Stato di emergenza legato al Covid-19 e il supporto normativo
Stato di emeregenza fino a fine anno. Cosa si intende per stato di emergenza? Lo prevede la Costituzione? Quali poteri attribuisce? Uno sguardo alla normativa nazionale e internazionale

Circola la notizia che il Presidente Conte abbia dichiarato di voler estendere lo stato di emergenza fino a fine anno. Ciò sarebbe in discussione al Consiglio dei Ministri di domani 14 luglio.
Cosa comporta e cosa significa tutto ciò? Cos’è lo “stato di emergenza” e quali leggi lo permettono e governano?
In questo scritto si tenta di tratteggiare gli elementi salienti dell’istituto giuridico e di individuare le base normativa su cui si fonda.
La Carta Costituzionale prevede lo “stato di emergenza”?
La nostra Carta Costituzione non prescrive specificatamente in alcun articolo qualcosa che possa essere paragonabile al c.s. stato di emergenza, salvo non si consideri quanto previsto dall’art. 78 relativo allo “stato di guerra”.
Non che non se ne fosse discusso in Assemblea Costituente ma le varie proposte non trovarono accoglimento. É da comprendere che si era appena usciti dal lungo ventennio fascista e l’uso distorto della legge, la continua deroga all’ordinario, poi seguito dalla legislazione dello stato di guerra lasciava molti costituenti scettici sull’opportunità di introdurre nella Costituzione norme che prevedessero la sospensione della libertà e della democrazia sulla quale loro stessi stavano lavorando. Quasi a contemplare che nessuna eventualità possa giustificare il venir meno dei principi democratici costituzionali.
Taluno ravvede un indizio di fonte costituzionale della legislazione di emergenza nell’art. 120 Cost., il quale tuttavia è inserito nel Titolo V e norma gli enti locali e il rapporto fra questi e lo Stato.
Il secondo comma dell’art. 120 Cost. Nel testo modificato nel 2001, prescrive che il Governo possa sostituirsi agli enti locali in caso di grave pericolo per l’incolumità e la sicurezza pubblica :
“Il Governo può sostituirsi a organi delle Regioni, delle Città metropolitane, delle Province e dei Comuni nel caso di mancato rispetto di norme e trattati internazionali o della normativa comunitaria oppure di pericolo grave per l’incolumità e la sicurezza pubblica, ovvero quando lo richiedono la tutela dell’unità giuridica o dell’unità economica e in particolare la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, prescindendo dai confini territoriali dei governi locali. La legge definisce le procedure atte a garantire che i poteri sostitutivi siano esercitati nel rispetto del principio di sussidiarietà e del principio di leale collaborazione”.
E’ un potere di sostituzione dei poteri e funzioni degli enti locali, il quale è principio comune sparso nell’ordinamento come riconosciuto anche da Corte Costituzionale con Sentenza n. 43 de. 27 gennaio 2004 ove l’art. 120 Cost. risulta essere una norma di chiusura nei rapporti fra Stato ed enti locali 1.
La nostra Carta Costituzionale, quindi, non attribuisce alcun potere speciale emergenziale ad alcun organo dello Stato.
Lo stato di “pericolo pubblico” nel TULPS
Il Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza, del Regno d’Italia (Regio Decreto n. 773 del 1931) ancora in vigore, agli articoli 214 e seguenti regola lo Stato di Pericolo Pubblico e lo Stato di guerra, con norme assai stringenti che assegnano amplissimi poteri al Ministero dell’Interno e Prefetture 2.
Tuttavia il “pericolo pubblico” è identificato dall’art. 214 come “pericolo di disordini” e si occupa sostanzialmente dell’ordine pubblico.
Se ne ricava che tale legislazione non è scomodabile per l’attribuzione di poteri speciali legati ad un pericolo di sanità pubblica. Del resto questi poteri speciali restano affidati al Ministero dell’Interno e al Prefetto.
Lo “stato di emergenza” nella attuale legislazione
Originariamente la disciplina dello stato d’emergenza è stata introdotta con legge ordinaria di istituzione del Servizio Nazionale della Protezione civile; si tratta della legge n. 225 del 24 febbraio 1992.
La Legge 225/1992 che regolava l’attività della Protezione Civile, poi novellata nel 2012, è stata tuttavia abrogata e in buona parte incorporata dal c.d. Codice della Protezione Civile, il Decreto Legislativo n. 1 del 02/01/2018.
