, sembra opportuno tornare sull'argomento e delinerare, per quanto possible, le differenze esistenti tra l'istituto disciplinato dall'art. 2645 ter c.c. e il “trust”.1
Le riflessioni che porto scaturiscono da questa, se pur banale, ma interessante massima giurisprudenziale: “Non è possibile riqualificare il negozio di destinazione ex art. 2645-ter c.c come trust in ragione delle molteplici differenze tra i due istituti.” (Trib. Reggio Emilia, 07.06.2012).
Pare opportuno, quindi, proseguendo il lavoro iniziato con la recente pubblicazione su “Linee generali in tema di trust” delinerare i requisiti e le caratteristiche dell'atto di destinazione, così come disciplinato dall'art. 2645 ter c.c.
In via preliminare, pertanto, anche alla luce del testo normativo qui riportato, si evidenzia come con l'atto di destinazione un soggetto, qualificato come “conferente”, sotraee uno o più beni immobili o mobili iscritti in pubblici registri e facenti parte del proprio patrimonio dalla garanzia patrimoniale generale come prevista dall'art. 2740 c.c. costituendo sugli stessi il cd. vincolo di destinazione diretto a soddisfare interessi meritevoli di tutela afferenti a dei beneficiari già determinati, in favore dei quali i beni e i frutti vengono impiegati.
La durata del vincolo di destinazione non potrà essere superiore al massimo a novant'anni e l'istituto necessita della redazione nella forma pubblica; una volta poi trascritto sarà opponibile ai terzi.
Si sottolinea, poi, che qualsiasi interessato potrà agire per la realizzazione dello scopo previsto dall'atto di destinazione.
Alla luce di queste considerazione, così come accade per l'istituto del “fondo patrimoniale”, si evidenzia come tali beni conferiti potranno essere oggetto di esecuzione solo per i debiti contratti per lo scopo previsto dall'atto di destinazione.
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Delineate, quindi, le principali caratteristiche dell'istituto in commento, la dottrina prevalente ravvisa come con l'introduzione nel nostro codice civile dell'istituto in commento si sia sdoganata la figura generale del negozio di destinazione.2
Infatti, a tal riguardo, si deve osservare come per la sua collocazione sistematica non si tratta solamente di una norma sulla pubblicità bensì anche di un disposto normativo di carattere sostanziale che introduce una categoria giuridica.
L'articolo 2645 ter c.c. prevede infatti un vincolo di destinazione cd “atipico” perchè lo scopo dello stesso non è predeterminato dal Legislatore, ma è rimesso all'autonomia privata; scopo questo che sarà da considerarsi lecito solo allorquando superi il giudizio di meritevolezza degli interessi perseguiti.
L'atto di destinazione, quindi, si sostanzia nella funzionalizzazione di un bene, con apposizione del vincolo sul bene stesso, affinchè raggiunga un determinato scopo; il vincolo, conseguenza dell'atto di destinazione, determina una limitazione nel godimento e nel potere di disposizione.
Tuttavia, si deve osservare che qualora il conferente si limiti solo ed esclusivamete ad imporre il vincolo ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 2645 ter cc, disinteressandosi delle vicende che possono influenzare la realizzazione della finalità stessa, non può avere la certezza che quest'ultimo venga attuato; il conferente, quindi, per avere la certezza che sia data attuazione allo scopo dell'atto di destinazione dovrà affidare il perseguimento delle relative finalità ad un terzo e disporre per quando il vincolo stesso sarà cessato.
Sul profilo della meritevolezza
L'elemento fondamentale dell'atto di destinazione è il suo scopo: esso deve essere meritevole di tutela ai sensi dell'art. 1322 c.c. e deve essere indicato nell'atto di destinazione3.
In particolare, si osserva che la meritevolezza dello scopo richiesta dalla legge fa da contraltare, da una parte, al vincolo imposto al disponente che lo priva della pienezza delle facoltà insite nel diritto di proprietà e, dall'altra, del fatto che i beni conferiti sono sotratti alla garanzia patrimoniale ex art. 2740 c.c.
La meritevolezza degli interessi condiziona la seprazione del patrimonio destinato.
Secondo la dottina assolutamente maggioritaria il requisito in commento è soddisfatto solo allorquando lo stesso è lecito, ovvero non contrario a norma imperative, all'ordine pubblico o al buon costume4.
Nel controllo sulla meritevolezza bisogna valutare comparativamente gli interessi che vengono sacrificati e la finalità perseguita, anche alla luce della durata del vincolo e al valore dei beni.
