Divieto dei patti successori e prospettive di riforma
il diritto ereditario attuale e prospettive di riforma del divieto dei patti successori rinunciativi
I patti successori nel sistema codicistico
2. I patti successori nel sistema codicistico
L’intero sistema delle successioni è ispirato al principio per cui fino alla morte del de cuius è possibile che egli esprima liberamente la scelta testamentaria – posto che il testamento è l’unico strumento a disposizione del privato per disporre mortis causa del proprio patrimonio - in favore di soggetti da lui voluti, e ciò è evidentemente incompatibile con qualsiasi protezione giuridica a qualsivoglia soggetto, anche legato da rapporti familiari, o ancor più da rapporti contrattuali.
Fino a quando l’ereditando è in vita, egli è libero di disporre come crede dei propri beni e nessuno, ancorché destinatario di una quota di eredità per legge, può opporsi.
Nell’ambito dell’autonomia che il legislatore riconosce ai privati, il testamento ed i patti successori si pongono dunque, tra loro agli antipodi, essendo il primo espressione dell'autonomia privata - in quanto offre, nella pratica sociale corrente, un modello di pianificazione successoria - ed il secondo limite perentorio all'autonomia contrattuale.
Le tipologie di patti successori previsti nel nostro ordinamento sono:
a) I patti successori «istitutivi» che consistono nell’ istituzione di erede rivestita di forma contrattuale, con la quale si attribuiscono diritti irrevocabili sulla futura successione.
b) I patti successori «dispositivi» consistenti in un accordo con il quale si trasferiscono i diritti che potranno sorgere da una futura successione.
c) I patti successori «rinunciativi» consistenti in un accordo con il quale si rinuncia a diritti su di una futura successione.
In dottrina si è ricollegato il divieto al principio espresso dall’art. 457 c.c., in virtu` del quale l’eredità si devolve per legge o per testamento, con esclusione pertanto di una devoluzione ‘‘contrattuale’’.
Se ci si addentra sul piano delle ragioni di politica del diritto che giustificano (e che in passato hanno giustificato) il disposto imperativo in esame, secondo una prima ricostruzione, tutte e tre le figure di patto successorio potrebbero essere tra loro accomunate sotto il profilo della ratio, la quale andrebbe ricercata, indistintamente quanto a ciascuna di esse, nell’esigenza di evitare il ricorrere del c.d votum corvinum o votum captandae mortis. (4)
Questa motivazione non risulta soddisfacente per l’ipotesi dei patti successori rinunciativi: per questi, in realtà, non solo non vi è un corrispettivo a favore del rinunciante (e dunque, sotto tale profilo, può scongiurarsi il rischio di una immorale speculazione), ma, addirittura, manca anche un soggetto direttamente beneficiario dei diritti rinunciati, i quali non sono ceduti ad una controparte in senso tecnico, bensì fatti oggetto di una mera dismissione ed abdicazione. Se un corrispettivo vi fosse, si ricadrebbe nell’ ipotesi di patto dispositivo, e non in quella del patto rinunciativo. La dottrina maggioritaria, infatti, ricostruisce la rinuncia quale atto unilaterale, senza alcuna controparte all’infuori del soggetto abdicante; è evidente che, proprio per tale motivo, non possa concepirsi, seguendo tale ragionamento, una rinunzia che tale rimanga, pur essendo contenuta in un contratto a prestazioni corrispettive. (5)
Il fondamento del divieto in commento può essere individuato, in realtà nell’esigenza di evitare atti di prodigalità aventi ad oggetto beni di cui attualmente non si disponga (ratio che, al contrario, si è ritenuto di non accogliere in merito al divieto di patti dispositivi, perlomeno se caratterizzati da attribuzione a titolo oneroso). Vietando l’anticipata rinuncia ai diritti successori senza corrispettivo, e tra questi, in particolare, ai diritti di legittima (art. 556 c.c.), si vuole impedire al futuro erede, legatario o legittimario, di compiere atti avventati e poco avveduti, di cui potrebbe successivamente pentirsi e la cui opportunità potrebbe non adeguatamente soppesare, stante l’attuale mancanza di titolarità del bene a cui abdica
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Bibliografia
4)Per le dette considerazioni, si vedano, in particolare: FERRI L., Delle successioni. Della separazione dei beni. Della rinunzia all’eredità. Dell’eredità giacente. Della petizione di eredità (Artt. 512-535), in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1968, pp. 73 sgg.; PERLINGIERI P., Remissione del debito e rinuncia al credito, Napoli, 1968, pp. 94 sgg.; BOZZI, voce «Rinunzia (diritto pubblico e privato)», in Noviss. Dig. It., XV, Torino, 1968, pp. 1147 sgg.
5) Sulla tematica generale del divieto dei patti successori, e sull’ampia e dibattuta questione relativa alle possibili prospettive di riforma aventi ad oggetto il medesimo, la produzione scientifica è stata, soprattutto negli anni più recenti, assai vasta e composita; a tal proposito si vedano, ex multis: ANTONINI, Il divieto dei patti successori, in Studium iuris, 1996, I, pp. 601 sgg.; BIANCA, Diritto civile, 2, La famiglia. Le successioni, Milano, 2005, pp. 556 sgg.; BIGLIAZZI GERI-BRECCIA-BUSNELLI-NATOLI, Diritto civile, 4**, Le successioni a causa di morte, Torino, 1997 (rist.), pp. 79 sgg.; BONILINI, Nozioni di diritto ereditario, Torino, 1993, pp. 12 sgg.; BONILINI, Manuale di diritto ereditario e delle donazioni, Torino, 2005, pp. 18 sgg.; CACCAVALE, Il divieto dei patti successori, in Successioni e donazioni, a cura di Rescigno, I, Padova, 1994, pp. 25 sgg.; CACCAVALE, Contratto e successioni, in Tratt. del contratto Roppo, VI, a cura di Roppo, Milano, 2006, pp. 429 sgg.; CACCAVALE-TASSINARI, Il divieto dei patti successori tra diritto positivo e prospettive di riforma, in Riv. Dir. Priv., 1997, pp. 74 sgg.; CACCAVALE-TASSINARI, Contributo per una riforma del divieto dei c.d. patti successori rinunciativi, in Riv. Dir. Priv., 1998, pp. 541 sgg.; CALVO, I patti successori, in Diritto delle successioni, a cura di Calvo-Perlingieri G., I, Napoli, 2008, pp. 13 sgg.; CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2002, pp. 27 sgg.; CARIOTA FERRARA, Le successioni per causa di morte, Napoli, 1977, pp. 392 sgg.