Ancora sulla trascrizione del matrimonio same sex
Sulla trascrizione del matrimonio same sex. Nota a margine del Tribunale di Pesaro decreto del 21 ottobre 2014
Introduzione: nota a margine del Tribunale di Pesaro decreto del 21 ottobre 2014
“La trascrizione del matrimonio celebrato all’estero tra coppie dello stesso sesso non è ammissibile in Italia perché quel tipo di matrimonio per l’ordinamento italiano non esiste. Nessun contrasto con la CEDU nella decisione che nega la trascrizione. Lo ha stabilito il Tribunale di Pesaro con decreto del 21 ottobre, con il quale il Tribunale ha accolto la richiesta del Procuratore della Repubblica che chiedeva la cancellazione dai registri dello stato civile del Comune del provvedimento di trascrizione del matrimonio tra due omosessuali, celebrato in Olanda. Secondo il Tribunale, la nozione di matrimonio accolta nell’ordinamento interno impone che si tratti di coppie di sesso diverso, senza che una simile normativa risulti contraria alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. La stessa Corte europea – osserva il Tribunale – ha specificato che “nessuna norma impositiva deriva per gli Stati membri da una interpretazione anche estensiva dell’art. 12 della CEDU”. Per di più – osserva il Tribunale – poiché nell’ordinamento italiano manca una disciplina tra unioni dello stesso sesso e il giudice non può sostituirsi al legislatore, “stabilendo i diritti, le garanzie e gli obblighi delle unioni omosessuali”, la trascrizione deve essere cancellata.”
Introduzione - Perché è vietato il matrimonio omosessuale nel nostro ordinamento?
Il percorso argomentativo normalmente utilizzato per riconoscere il matrimonio same sex nel nostro ordinamento fa leva prevalentemente sulle seguenti fonti: gli arti 2 e 29 del vigente testo costituzionale; la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo del 1948, il cui art. 16, comma 1, dispone che “Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione”; l’art. 12 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali (CEDU); la Corte Costituzionale sentenza n. 138/2010; la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo con la sentenza 24 giugno 2010, Prima Sezione, Schalk e Kopf vs. Austria.
Una visione liberale della società concepisce uno Stato che entri il meno possibile nella vita delle persone: che, dunque, non invada con la sua potestà regolatoria la sfera dei liberi legami affettivi, ma si limiti a disciplinare e a dare forma giuridica alle unioni che rivestono una funzione sociale e in quanto tali accanto al godimento di diritti contemplino l'adempimento di doveri e l'assunzione di responsabilità.
Ma nel XXI secolo, la famiglia disegnata dalla Costituzione come “società naturale fondata sul matrimonio”, è solo quella fondata da due persone di sesso diverso? O forse, non è il caso di dire che “il paradigma eterosessuale” (l’espressione è della Prof.ssa Barbara Pezzini) è entrato irreversibilmente in crisi?
L’istituto del matrimonio same sex sembrerebbe non essere compatibile con l’art. 29, comma 1, Cost., laddove si prevede che “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.
In realtà, non è stato il paradigma eterosessuale a rappresentare il valore sul quale si concentrarono i membri della Costituente: è assodato che nessun riferimento alla condizione degli omosessuali venne fatto nel corso dei dibattiti alla Costituente; ed è parimenti assodato che si considerava indiscutibile il carattere eterosessuale della coppia.
Se vogliamo far leva sull’art. 29 Cost. bisogna dare rilevanza alla frase “la famiglia è società naturale”, ossia la famiglia è la cellula rispondente ad un bisogno primario della persona quale essere relazionale.
In verità, non è tanto sull’art. 29 Cost. che dobbiamo puntare l’attenzione: infatti, l’unione omosessuale, “intesa come stabile convivenza tra due persone dello stesso sesso” rientra tra le formazioni sociali riconosciute e garantite dall’art. 2 cost.. e ad essa, dunque, “spetta il diritto fondamentale di vivere liberamente una condizione di coppia, ottenendone – nei tempi, nei modi e nei limiti stabiliti dalla legge – il riconoscimento giuridico con i connessi diritti e doveri”.
L’esigenza degli omosessuali di costituire legalmente famiglia viene contestata da alcuni in nome di un concetto di famiglia, definito tradizionale e che sembra troppo combaciante con quello della Chiesa e del diritto canonico.
Cercherò di verificare – molto sinteticamente, visto che l’argomento qui è quello della trascrizione - se i caratteri essenziali degli istituti canonistici corrispondenti risultino recepiti dai costituenti o dal diritto civile contemporaneo, in maniera da precludere l’accoglimento delle aspettative degli omosessuali.
Si sostiene che il modello matrimoniale tradizionale dovrebbe presentare il carattere del totius vitae consortium, col conseguente jus connubii, e comprendere anche la procreatio et educatio prolis, quale elemento co-essenziale.
Questo contenuto del concetto di famiglia non risulta da alcun principio specifico enunciato nella Costituzione, ma è frutto di una interpretazione orientata dei suoi enunciati.
Gli elementi di famiglia evocati non appartengano alla concezione di famiglia elaborata dalla cultura nazionale, dalla società e dai nostri legislatori, ma sono i parametri della dottrina canonistica.
Il concetto di consortium totius vitae è già stato escluso dalla legge del n.898 del 1970 sul divorzio e dal regime della famiglia scaturito dalla riforma del diritto di famiglia del 1975.
Queste riforme hanno inciso sia sulla dissolubilità del vincono, cioè sulla sua durata, sia sulla ampiezza del legame posto che oggi i coniugi sono liberi di decidere il regime della famiglia.
La prolis procreatio associata al concetto tradizionale di matrimonio, secondo alcuni, dovrebbe sussistere secondo natura, costituendo, perciò un insormontabile impedimento per gli omosessuali.
E’ un dato di fatto però che l’impossibilità fisica a procreare appartiene alle coppie omosessuali come alle coppie sterili.
Indubbiamente la Costituzione dedica attenzione alla procreazione come evenienza tipica della famiglia fondata sul matrimonio, ma prefigura anche quella naturale, cioè avvenuta fuori del matrimonio. Il che rappresenta quanto comunemente avviene in natura, ma non per questo determina un legame rigido fra i due fenomeni (matrimonio e procreazione), come dimostrato proprio dalla separata considerazione in due articoli della Carta (articoli 29 e 30).
E dunque, forse, l’ostilità verso il matrimonio same sex proviene da un forte retaggio cattolico o dalla difesa della tradizione. Ma gli operatori del diritto non dovrebbero tenere in considerazione questi elementi perché se cosi fosse, esisterebbe ancora il reato di adulterio, il delitto d’onore e il curatore del ventre.