Gli effetti sull'atto di destinazione del difetto di meritevolezza degli interessi perseguiti, determina la nullità dello stesso per mancanza e/o insufficienza della causa.
Sulla forma dell'atto di destinazione
L'articolo 2645 ter c.c richiede che l'atto di destinazione sia redatto nella forma dell'atto pubblico; forma questa che nel caso di specie è richiesta affinchè l'istituto sia opponibile ai terzi.
L'effetto derivante di separazione in commento può essere ottenuto ed opposto qualora l'atto di destinazione riveste la forma solenne dell'atto pubblico e trascritto.
Si tratta, pertanto, di una previsione di forma pubblica “ad transcriptionem”5; la mancata trascrizione non comporta la nullità dell'atto di destinazione, ma solamente la sua non trascrivibilità e conseguentemente l'inopponibilità della destinazione.
Sulla struttura dell'atto di destinazione
L'atto di destinazione richiede la presenza dei seguenti requisiti:
a) un disponente;
b) uno o più soggetti beneficiari determinati o determinabili;
c) uno o più beni che ne costituiscono l'oggetto;
d) una finalità;
e) una durata;
f) eventualmente e preferibilmente un soggetto attuatore della finalità.
Nel silenzio della norma, la struttura dell'atto di destinazione potrà determinarsi in un atto unilaterale o bilaterale, inter vivos o mortis causa.
In primis, il disponenente può vinccolare beni sui quali egli sia titolare di diritti reali e assume su di sè le relative obbligazioni gestorie nei confronti dei beneficiari.
L'atto di destinazione in questa prima fattispecie presenta diversi punti di contatto con la dichiarazione di trust.
Il conferente, può altresì trasferire contestualmente o successivamente all'atto di imposizione del vincolo, determinati beni a un terzo che si assume l'obbligazione di realizzare la destinazione; anche questa fattispecie è nota al nostro ordinamento e l'istituto più conosciuto è quello del fondo patrimoniale.
Ultima figura di riferimento è quella per la quale il disponente conserva la titolarità dei beni, impone un vincolo sugli stessi e affida l'attuazione dello stesso ad un terzo attraverso un mandato gestorio; esempi di tali fattispecie sono la cessione dei beni ai creditori
Cenni su beneficiari, durata ed oggetto dell'atto di destinazione
per quanto concerne i beneficiari, si deve osservare come la norma richieda che essi siano indicati nell'atto di destinazione o, quantomeno, che essi siano determinabili successivamente sia da parte del disponente, sia da parte di terzi, nell'ambito di una categoria.
In ogni caso deve esistere almeno un beneficiario, non essendo ammissibile una destinazione sul modello del trust di scopo o senza beneficiari e ciò anche in ragione del fatto che è la stessa norma a precisare come gli interessi da perseguire devono riferirsi a persone.
In riferimento al tema della durata dell'atto di destinazione, l'articolo 2645 ter c.c. dispone che il vincolo di destinazione non può eccedere alternativamente I novant'anni o la durata della vita della persona beneficiata.
Trattasi di una disposizione di ordine pubblico economico interno e la previsione di una durata superiore a quella indicata dalla legge determina la sostituzione della clausola difforme con quella di legge.
Infine, per quanto riguarda l'oggetto dell'atto di destinazione, la norma in commento si riferisce, analogamente a quella in tema di fondo patrimoniale, solo a beni immobili e a mobili iscritti in pubblici registri.
Tale limitazione è dovuta al fatto che si deve creare e garantire quell'effetto separativo proprio dell'atto di destinazione
Brevi riflessioni sulla separazione patrimoniale ex art. 2645-ter c.c. e sull'opponibilità del vincolo
Gli effetti che si producono a seguito della trascrizione dell'atto di destinazione sono due: la separazione patrimoniale e l'opponibilità del vincolo ai terzi in genere.
La dottrina prevalente ritiene che la pubblicità ha efficacia costitutiva per quanto riguarda la separazione del patrimonio mentre dichiarativa per quanto concerne l'opponibilità del vincolo ai terzi. In particolare, si osserva che in dottrina si distingue la separazione cd. unilaterale da quella cd. bilaterale. Quest'ultima si manifesta in una assoluta estraneità dei due patrimoni tra loro e della insensibilità degli stessi alle istanze dei rispettivi creditori.
