Rimozione o spostamento della servitù di elettrodotto a spese dell’ente gestore
I cavi dell’elettrodotto anche quando posti sulla facciata dell’edificio possono essere rimossi su richiesta del proprietario. Le regole secondo la Corte di Cassazione, Sentenza n. 29617/2022

La Corte di Cassazione civile, con Sentenza n. 29617 depositata in data 11 ottobre 2022 passa in rassegna i principi base che regolano la servitù di elettrodotto.
Fonti normative della servitù di elettrodotto
La servitù di elettrodotto è regolata dal codice civile all’art 1056, titolato “Passaggio di condutture elettriche” il quale recita
Ogni proprietario è tenuto a dare passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche, in conformità delle leggi in materia.
Si tratta, pertanto, di una servitù coattiva 1.
Altre norme speciali, tuttavia, regolano la materia. Si citano qui la normativa presa in considerazione dalla Corte di Cassazione, nella sentenza in commento.
Il Testo Unico 11 dicembre 1933 n. 1775 (T.U. delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici) regola la materia degli impianti di trasmissione e distribuzione di energia elettrica, e stabilisce, all'art. 119, che "Ogni proprietario è tenuto a dar passaggio per i suoi fondi alle condutture elettriche aeree o sotterranee che esegua chi ne abbia ottenuto permanentemente o temporaneamente l'autorizzazione dall'autorità competente".
Il successivo art. 122 del predetto T.U. così recita:
1- L'imposizione della servitu' di elettrodotto non determina alcuna perdita di proprieta' o di possesso del fondo servente.
2- Le imposte prediali e gli altri pesi inerenti al fondo rimangono in tutto a carico del proprietario di esso.
3- Il proprietario non puo' in alcun modo diminuire l'uso della servitu' o renderlo piu' incomodo. Del pari l'utente non puo' fare cosa alcuna che aggravi la servitu'.
4- Tuttavia, salvo le diverse pattuizioni che si siano stipulate all'atto della costituzione della servitu', il proprietario ha facolta' di eseguire sul suo fondo qualunque innovazione, costruzione o impianto, ancorche' essi obblighino l'esercente dell'elettrodotto a rimuovere o collocare diversamente le condutture e gli appoggi, senza che per cio' sia tenuto ad alcun indennizzo o rimborso a favore dell'esercente medesimo.
5- In tali casi, il proprietario deve offrire all'esercente, in quanto sia possibile, altro luogo adatto all'esercizio della servitu'.
6- Il cambiamento di luogo per l'esercizio della servitu' puo' essere parimenti richiesto dall'utente, se questo provi che esso riesce per lui di notevole vantaggio e non di danno al fondo”.
La Corte cita il D.P.R. 18 marzo 1965, n. 342 (ora abrogato da d.l. 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla l. 6 agosto 2008, n. 133 ma che rileva per la comprensione della ratio normativa), il quale all'art. 9 stabiliva che "Gli elettrodotti da costruirsi da parte dell'Ente Nazionale per l'Energia Elettrica a tensione uguale o superiore a 220.000 Volt sono inamovibili e ad essi non si applicano le disposizioni del Testo Unico 11 dicembre 1933, n. 1775, art. 122, commi 4, 5 e 6".
Si tratta degli elettrodotti di più grande dimensione e recanti i cavi di c.d. altissima tensione, come tali costituenti opere inamovibili e difficilmente adattabili alle esigenze del fondo servente.
Infine, il Codice delle comunicazioni elettroniche.
Si aggiunga che si riconosce alla servitù di elettrodotto la natura di vera e propria servitù prediale dove, nel caso peculiare, quale fondo dominante deve essere ritenuto lo stabilimento di produzione e distribuzione, anche nel caso di condutture destinate alla fornitura di energia elettrica a utenti privati (Cass. n. 537/1951; Cass. n. 2084/1968; Cass. n. 2078/1974).
Modi di costituzione della servitù di elettrodotto
L’Art. 1032 del codice civile titolato “Modi di costituzione” ci avvisa che
Quando, in forza di legge, il proprietario di un fondo ha diritto di ottenere da parte del proprietario di un altro fondo la costituzione di una servitù, questa, in mancanza di contratto, è costituita con sentenza. Può anche essere costituita con atto dell'autorità amministrativa nei casi specialmente determinati dalla legge.
La sentenza stabilisce le modalità della servitù e determina l'indennità dovuta.
Prima del pagamento dell'indennità il proprietario del fondo servente può opporsi all'esercizio della servitù.
