Alla ricerca della felicità: oltre il PIL, alla ricerca del progresso autentico

Da anni esiste un allegato al (DEF) Documento di Economia e Finanza del bilancio statale; è il rapporto BES (Benessere Equo e Solidale) di cui mai si parla. C’è anche chi si occupa della ricerca della felicità

Alla ricerca della felicità: oltre il PIL, alla ricerca del progresso autentico

Da anni, esimi studiosi indicano che il PIL (Prodotto Interno Lordo – GDP in inglese, Gross Domestic Product) è una formula grezza ed incompleta, non idonea a misurare il livello della qualità della vita del cittadino, valida per una prima grossolana misurazione dell’economia di un paese ma di fatto inadatta a valutare l'avanzamento di una società avanzata.

Da anni si diceva. Era il 1968, quando una mente aperta come quella di Robert F. Kennedy, in un intervento alla University of Kansas (andatevi a leggere l’intervento che è alquanto attuale) affermava che l’indice GDP “.. can tell us everything about America except why we are proud that we are Americans”, che tradotto vale che il PIL può dirci tutto dell’Italia eccetto ciò di cui noi siamo maggiormente orgogliosi.

E aggiungeva Kennedy: il PIL calcola positivamente come valore la vendita di serrature speciali per le nostre porte (oggi diremmo impianti di sorveglianza) e calcola anche come valore la galera per le persone che scassano dette serrature. Il PIL conteggia positivamente la distruzione delle foreste, la produzione e fornitura di armi. Eppure, continuava, ancora, il PIL non riesce a valutare positivamente la salute dei nostri ragazzi, la qualità della loro educazione, o la felicità nel loro giocare. Non misura la nostra saggezza né la nostra cultura. Arriva a citare Tacito con il suo “Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant” (dove fanno il deserto, lo chiamano pace).

Il PIL non si accorge se per produrre più danaro si è definitivamente inquinata l’aria e i fiumi o fatta ammalare la popolazione. E’ un indice freddo che nulla ha a che fare con il vero benessere della popolazione. Al PIL, ad esempio, non importa se la ricchezza dello Stato sia in mano a pochi soggetti, l’importante è che sia tanta. Il PIL non conta il lavoro di volontariato né quello delle casalinghe.

La critica al PIL come indice di riferimento è tanto estesa che da anni studiosi di varie nazioni tentano di elaborare un indice autenticamente rivelatore della crescita omnicomprensiva di uno Stato.

Nel 1989, Hermann Daly (economista) e John Cobb (teologo) formarono il nuovo pensiero definito “beyond growth”, oltre la crescita 1 (del PIL), tentando di dare voce scientifica ai parametri non considerati dal PIL, attribuendone valore e dignità d’analisi.

Nasce in questo modo l'Indice di benessere economico sostenibile (in inglese: Index of Sustainable Economic Welfare o ISEW) o anche il (GPI) Genuine Progress Indicator, (in italiano "Indicatore del Progresso Autentico”).

Sulla prevalenza del ISEW/GPI rispetto al GDP/PIL si misura lo scontro fra la visione umanistica e green dello sviluppo economico rispetto a quella neoclassica o neoliberista 2.

I nuovi indici danno valore alla sicurezza sociale, all’inquinamento, alle ripartizione del reddito fra la popolazione, alla disgregazione familiare, e altro ancora.

In Italia, ad esempio, il lavoro del Gruppo di Ecodinamica si occupa dello sviluppo e al calcolo dell’ ISEW, a livello regionale e nazionale.

E’ interessante, ad esempio, osservare i grafici prodotti dall’ecodynamics group, riguardanti la comparazione, nel tempo, del livello di crescita del PIL rispetto al GPI; ad una sommaria osservazione emerge una chiara considerazione circa il blocco della crescita del benessere (GPI) avvenuto attorno agli anni ottanta (ciò di cui tutti ci siamo accorti, sulla nostra pelle) nonostante il continuo incremento del valore del PIL.

Per la provincia di Pescara, poi, i valori addirittura si invertono dando chiaramente valore scientifico al detto “si stava meglio quando si stava peggio”.

 

La Comunità Europea, pure, si è interessata ai nuovi parametri e lo Stato Italiano da parecchi anni assieme alla approvazione del Documento di Economia e Finanza presenta l’annuale rapporto denominato BES (Benessere Economico e Sostenibile).