Tale separazione viene definita “segregazione” e mette in risalto la caratteristica della totale ed assoluta incomunicabilità tra I beni separati ed il residui patrimonio del titolare dei beni separati; così come avviene nei trust.
La trascrizione dello strumento in commento produce una separazione “unilaterale” caratterizzata dalla relatività; solo i creditori che hanno pretese correlate ai beni vincolati possono aggredire i beni stessi e i loro frutti.
Per quanto concerne l'efficacia dichairativa della pubblicità del vincolo, essa è riferita ai terzi in genere. Si osserva che qualora il vincolo ha un contenuto tale da escludere necessariamente l'alienazione del bene si può, probabilmente, ritenere l'atto inefficace perchè posto in essere in spregio al vincolo che non potrà essere opposto al beneficiario.
Tuttavia di sovente l'apposizione del vincolo non comporta un certo ed assoluto divieto di disposizione del bene che ne è oggetto; in tal caso il terzo acquisterà il bene e non vedrà pregiudicato il proprio acquisto.
Rilessioni sul rapporto tra atto di destinazione e trust – sue applicazioni
Si evidenzia, sulla base di quanto sopra esposto, come è fuori discussione che l'istituto in discussione possa considerarsi la risposta italiana all'istituto del trust.
Infatti, elemento caratterizzante di quest'ultimo è il programma: trattasi del profilo dinamico ed attivo della destinazione.
Per quanto concerne, invece, l'atto di destinazione l'elemento caratterizzante di detto strumento è la mera funzionalizzazione del bene allo scopo, l'imposizione del vincolo.
In pratica: con il trust si realizza una vera e propria segregazione nel patrimonio nel trustee mentre con l'istituto in commento, una volta trascritto e reso quindi opponibile, si ottiene una separazione solamente unilaterale; tale vincolo si presta pertanto a ben poche applicazioni pratiche.
Risulta, infatti, che lo stesso potrà utilizzarsi solamente nel caso in cui non vi sia un programma destinatorio attivo e dinamico da realizzare ovvero nel caso in cui lo stesso venga trascritto aiuterà istituti già esistenti.
Ad esempio, con e grazie l'introduzione dell'istituto in parola, è possibile per il mandante trascrivere il vincolo di destinazione dei beni derivante dal mandato a suo favore.
Alla luce di queste riflessioni si deve concludere come l'atto di destinazione ex art. 2645 ter c.c. non può essere competitivo con lo strumento trust; lo potrà divenire solo allorquando la destinazione diviene il fulcro di un negozxio diverso nel quale prevale la realizzazione del fine rispetto alla costituzione del vincolo.
NOTE
1. Per chiarezza dei lettori l'articolo 2645 ter c.c. dispone: “Gli atti in forma pubblica con cui I bni immobili o beni immobili iscritti in pubblici registri sono destinati, per un periodo non superiore a novanta anni o per la durata della vita della persona fisica beneficiaria, alla realizzazione di interessi meritevoli di tutela riferibili a persone con disabilità, a pubbliche amministrazioni, o ad altri enti o persone fisiche ai sensi dell'articolo 1322, secondo comma, possono essere trascritti al fine di rendere opponibile ai terzi il vincolo di destinazione; per la realizzazione di tali interessi può agire oltre al conferente, qualsiasi interessato anche durante la vita del conferente stesso. I beni conferiti e I loro frutti possono essere impiegati solo per la realizzazione del fine di destinazione e possono costituire oggetto di esecuzione, salvo quanto previsto dall'articolo 2915, primo comma, solo per debiti contratti per tale scopo”
2. In tal senso si sono espressi M. Bianca – L'atto di destinazione: problemi applicativi, in Atti del Convegno su Atti notarili di destinazione dei beni: art. 2645 ter c.c., Milano 19 giugno 2006; G. PETRELLI, La trascrizione degli atti di destinazione, cit., II p. 181 e ss.
3. L'articolo 1322 c.c., rubricato Autonomia contrattuale, prevede: “Le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto nei limiti imposti dalla legge. Le parti possono anche concludere contratti che non appartengono ai tipi aventi una disciplina particolare, purchè siano diretti a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridixo”.
4. A. FALZEA, Riflessioni preliminari, in M. BIANCA (a cura di), La trascrizione dell'atto negoziale di destinazione, cit. p.7; G. OPPO, ibidem, p.12; F. PATTI, Gli atti di destinazione e trust nel nuovo art. 2645-ter Cod. Civ., in Vita not., 2006, III, p. 979