Dignità probità e decoro dell'avvocato secondo il Codice deontologico forense

L'avvocato secondo i principi generali del Codice deontologico forense - Una breve nota a commento

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L'avvocato secondo i principi generali del Codice deontologico forense

 

Indice.

1. Premessa. – 2. Tutela dell'affidamento della collettività ed della clientela. Dovere di dignità probità decoro ed indipendenza nella vita sociale, dovere di trasparenza veridicità e correttezza nell'informazione sull'esercizio dell'attività professionale, dovere di equilibrio e misura nei rapporti con gli organi di informazione rispetto all'immagine. – 3. Tutela della correttezza dei comportamenti. Dovere di dignità, probità, decoro ed indipendenza "in azione", dovere di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi, dovere di fedeltà, dovere di segretezza e riservatezza, dovere di equilibrio e misura nei rapporti con gli organi di informazione rispetto all'assistito. – 4. Tutela della qualità ed efficacia della prestazione professionale. Dovere di diligenza, dovere di competenza, dovere di aggiornamento professionale e formazione continua. – 5. L'avvocato per Piero Calamandrei.

 

1. Premessa

L'avvocato esercita un ministero di non poco conto, ossia la tutela in ogni sede del diritto alla libertà, dell'inviolabilità e dell'effettività della difesa, nel suo rilievo costituzionale e sociale1, assicurando nel processo la regolarità del giudizio e del contraddittorio, un ministero che deve esercitare vigilando sulla conformità delle leggi ai principi della Costituzione e dell'Ordinamento dell'Unione Europea e sul rispetto dei medesimi principi, nonché di quelli della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, a tutela e nell'interesse della parte assistita2. L’avvocato è colui che rende possibile il diritto di difesa riconosciuto dall’art. 24 della Costituzione.

L'avvocato non è e non può essere un semplice professionista, bensì garanzia di legalità, del rispetto dell'ordinamento dagli abusi che possono trovare fonte tanto nei rapporti sociali quanto, purtroppo, nelle aule giudiziarie. L'avvocato si pone come baluardo della legalità, garante del rispetto delle leggi.

Va da sé che un tale ministero, affinché non scada in una qualsiasi attività intellettuale, non può prescindere da pregnanti presupposti, quali la tutela dell'affidamento della collettività e della clientela, della correttezza dei comportamenti, della qualità ed efficacia della prestazione professionale, beni la cui tutela è strettamente funzionale all'emersione di una precisa figura di avvocato ed una precisa immagine di avvocatura.

A tutela dell'affidamento della collettività e della clientela si pongono il dovere di dignità probità decoro ed indipendenza nella vita sociale, il dovere di trasparenza veridicità e correttezza nell'informazione sull'esercizio dell'attività professionale, il dovere di equilibrio e misura nei rapporti con gli organi di informazione rispetto all'immagine.

A tutela della correttezza dei comportamenti si pongono il dovere di dignità, probità, decoro ed indipendenza "in azione", il dovere di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi, il dovere di fedeltà, dovere di segretezza e riservatezza, il dovere di equilibrio e misura nei rapporti con gli organi di informazione rispetto all'assistito.

A tutela della qualità ed efficacia della prestazione professionale, infine, si pongono il dovere di diligenza, il dovere di competenza, il dovere di aggiornamento professionale e formazione continua.

Col presente contributo si vuole brevemente delineare la figura dell'avvocato, secondo i tratti dipinti dai principi generali del Codice Deontologico Forense. Invero, attraverso una serie di doveri, il Codice Deontologico cura l’immagine di un avvocato dai contorni netti, senza sbavature. Almeno secondo il “dover essere” prescritto.

 

2. Tutela dell'affidamento della collettività e della clientela. Dovere di dignità probità decoro ed indipendenza nella vita sociale, dovere di trasparenza veridicità e correttezza nell'informazione sull'esercizio dell'attività professionale, dovere di equilibrio e misura nei rapporti con gli organi di informazione rispetto all'immagine

L'avvocato vive all'interno del contesto sociale, allacciando come ogni altro uomo rapporti intersoggettivi, motivo per cui non potrà ignorare l'affidamento che la collettività potrebbe riporre sulla figura professionale che incarna.

