Prossimi congiunti, fidanzati e affetti stabili. Equivoci di una legislazione approssimata
Distonie tra lettera e intenti: tra prossimi congiunti, fidanzati stabili e affetti stabili l'equivoco sulle giustificazioni mette a rischio sanzione i cittadini in tempo di Covid 19.

Spostamenti per incontrare i prossimi congiunti
L'art. 1, lett. a, del D.P.C.M. del 26 aprile 2020 ha introdotto la possibilità di incontro dei "prossimi congiunti", disponendo a tal proposito che «si considerano necessari gli spostamenti per incontrare congiunti», fermi gli obblighi del distanziamento interpersonale e dell'uso delle mascherine, oltre che del divieto di assembramento.
Tuttavia, non sono pochi i dubbi insorti sulla corretta interpretazione del termine "prossimi congiunti", dell'individuazione di quelle persone il cui incontro giustificherebbe uno spostamento altrimenti sanzionato. Posto che si parla di terminologia tecnico-giuridica per nulla sconosciuta dal nostro ordinamento, appare utile una brevissima al fine di comprendere chi, a ragione, può essere annoverato nel concetto in esame.
Prossimi congiunti e disciplina civilistica
Il Codice civile non offre nessuna esplicazione semantica con riferimenti a cosa debba intendersi per congiunti, lasciando semmai trasparire qualche flebile indizio.
L'art. 10 c.c. in tema di abuso dell'immagine altrui dispone che «qualora l'immagine di una persona o dei genitori, del coniuge o dei figli sia stata esposta o pubblicata fuori dei casi in cui l'esposizione o la pubblicazione è dalla legge consentita, ovvero con pregiudizio al decoro o alla reputazione della persona stessa o dei detti congiunti, l'autorità giudiziaria, su richiesta dell'interessato, può disporre che cessi l'abuso, salvo il risarcimento dei danni». Ad essere annoverati tra i congiunti sono quindi i genitori, il coniuge e i figli, restando all'interno dei rapporti di parentela.
L'art. 342-ter disciplinante gli ordini di protezione si riferisce ai prossimi congiunti della persona destinataria della tutela inibitoria, senza null'altro dire.
L'art. 79 c.p.c., poi, dispone che la nomina del curatore speciale può essere chiesta anche dai prossimi congiunti della persona che deve essere rappresentata o assistita e l'art. 735 c.p.c. permette sempre ai prossimi congiunti di chiedere la sostituzione dell'amministratore del patrimonio familiare. Tuttavia non è apprezzabile nessuna attività definitoria.
Prossimi congiunti e disciplina penalistica
Se l'ordinamento civilistico non aiuta ad individuare una precisa definizione di "prossimi congiunti", lo stesso non può dirsi della disciplina penale, interessata in quanto tale da una tassatività che impone un'attività definitoria ben più certosina.
A tal uopo, è l'art. 307 c.p. a fornire il perimetro semantico del termine "prossimi congiunti", disponendo che agli effetti della legge penale si intendono «gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti: nondimeno, nella denominazione di prossimi congiunti, non si comprendono gli affini, allorché sia morto il coniuge e non vi sia prole».
L'art. 288 c.p.p. si riferisce ai prossimi congiunti in relazione all'applicazione della misura cautelare personale interdittiva della sospensione dell'esercizio della responsabilità genitoriale. Ancora una volta, il termine "congiunto" trova spazio nell'ambito dei rapporti prettamente familiari, tanto da interessare direttamente la responsabilità genitoriale.
È chiaro l'intento del Legislatore di circoscrivere ai rapporti di parentela e di affinità la portata semantica di "prossimi congiunti". Tuttavia, lo stesso Legislatore ha reputato opportuno talvolta estendere la platea soggettiva dei destinatari della disciplina riservata ai "prossimi congiunti", valorizzando i legami contraddistinti talora da costanza di vita in comune, talaltra da rapporti di cura e assistenza materiale.