La vecchia dizione della proclamazione dello stato di emergenza prevedeva un periodo di giorni 180, prorogabile di ulteriori giorni 180.
Ora, il comma 3 dell’art. 24 del D.Lgs. 1/20183 raddoppia tale periodo (12 mesi prorogabile di altri 12).
Lo stato di emergenza viene dichiarato, ai sensi del comma 1 dell’art. 24, dal Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri. Per il Covid-19 si tratta del Delibera dl Consiglio dei Ministri 31 gennaio 2020 titolata “Dichiarazione dello stato di emergenza in conseguenza del rischio sanitario connesso all'insorgenza di patologie derivanti da agenti virali trasmissibili”.
Lo stato di emergenza è stato dichiarato svariate volte negli anni, ma sempre legato ad eventi territoriali, quali terremoti, alluvioni, ecc.(anche se in verità utilizzi per i scopi più svariati sono già stati registrati, anzi con una tendenza ad un progressivo allargamento dello strumento, allargamento talvolta criticato in quanto inappropriato; si è assistito infatti ad un allargamento delle gestioni commissariali, attivate non solo di fronte alle “calamità naturali”, ma anche, come prevede la stessa legge, per i “grandi eventi”, per ogni altro “evento calamitoso” e per “evitare situazioni di pericolo”. Questi ultimi vanno dall’emergenza terroristica internazionale all’immigrazione clandestina fino, per esemplificare appena, alle esplosioni verificatesi nella raffineria “Umbria Olii S.p.A”; all’emergenza idrica verificatasi nel territorio dei comuni a sud di Roma serviti dal Consorzio per l'acquedotto del Simbrivio; alla emergenza per la messa in sicurezza di materiali nucleari in alcune regioni italiane; alla presenza di cromo esavalente nello stabilimento Stoppani sito nel comune di Cogoleto, e così via. Un continuo ricorso alla delega a poteri terzi talmente accentuato che taluno parla di "contraddizione dello Stato costituzionale democratico che punta persino a configurarsi come federale e sussidiario", Giovanna Razzano in Associazione dei Costituzionalisti).
Ci si chiede: è questa la norma che ha attribuito al Presidente del Consiglio i poteri di regolamentazione e normativi che abbiamo visto estrinsecarsi nei vari DPCM (decreto presidente del consiglio dei ministri)?
Vediamo più da vicino.
L’art. 7 del Codice della Protezione Civile (D.Lgs. 1/18) prevede tre gradi crescenti di emergenza fra cui il più elevato, quello alla lettera c) del comma 1, così recita: “emergenze di rilievo nazionale connesse con eventi calamitosi di origine naturale o derivanti dall'attività dell'uomo che in ragione della loro intensità o estensione debbono, con immediatezza d'intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo ai sensi dell'articolo 24.”
In questi casi l’art. 24 dispone che si provveda a deliberare “lo stato d'emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l'emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all'articolo 25”.
La dichiarazione dello stato di emergenza, pertanto, attribuisce poteri speciali al servizio nazionale di Protezione Civile; si tratta del potere di emettere le ordinanze previste dall’art. 25 D.Lgs. 1/18.
Il comma 1 dell’art. 25 prescrive che “Per il coordinamento dell'attuazione degli interventi da effettuare durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale si provvede mediante ordinanze di protezione civile, da adottarsi in deroga ad ogni disposizione vigente, nei limiti e con le modalità indicati nella deliberazione dello stato di emergenza e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea. Le ordinanze sono emanate acquisita l'intesa delle Regioni e Province autonome territorialmente interessate e, ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere specificamente motivate” 4.
Le Ordinanze della Protezione Civile sono pubblicate in Gazzetta Ufficiale.
Dalla lettura del secondo comma è evidente che la Protezione Civile si occupa sostanzialmente di primo soccorso e assistenza della popolazione, ripristino di funzionalità di servizi pubblici (strade, edifici, rifiuti e macerie, ecc.), sostegno economico, spostamento della popolazione. Le quali norme, tuttavia, è evidente siano state create pensando ai terremoti e alle alluvioni.
In qualche modo, nella emergenza Covid-19, si sono dovute adattare alla nuova realtà.
E il Presidente del Consiglio dei Ministri?