Per questo motivo all'avvocato è imposto il dovere di probità, di dignità e di decoro, qualità che devono caratterizzarne il comportamento nelle relazioni sociali al precipuo fine di tutelare la di lui reputazione e di conseguenza l'immagine della professione forense3. Si vuole consegnare all'opinione pubblica un'avvocatura integra attraverso un'apprezzabile integrità dei suoi membri. Canoni comportamentali ovviamente riferibili anche all'esercizio dell'attività. Di talché l'essere e l'apparire nell'avvocato devono strettamente coincidere, un professionista che non solo è probo dignitoso e decoroso nell'espletamento degli incarichi e nei rapporti con i colleghi, bensì nei rapporti sociali, di modo che possa apprezzarsi tanto il singolo professionista quanto la professione che incarna e con essa la classe forense.

Il singolo avvocato, dunque, non è responsabile della sola sua immagine, bensì specchio e depositario delle qualità che afferiscono all'avvocatura intera, emergendo la salvaguardia della reputazione e dell'immagine della professione forense. Una sorta di zelante corporativismo, volto ad un ritorno in termini di stima, di un feedback positivo, da parte dei consociati verso la professione forense. L'avvocato deve essere e apparire simbolo di dignità, probità e decoro.

Ciò si rispecchia anche nelle informazioni concernenti l’attività esercitata. È pienamente consentito infatti all'avvocato dare informazioni circa la propria attività professionale, l'organizzazione e la struttura dello studio, le eventuali specializzazioni e titoli scientifici e professionali posseduti e tali informazioni possono essere diffuse pubblicamente con qualunque mezzo, anche informatico. Tuttavia, a precipua tutela dell'affidamento della collettività, le informazioni debbono essere trasparenti, veritiere, corrette, non equivoche, non ingannevoli, non denigratorie o suggestive e non comparative4. Lungi dall'intenzione dell'avvocato trarre in inganno la collettività, ovvero offrire informazioni fuorvianti o ambigue o comunque in grado di ledere i colleghi anche attraverso pubblicità comparativa. Il dovere di trasparenza, veridicità e correttezza delle informazioni offerte dell'avvocato sull'esercizio dell'attività professionale non costituisce altro che un corollario del dovere di dignità, probità e decoro, non potendosi immaginare un avvocato probo che fornisce informazioni equivoche o denigratorie.

Inoltre, incombe sull'avvocato il dovere di equilibrio e di misura nei rapporti con gli organi di informazione5. Infatti, l'eccessivo protagonismo o lo sprezzante presenzialismo non giovano all'immagine del singolo professionista e della professione tutta. L'avvocato non deve seguire le vie della notorietà mediatica, ma soltanto gli interessi del proprio assistito, unico riferimento di ogni attività compiuta o da compiersi.

 

3. Tutela della correttezza dei comportamenti. Dovere di dignità, probità, decoro ed indipendenza "in azione", dovere di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi, dovere di fedeltà, dovere di segretezza e riservatezza, dovere di equilibrio e misura nei rapporti con gli organi di informazione rispetto all'assistito

Il Codice delinea una sorta di statuto comportamentale dell'avvocato, al quale si richiede indipendenza, lealtà, correttezza, probità, dignità, decoro, diligenza e competenza, tenendo conto del rilievo costituzionale e sociale della difesa, nel rispetto dei principi della corretta e leale concorrenza6.

Dignità, probità, decoro ed indipendenza in particolare sono i doveri imposti all'avvocato nell'espletamento del mandato.

All'avvocato si impone altresì il dovere di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi7. Invero, il collega non è un avversario, ma colui che sta facendo valere il diritto del suo assistito e per questo i rapporti tra colleghi devono essere improntati alla correttezza, dovendosi evitare l'utilizzo di espressioni sconvenienti sia in giudizio sia in seno agli atti di causa. Gli avvocati nell'esercizio dell'attività si scontrano nel contraddittorio e non in un duello, tenendo sempre a mente il ministero di garanzia esercitato.

Inoltre, il rispetto delle Istituzioni forensi costituisce componente essenziale per chi si fa garante di diritti, stante che dette Istituzioni sono l'espressione della volontà della comunità forense, la stessa che le ammanta di autorità.

L'avvocato deve essere fedele nell'espletamento del mandato ricevuto, svolgendo la propria attività a tutela degli interessi della parte assistita e nel rispetto del rilievo costituzionale e sociale della difesa8. A motivo di ciò il rapporto tra avvocato e cliente non può che fondarsi sulla fiducia9. Indi l'avvocato è libero di accettare o meno l'incarico10, fatti salvi i casi in cui la nomina avviene ai fini della difesa d'ufficio, nel qual caso è richiesto un giustificato motivo per il rifiuto o l'interruzione dell'incarico11.