Invero, l'art. 199 c.p.p. dispone la facoltà di astensione dei prossimi congiunti dell'imputato dall'obbligo di deporre in seno al procedimento penale. Il comma 3, poi, estende la disciplina della facoltà di astensione dei prossimi congiunti espressamente a chi è legato all'imputato – per quanto qui importa – da un rapporto di convivenza. Si comprende che il Legislatore abbia valorizzato la stabilità di un legame che trova compimento nella comunanza materiale di vita, escludendo ogni altro rapporto affettivo che non trova una stabilità nella vita comune. Pertanto trova rilevanza una comunione materiale e non soltanto "spirituale", quale potrebbe essere quella tra fidanzati, nubendi o meno, o tra amici.
L'art. 632 c.p.p. affida la legittimazione a proporre la revisione della sentenza ai prossimi congiunti, e con essi al tutore, all'erede o ai prossimi congiunti dell'erede. Ancora una volta, ai prossimi congiunti è assimilato ai fini della disciplina applicabile il tutore, proprio in ossequio del rapporto di condivisione certamente materiale, stando al contenuto dell'istituto della tutela. Allo stesso modo, l'art. 681 c.p.p. assimila ai prossimi congiunti il convivente, il tutore e il curatore con riferimento alla legittimazione alla proposizione della domanda di concessione della grazia.
Tuttavia si tratta di un'assimilazione di tali figure ai prossimi congiunti solo in termini di estensione della medesima disciplina. Argomento corroborato dalla lettera dell'art. 282-bis c.p.p., che con riferimento alla misura cautelare personale del divieto di avvicinarsi ai luoghi frequentati dalla persona offesa dispone che «il giudice può prescrivere all'imputato di non avvicinarsi a luoghi... frequentati da prossimi congiunti della persona offesa o da persone con questa conviventi o comunque legate da relazione affettiva». Qui è ancora più palpabile la differenziazione tra congiunti e conviventi e si fa strada anche la differenziazione tra congiunti e persone legate da relazioni affettive. Se l'ordinamento non avesse conosciuto differenza alcuna tra tali categoria, il Legislatore non avrebbe avuto la necessità di individuare accanto ai congiunti anche la categoria dei conviventi e delle persone legate da relazioni affettive, ribadendo la diversa connotazione ontologica che intende attribuire a termini per nulla in rapporto di sinonimia.
Prossimi congiunti, fidanzati stabili e affetti stabili
Per quanto illustrato, è un dato acquisito che il Legislatore ha sempre inteso ricondurre nell'alveo dei prossimi congiunti persone legate in rapporti di parentela e affinità, in particolare gli ascendenti, i discendenti, il coniuge, la parte di un'unione civile tra persone dello stesso sesso, i fratelli, le sorelle, gli affini nello stesso grado, gli zii e i nipoti.
Laddove, invece, il Legislatore ha inteso rivolgersi anche a soggetti diversi dai congiunti ha sempre fatto riferimento espressamente ad altre qualità da questi rivestite, ora tutore e curatore, ora convivente, ora persone legate da relazioni affettive.
Il lemma utilizzato dal D.P.C.M. del 26 aprile 2020 non si presta alle intenzioni dell'esecutivo, chiamato a più riprese a dar conto di quanto realmente intendesse con l'utilizzo di un termine che, alla luce delle rettifiche – seppur informali – trapelate dalle sedi ministeriali, non appariva tra i più corretti. Invero, il 27 aprile 2020 – un giorno dopo la pubblicazione del D.P.C.M. 26 aprile 2020 – Palazzo Chigi ha chiarito che per "prossimi congiunti" debbano intendersi «parenti e affini, coniuge, conviventi, fidanzati stabili, affetti stabili». A riprova che le parole, quando inopportunamente utilizzate, sono in grado di revocare in dubbio qualsiasi concetto, a detrimento della certezza del diritto.