Il comma 7 dell’art. 24 D.Lgs. 1/18 dispone che “Con direttiva da adottarsi ai sensi dell'articolo 15 sono disciplinate le procedure istruttorie propedeutiche all'adozione della deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale e i relativi adempimenti di competenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome e del Capo del Dipartimento della protezione civile”.
L’art. 15 regola, come da titolo dello stesso articolo, le “Direttive del Presidente del Consiglio dei ministri e conseguenti indicazioni operative”.
Il comma 1 del predetto art. 15 prescrive che “le direttive del Presidente del Consiglio dei ministri assicurano, sul piano tecnico, l'indirizzo unitario, nel rispetto delle peculiarità dei territori, per l'esercizio della funzione e lo svolgimento delle attività di protezione civile e sono adottate su proposta del Capo Dipartimento della protezione civile e previa intesa da sancire, ai sensi di quanto previsto dal decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, in sede di Conferenza unificata ovvero di Conferenza Stato-Regioni in ragione delle competenze interessate dalle disposizioni ivi contenute” .
Non è questa la sede per indicare se i DPCM siano coperti dall’art. 15 del D.Lgs. n. 1/2018. Del resto lo stesso “stato di emergenza” viene stiracchiato da una normativa costruita per far fronte a terremoti e alluvioni ed è lo stesso art 15 a determinare i limiti dell'oggetto delle Dierettive del Presidente del Consiglio dei Ministri, individuandoli nella necessità di creare un indirizzo "tecnico" unitario per lo svolgimento delle operazioni e compiti della Protezione Civile.
Scopo dell’articolo è quello di dare una indicazione quanto più neutra possibile della normativa richiamabile nella dichiarazione e gestione dello stato di emergenza, dando così modo a ciascun lettore di farsi una autonoma idea.
Limiti dei poteri dello stato di emergenza derivanti dalla normativa internazionale
Le ordinanze della Protezione Civile devono rispettare gli indirizzi e limiti sanciti dalla dichiarazione dello stato di emergenza e, per dettato normativo, ove rechino deroghe alle leggi vigenti, devono contenere l'indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere specificamente motivate ed in ogni caso devono rispettare i principi generali dell'ordinamento giuridico e delle norme dell'Unione europea (comma 1 art. 25 D.Lgs. 1/18).
Esistono anche limiti internazionali all’uso dei poteri di emergenza ed in primis la Convenzione Eurpea dei Diritti dell’Uomo, la quale all’art. 15, titolato “Deroga in caso di stato di emergenza”, recita:
“1. In caso di guerra o in caso di altro pericolo pubblico che minacci la vita della nazione, ogni Alta Parte contraente può adottare delle misure in deroga agli obblighi previsti dalla presente Convenzione, nella stretta misura in cui la situazione lo richieda e a condizione che tali misure non siano in conflitto con gli altri obblighi derivanti dal diritto internazionale.
2. La disposizione precedente non autorizza alcuna deroga all’articolo 2, salvo il caso di decesso causato da legittimi atti di guerra, e agli articoli 3, 4 § 1 e 7.
3. Ogni Alta Parte contraente che eserciti tale diritto di deroga tiene informato nel modo più completo il Segretario generale del Consiglio d’Europa sulle misure prese e sui motivi che le hanno determinate. Deve ugualmente informare il Segretario generale del Consiglio d’Europa della data in cui queste misure cessano d’essere in vigore e in cui le disposizioni della Convenzione riacquistano piena applicazione.”
Poteri speciali, quindi, non possono derogare al diritto alla vita (art. 2), né possono autorizzare la tortura (art. 3), indurre alla schiavitù(art. 4) e al principio cardine del sistema penale “Nulla poena sine lege” 5.
E’ il caso, per concludere, di far riferimento anche alla Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici delle Nazioni Unite, la quale all’art. 4 regola lo stato di emergenza 6. Esso da la possibilità di derogare agli obblighi assunti dalla sottoscrizione della Convenzione salvo che ciò non determini discriminazione basata sulla razza, colore, sesso, lingua, religione o ceto.
In ogni caso, analogamente alla Convenzione Europea appena vista, i poteri legati allo stato di emergenza non possono pregiudicare il diritto alla vita (art. 6), né legittimare la tortura (art. 7) o la conduzione in schiavitù (art. 8), imprigionare per il mancato rispetto di obblighi contrattuali (art. 11), né ritenere colpevole per fatti non previsti come reati al momento della commissione del fatto (art. 15), né limitare la libertà di pensiero, coscienza e religione (art. 18).