La norma è chiarissima nell’indicare una triplice origine della servitù:
1) per contratto, pattuizione fra ente gestore e proprietario del fondo servente;
2) con sentenza;
3) la servitù di elettrodotto sorge di regola con provvedimento autoritativo della pubblica amministrazione.
Si dovrà aggiungere una ulteriore modo di costituzione riconosciuto dalla giurisprudenza in modo unanime, ed è
4) la costituzione di servitù di elettrodotto per usucapione.
Aggiunge, tuttavia, la Corte di Cassazione che “E' opinione unanime in giurisprudenza che la servitù coattiva di elettrodotto deve intendersi costituita non già in virtù del semplice decreto autorizzativo, bensì con la stipulazione di uno speciale atto convenzionale e, in caso di dissenso, con sentenza che determini, caso per caso, le modalità di esercizio della stessa servitù.”
E conclude confermando che “La giurisprudenza della questa Corte ha in passato riconosciuto che la servitù coattiva di elettrodotto può essere acquistata anche per usucapione”.
Diritto di ottenere lo spostamento dei cavi elettrici: pagamento di una indennità
Secondo la Corte di Cassazione “l'esigenza che le servitù coattive vanno a soddisfare è quella di tutelare un interesse che la legge giudica prevalente rispetto a quello del proprietario che lo deve subire: esse sono destinate a soddisfare una necessità e non una utilità del fondo dominante”.
Abbiamo visto che l'art. 122, comma 4, attribuisce al proprietario del fondo servente la facoltà di eseguire sul fondo medesimo qualunque innovazione, costruzione o impianto, facoltà della quale il proprietario può avvalersi anche nell'ipotesi in cui il suo esercizio finisca di fatto per costringere il titolare della servitù alla rimozione o ad una diversa collocazione delle condutture. La Corte conferma che in questa ultima ipotesi “il proprietario del fondo servente non è obbligato a versare al titolare della servitù alcuna somma a titolo di indennizzo o rimborso delle spese necessarie per lo spostamento, ed è tenuto esclusivamente ad offrire un diverso luogo adatto all'esercizio della servitù, ma (contrariamente a quanto dispone l'art. 1068 c.c., comma 2) solo se ed in quanto ciò risulti possibile, verificandosi in caso contrario l'estinzione della servitù”.
Si è ritenuto che ciò ha da valere anche nel caso di acquisizione della servitù di elettrodotto per mezzo dell’usucapione, “… con la conseguenza che, nel caso di spostamento della linea elettrica, essa è soggetta alla disciplina fissata dal T.U. all'art. 122, che pone a carico dell'Enel le spese relative allo spostamento e non ricade nella previsione dell'art. 1068 c.c. (Cass. n. 5077/1983; Cass. n. 2579/1981)”.
Sempre argomentando sull’art. 122 del T.U. delle leggi sulle acque e sugli impianti elettrici, la Corte argomenta: “Ciò significa che l'esistenza di una servitù di elettrodotto non poteva spingersi sino ad impedire al privato proprietario di effettuare, nel proprio potere di godere e disporre del bene, lavori di innovazione, costruzione e ristrutturazione. In tali casi, infatti, se necessario all'effettuazione dei lavori, il dominus ben poteva imporre al gestore della rete elettrica la rimozione dei cavi o la loro diversa collocazione, nella quale può ritenersi compresa l'attività di interramento. Quanto sinora detto, tuttavia, opera a condizione che il proprietario garantisca un'alternativa adatta all'esercizio della servitù, e dunque un passaggio parimenti efficace per i cavi elettrici all'interno del proprio immobile. Al ricorrere delle predette circostanze, il privato non è tenuto ad alcun indennizzo o rimborso per lo spostamento dei cavi o il loro interramento. Diversamente argomentando, si sarebbe giunti a condizionare l'attività innovativa del privato proprietario al consenso del gestore elettrico, o al sinallagmatico rimborso delle spese da questi affrontate, con eccessiva limitazione dei diritti di proprietà in materia di beni immobili urbani”.
Si faccia attenzione che diversa normativa deve essere considerata per i cavi ad alta tensione, quella per tensioni superiori a 200 kV.
La Corte richiama anche la ratio insita nel Codice delle comunicazioni elettroniche (fa riferimento al d.lgs. 259/2003, tuttavia oggi materia riordinata dal D.Lgs 207 del 24/12/2021 codice europeo delle comunicazioni elettroniche).