Mentre per i conviventi non si poneva alcun problema, in quanto trattasi di persone che condividono la medesima dimora e che non hanno la necessità di effettuare spostamenti per incontrarsi, il problema è stato sollevato con riferimento ai "fidanzati", termine che non trova alcuna cittadinanza all'interno del nostro ordinamento e che potrebbe ricollegarsi solo alla promessa di matrimonio ex artt. 79-81 c.c.. Se davvero l'intenzione era quella di ricomprendere i "fidanzati", doveva farsi riferimento più correttamente ad essi. Senza contare che si sarebbero comunque rese opportune ulteriori specificazioni per fugare la problematica della prova della relazione affettiva stabile ("fidanzati stabili") e dell'astratta possibilità di coinvolgere pure i rapporti di amicizia ("affetti stabili").
Con riferimento a "fidanzati stabili", termine con cui sicuramente si vuole contrapporre il fidanzamento ancora "acerbo", nel ribadire che il nostro ordinamento non conosce giuridicamente il termine "fidanzamento", non va tralasciato che può formalmente parlarsi di fidanzamento con tratti di stabilità in presenza di promessa di matrimonio ex artt. 79-81 c.c., momento che conserva la piena revocabilità delle intenzioni, ma tuttavia foriero di obblighi di restituzione dei doni (ed eventualmente di risarcimento per le spese sostenute) prima di tal momento inesigibili. L'unica promessa ufficiale è quella di cui all'art. 81 c.c., che può risultare dalla richiesta della pubblicazione fatta all'Ufficiale dello Stato Civile, ed appare l'unica che si presta a prova certa, posto che le altre promesse non esigono particolari formalità. Ma si dubita che la volontà dell'esecutivo fosse così ristretta.
Rimane ancora più oscuro il concetto di "affetti stabili". Certamente non può riferirsi ai fidanzati, altrimenti non avrebbe avuto senso fare riferimento anche a "fidanzati stabili". Sembra che possano contemplarsi i rapporti di amicizia. Altro aspetto la cui prova risentirà dell'approssimazione normativa.
Prossimi congiunti: problemi di tecnica legislativa
Stando alla lettera, in assenza di chiarimenti o di interpretazioni autentiche che vadano oltre le comunicazioni in stile "giornalistico", l'art. 1 lett. a) D.P.C.M. 26 aprile 2020 consentirebbe gli spostamenti motivati dalla necessità di incontrare parenti o affini, preclusa ogni possibilità di incontrare la persona a cui si è legati per ragioni derivanti da fidanzamento (o amicizia).
Una corretta tecnica legislativa impone di conoscere il significato sistematico della terminologia utilizzata nella stesura dei testi normativi, in modo che la volontà del Legislatore possa trovare riscontronelle parole utilizzate. In particolare, la qualità del linguaggio normativo non può prescindere dal significato tecnico dei termini, specie quando questi sono già utilizzati e recano un significato assodato.
Considerando che trattasi di normativa emergenziale che inevitabilmente postula un'ineluttabile compressione delle libertà individuali, la chiarezza della norma si pone quale primario baluardo per scongiurare ulteriori e non richiesti irrigidimenti causati dalle più diverse interpretazioni estemporanee fornite dagli organi accertatori in balia dell'oscurità della norma o della sua distanza dalla volontà dell'estensore, con conseguenze non prive di ripercussioni nella sfera giuridica del cittadino che si vedrebbe sottoposto ad una fin troppo accentuata discrezionalità (o arbitrarietà) di giudizio.
La normazione esige chiarezza in modo che possa quanto più garantire la certezza applicativa del disposto normativo, in particolare in materia sanzionatoria, ambito in cui la prevedibilità della sanzione correlate a comportamenti preventivamente conosciuti dal cittadino diviene presupposto di ragionevolezza, oltre che di legalità.
Avv. Andrea Diamante
Cultore di diritto processuale penale
Università degli Studi di Enna Kore