Entrambe queste Convenzioni, tuttavia, fanno riferimento ad un pericolo che minacci “l’esistenza della Nazione”, il che si può intendere un pericolo proveniente dall’esterno, nella sostanza una aggressione bellica.
Anche in questo caso solamente in modo stiracchiato ( e quindi plausibilmente illegittimo) potrà invocarsi gli articoli delle convenzioni internazionali appena richiamate.
__________
1 Quanto all’estensione del potere sostitutivo del Governo va specificato che l’art. 8, comma 1, della l. n. 131 del 2003, di attuazione dell’art. 120 Cost. Chiarisce che l’intervento sostitutivo del Governo deve limitarsi ai “provvedimenti dovuti o necessari”, omessi da parte delle Regioni e degli Enti locali. In secondo luogo non è chiaro, anzi è discusso in dottrina, se tale potere sostitutivo possa estendersi alla potestà legislativa anziché limitarsi all’amministrazione
2Art. 214
Nel caso di pericolo di disordini il ministro dell'interno con l'assenso del capo del governo, o i prefetti, per delegazione, possono dichiarare, con decreto, lo stato di pericolo pubblico.
Art. 215
Durante lo stato di pericolo pubblico il prefetto può ordinare l'arresto o la detenzione di qualsiasi persona, qualora ciò ritenga necessario per ristabilire o per conservare l'ordine pubblico.
Art. 216
Oltre quanto è disposto dall'art. 2, qualora la dichiarazione di pericolo pubblico si estenda all'intero territorio del regno, il ministro dell'interno può emanare ordinanze, anche in deroga alle leggi vigenti, sulle materie che abbiano comunque attinenza all'ordine pubblico o alla sicurezza pubblica.
I contravventori alle ordinanze predette sono puniti con l'arresto non inferiore a un anno, salvo le maggiori pene stabilite dalle leggi.
La disposizione precedente si applica anche a coloro che contravvengono alle ordinanze del prefetto emesse durante lo stato di dichiarato pericolo pubblico, in forza dei poteri che gli sono conferiti dall'art. 2.
3Art. 24. Decreto Legislativo n. 1 del 02/01/2018.
Deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale .
1. Al verificarsi degli eventi che, a seguito di una valutazione speditiva svolta dal Dipartimento della protezione civile sulla base dei dati e delle informazioni disponibili e in raccordo con le Regioni e Province autonome interessate, presentano i requisiti di cui all'articolo 7, comma 1, lettera c), ovvero nella loro imminenza, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, formulata anche su richiesta del Presidente della Regione o Provincia autonoma interessata e comunque acquisitane l'intesa, delibera lo stato d'emergenza di rilievo nazionale, fissandone la durata e determinandone l'estensione territoriale con riferimento alla natura e alla qualità degli eventi e autorizza l'emanazione delle ordinanze di protezione civile di cui all'articolo 25. La delibera individua, secondo criteri omogenei definiti nella direttiva di cui al comma 7, le prime risorse finanziarie da destinare all'avvio delle attività di soccorso e assistenza alla popolazione e degli interventi più urgenti di cui all'articolo 25, comma 2, lettere a) e b), nelle more della ricognizione in ordine agli effettivi fabbisogni e autorizza la spesa nell'ambito del Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 44.
2. A seguito della valutazione dell'effettivo impatto dell'evento calamitoso, effettuata congiuntamente dal Dipartimento della protezione civile e dalle Regioni e Province autonome interessate, sulla base di una relazione del Capo del Dipartimento della protezione civile, il Consiglio dei ministri individua, con una o più deliberazioni, le ulteriori risorse finanziarie necessarie per il completamento delle attività di cui all'articolo 25, comma 2, lettere a), b) e c), e per l'avvio degli interventi più urgenti di cui alla lettera d) del medesimo comma 2, autorizzando la spesa nell'ambito del Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 44. Ove, in seguito, si verifichi, sulla base di apposita rendicontazione, che le risorse destinate alle attività di cui alla lettera a) risultino o siano in procinto di risultare insufficienti, il Consiglio dei ministri, sulla base di una relazione del Capo del Dipartimento della protezione civile, individua, con proprie ulteriori deliberazioni, le risorse finanziarie necessarie e autorizza la spesa nell'ambito del Fondo per le emergenze nazionali di cui all'articolo 44.