La conseguenza diretta di un rapporto fondato sulla fiducia è il dovere di riservatezza e segretezza. Infatti, per garantire gli interessi del cliente e della parte assistita l'avvocato deve rigorosamente osservare il segreto professionale e mantenere il massimo riserbo sui fatti e sulle circostanze di cui viene a conoscenza per ragioni professionali, sia nell'espletamento del mandato, sia nello svolgimento delle attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale12.

Nei rapporti con gli organi di informazioni, infine, l'avvocato dovrà sempre rispettare il dovere di equilibrio e misura nel rispetto dei doveri di discrezione e riservatezza, a tutela degli interessi del proprio assistito, potendo rilasciare dichiarazioni – purché non coperte dal segreto istruttorio – soltanto con il consenso di quest'ultimo. Tuttavia dovrà in ogni caso assicurarsi l'anonimato dei minori13 .

 

4. Tutela della qualità ed efficacia della prestazione professionale. Dovere di diligenza, dovere di competenza, dovere di aggiornamento professionale e formazione continua

L'avvocato deve svolgere il ministero difensivo con coscienza e diligenza, assicurando quindi la qualità della prestazione professionale14. L'avvocato deve pertanto garantire un certo standard qualitativo della prestazione.

Gli avvocati ovviamente si distinguono per le diverse competenze possedute, non potendosi pretendere uno standard ancorabile a riferimenti oggettivamente valutabili. Tuttavia si esigono degli accorgimento di non poco momento. Innanzi tutto, l'avvocato non deve accettare gli incarichi che non sia in grado di svolgere con adeguata competenza15. È rimesso alla buona coscienza dell'avvocato comprendere se il caso che gli si prospetta possa essere gestito con i mezzi a disposizione.

La qualità della prestazione dipende ineludibilmente da un'attività di aggiornamento costante. Per questo motivo l'avvocato ha il dovere di curare la preparazione professionale, conservando ed accrescendo le proprie conoscenze con particolare riferimento ai settori di specializzazione e di attività prevalentemente svolta16.

 

5. L'avvocato per Piero Calamandrei

In ultimo, a conclusione dell'immagine dell'avvocato dipinta dai principi fondamentali del Codice Deontologico, pare doveroso fare riferimento a quello che deve essere l'avvocato per uno dei padri della Costituzione della Repubblica Italiana, Piero Calamandrei (vedi alcune famose citazioni QUI). Il suo pensiero è una spontanea e romantica summa deontologica delle qualità che l’avvocato dovrebbe almeno sforzarsi di possedere seguendo i doveri deontologici.

«Molte professioni possono farsi con il cervello e non con il cuore; ma l’avvocato no! L’avvocato non può essere un puro logico né un ironico scettico, l’avvocato deve essere prima di tutto un cuore: un altruista, uno che sappia comprendere gli altri uomini e farli vivere in sé; assumere su di sé i loro dolori e sentire come sue le loro ambascie. Per questo amiamo la nostra toga; per questo vorremmo, che quando il giorno verrà, sulla nostra bara sia posto questo cencio nero al quale siamo affezionati, perché sappiamo che esso è servito ad asciugare qualche lacrima, a risollevare qualche fronte, a reprimere qualche sopruso e soprattutto a ravvivare nei cuori umani la fede, senza la quale la vita non merita di essere vissuta, nella vincente giustizia»

Non è opportuno continuare oltre.

 

Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”

 

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1 Art. 10 Codice deontologico.

2 Art. 1, co. 1, Codice deontologico.

3 Art. 9, co. 2, Codice deontologico.

4 Art. 17 Codice deontologico.

5 Art.

6 Art. 9, co. 1, Codice deontologico.

7 Art. 19 Codice deontologico.

8 Art. 10 Codice Deontologico.

9 Art. 11, co. 2, Codice deontologico.

10 Art. 11, co. 1, Codice deontologico.

11 Art. 11, co. 3 e 4, Codice deontologico.

12 Art. 13 Codice deontologico.

13 Art. 18 Codice deontologico.

14 Art. 12 Codice deontologico.

15 Art. 14 Codice deontologico.

16 Art. 15 Codice deontologico.

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