Secondo la Corte, sulla base delle norme del Codice delle comunicazioni elettroniche , i rapporti che si instaurano tra il proprietario dell'immobile servente e l'ente gestore della rete pubblica traggono ispirazione dai principi sinora visti, di minor aggravio possibile alla proprietà privata del bene servente e di non eccessiva limitazione delle facoltà di godimento e di disposizione dell'immobile.
Ciò è coerente, continua la Corte, con le previsioni generali del codice civile in materia di servitù, secondo le quali la servitù prediale dev'essere esercitata in modo da soddisfare il bisogno del titolare del diritto, ma con il minor aggravio del fondo servente (art. 1065 c.c.). Peraltro, detto titolare non può fare innovazioni che rendano più gravosa la condizione del fondo servente e, di contro, il proprietario del fondo non può compiere atti che tendano a diminuire l'esercizio della servitù o a renderlo più scomodo (art. 1067 c.c.).
Trova dunque conferma, con le parole della Corte, il principio secondo cui l'esercizio della servitù da parte del gestore non può limitare eccessivamente la proprietà privata del bene servente, tanto che il privato titolare ben può apportare all'immobile tutte le opere di innovazione, costruzione e ristrutturazione, anche nel caso in cui ciò imponga al gestore di rimuovere, spostare o interrare i cavi elettrici o telefonici.
Dette attività non fanno maturare neppure un diritto al rimborso delle spese sopportate dal gestore della rete elettrica o telefonica, che è tenuto a porre in essere i lavori di spostamento necessari per consentire al privato l'esecuzione dei lavori sul proprio bene.
Del resto, diversamente ragionando, sempre con le parole della S.C., si giungerebbe all'assurda conclusione per cui il privato proprietario di un immobile urbano non potrebbe apportare allo stesso la necessaria manutenzione, se non a condizione di effettuare il rimborso in favore del gestore degli oneri economici dovuti alla rimozione delle condutture elettriche. E questo non soltanto configurerebbe un ulteriore peso gravante sul bene in favore del bene dominante ma un'eccessiva discriminazione rispetto agli altri proprietari privati circostanti. In altri termini, la distribuzione urbanistica delle infrastrutture di comunicazione non può comportare la completa esautorazione della proprietà privata, imponendo, oltre che la servitù, anche la sopportazione delle spese relative all'esercizio di questa.
Da ciò deriva l'ulteriore conseguenza che la disciplina dell'art. 122 del T.U. citato - il quale, diversamente dall'art. 1068 c.c. (applicabile sia alle servitù volontarie che a quelle coattive), conferisce al proprietario del fondo servente il diritto di ottenere lo spostamento della servitù di elettrodotto a spese dell'esercente della stessa, salvo diverso accordo fra le parti - non è influenzata dal modo di costituzione della servitù e rimane egualmente applicabile non solo quando il diritto sia stato costituito in forza di uno dei titoli (sopra indicati) previsti dalla legge speciale, ma anche quando sia stato acquistato per usucapione (Cass. 1822/71 cit.)".
Conclusivamente, la S.C. afferma:
“Alla luce delle considerazioni sopra esposte, sembra potersi concludere che la titolarità della servitù pubblica in capo all'ente gestore della rete elettrica o telefonica comporti altresì la sopportazione delle spese necessarie per lo spostamento, la rimozione o l'interramento dei cavi ove addossati alla facciata dell'immobile servente, in tutti i casi in cui dette attività siano necessarie per l'esercizio più agevole delle prerogative della proprietà privata, per la conservazione, l'innovazione e la manutenzione del bene gravato”.
Infine un accenno, sempre della Corte di Cassazione in commento, circa le modalità di ottenimento dello spostamento o rimozione dei cavi elettrici.
Afferma la Corte: “Si può altresì ritenere che, poiché l'art. 1068 c.c., sancisce che il trasferimento del luogo di esercizio della servitù può essere disposto anche dall'autorità giudiziaria, sia di conseguenza giustiziabile innanzi al giudice ordinario il diritto del privato proprietario del bene servente ad ottenere lo spostamento delle condutture che impediscano la manutenzione, l'innovazione o la ristrutturazione edilizia. Con l'ulteriore conseguenza che, ove l'ente gestore imponga, per l'assolvimento dei doveri appena descritti, una contromisura economica, spesso obtorto collo accettata dai privati per non interrompere l'esecuzione di lavori sull'immobile, il pagamento di tali somme sia per il privato indebito e perciò ripetibile”.
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1 - Per le servitù non facenti parte del novero delle servitù coattive, vedasi in questa Rivista: “Cavi telefonici e tubazione del gas: il principio del numero chiuso delle servitù coattive”
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione civile sez. II Sentenza n.29617 del 11/10/2022
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