3. La durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi.
4. L'eventuale revoca anticipata dello stato d'emergenza di rilievo nazionale è deliberata nel rispetto della procedura dettata per la delibera dello stato d'emergenza medesimo.
5. Le deliberazioni dello stato di emergenza di rilievo nazionale non sono soggette al controllo preventivo di legittimità di cui all'articolo 3 della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.
6. Alla scadenza dello stato di emergenza, le amministrazioni e gli enti ordinariamente competenti, individuati anche ai sensi dell'articolo 26, subentrano in tutti i rapporti attivi e passivi, nei procedimenti giurisdizionali pendenti, anche ai sensi dell'articolo 110 del codice di procedura civile, nonché in tutti quelli derivanti dalle dichiarazioni già emanate nella vigenza dell'articolo 5-bis, comma 5, del decreto-legge 7 settembre 2001, n. 343 convertito, con modificazioni, dalla legge 9 novembre 2001, n. 401, già facenti capo ai soggetti nominati ai sensi dell'articolo 25, comma 7. Le disposizioni di cui al presente comma trovano applicazione nelle sole ipotesi in cui i soggetti nominati ai sensi dell'articolo 25, comma 7, siano rappresentanti delle amministrazioni e degli enti ordinariamente competenti ovvero soggetti dagli stessi designati.
7. Con direttiva da adottarsi ai sensi dell'articolo 15 sono disciplinate le procedure istruttorie propedeutiche all'adozione della deliberazione dello stato di emergenza di rilievo nazionale e i relativi adempimenti di competenza dei Presidenti delle Regioni e Province autonome e del Capo del Dipartimento della protezione civile.
8. Per le emergenze prodotte da inquinamento marino, la proposta di dichiarazione dello stato di emergenza nazionale di cui al comma 1 viene effettuata, in conformità a quanto previsto dall'articolo 11 della legge 31 dicembre 1982, n. 979, e dal Piano di pronto intervento nazionale per la difesa da inquinamenti di idrocarburi o di altre sostanze nocive causati da incidenti marini, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentito il Dipartimento della protezione civile.
9. Le Regioni, nei limiti della propria potestà legislativa, definiscono provvedimenti con finalità analoghe a quanto previsto dal presente articolo in relazione alle emergenze di cui all'articolo 7, comma 1, lettera b).
4 Interessante il profilo economico, regolato dal comma 8 dell’art. 25L laddove ci si è chiesti da quale fonte provenga il diritto ad un compenso per la c.s. Task Force: “Per l'esercizio delle funzioni attribuite con le ordinanze di protezione civile non è prevista la corresponsione di alcun compenso per il Capo del Dipartimento della protezione civile e per i commissari delegati, ove nominati tra i soggetti responsabili titolari di cariche elettive pubbliche. Ove si tratti di altri soggetti, ai commissari delegati si applica l'articolo 23-ter del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e il compenso è commisurato proporzionalmente alla durata dell'incarico, nel limite del parametro massimo costituito dal 70 per cento del trattamento economico previsto per il primo presidente della Corte di cassazione”.
5Comma 1 dell’art. 7 Convenzione europea diritti dell’uomo: “Nessuno può essere condannato per una azione o una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso”.
6L’art. 4 della Convenzione Internazionale dei diritti civili recita, in lingua inglese :” Article 4
1 . In time of public emergency which threatens the life of the nation and the existence of which is officially proclaimed, the States Parties to the present Covenant may take measures derogating from their obligations under the present Covenant to the extent strictly required by the exigencies of the situation, provided that such measures are not inconsistent with their other obligations under international law and do not involve discrimination solely on the ground of race, colour, sex, language, religion or social origin.
2. No derogation from articles 6, 7, 8 (paragraphs I and 2), 11, 15, 16 and 18 may be made under this provision.
3. Any State Party to the present Covenant availing itself of the right of derogation shall immediately inform the other States Parties to the present Covenant, through the intermediary of the Secretary-General of the United Nations, of the provisions from which it has derogated and of the reasons by which it was actuated. A further communication shall be made, through the same intermediary, on the date on which it terminates such derogation”-