Il rapporto BES è curato congiuntamente dal CNEL e dall’ISTAT ed è finalizzato all'individuazione delle misure più idonee a rappresentare il progresso del Paese e dei territori verso l'incremento del benessere dei cittadini.

Vengono prese in considerazione 12 macro-variabili (articolate in 130 indicatori). Esse sono:

1. Salute

2. Istruzione e formazione

3. Lavoro e conciliazione dei tempi di vita

4. Benessere economico

5. Relazioni sociali

6. Politica e istituzioni

7. Sicurezza

8. Benessere soggettivo

9. Paesaggio e patrimonio culturale

10. Ambiente

11. Innovazione, ricerca e creatività

12. Qualità dei servizi

Vedasi, ad esempio il rapporto BES 2019 sul sito dell’ISTAT.

Nell’indicatore “Politica e istituzioni” vi sono indicatori che riguardano la giustizia e sono a) Durata dei procedimenti civili e b) Affollamento degli istituti di pena..

Si potrà discutere se questi indicatori siano sufficienti a descrivere il benessere, così come ci si potrà chiedere chi e come decida cosa sia importante e cosa non lo sia.

Fatto sta che è argomento chiarito, pacifico e istituzionalizzato che la misurazione del PIL non è il parametro di riferimento del benessere di una nazione.

Istituzionalizzato in quanto fa ormai parte dell’ordinamento italiano.

Con la legge 163/2016 che modifica l’art. 10 della legge 31 dicembre 2009, n. 196 (la legge di bilancio dello Stato, principale strumento della manovra di finanza pubblica insieme alle legge di stabilità), si è stabilito:

“In apposito allegato al DEF, predisposto dal Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati forniti dall'ISTAT, sono riportati l'andamento, nell'ultimo triennio, degli indicatori di benessere equo e sostenibile selezionati e definiti dal Comitato per gli indicatori di benessere equo e sostenibile, istituito presso l'ISTAT, nonche' le previsioni sull'evoluzione degli stessi nel periodo di riferimento, anche sulla base delle misure previste per il raggiungimento degli obiettivi di politica economica di cui al comma 2, lettera f), e dei contenuti dello schema del Programma nazionale di riforma, di cui al comma 5.
10-ter. Con apposita relazione, predisposta dal Ministro dell'economia e delle finanze, sulla base dei dati forniti dall'ISTAT, da presentare alle Camere per la trasmissione alle competenti Commissioni parlamentari entro il 15 febbraio di ciascun anno, e' evidenziata l'evoluzione dell'andamento degli indicatori di benessere equo e sostenibile, di cui al comma 10-bis, sulla base degli effetti determinati dalla legge di bilancio per il triennio in corso”.

Il Bes entra, quindi, per la prima volta nel processo di definizione delle politiche economiche del paese, portando l’attenzione sul loro effetto anche su alcune dimensioni fondamentali per la qualità della vita.

 

In fin dei conti torniamo alla nostra Costituzione.

Il BES pare un concreto strumento di riferimento per l’applicazione pratica della nostra Carta Costituzionale. Esso attribuisce un punteggio alla mancata possibilità di lavorare (Repubblica democratica fondata sul lavoro), alla disuguaglianza del reddito disponibile e del reddito pro capite (tutti i cittadini hanno pari dignità sociale), sull’uscita precoce dal percorso formativo scolastico (la Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica), ecc.

La Costituzione italiana si è occupata principalmente dell'uomo nella sua integrità.

I padri costituenti avevano visto orrori ben più grandi della povertà e hanno visto che gli squilibri sociali precedenti avevano causato le guerre.

 

rapporto GDP GPI

Efficace e di certo impatto è il grafico delle due linee riportanti il PIL (GDP) e il GPI negli Stati Uniti d’America. (Figura 1: fonte Wikipedia).

Dagli anni ‘70 in poi l’incremento del PIL della nazione non ha affatto contribuito al benessere della popolazione.

In momenti nei quali si parla solo di spread e di PIL, di rapporto deficit/pil e di MES, forse è giusto il momento di chiederci se tutto ciò abbia un senso o se sia, piuttosto, l’ora di abbracciare un nuovo paradigma, magari non perfetto ma senz’altro più concreto e aderente alle esigenze della popolazione.

Il richiamo è al contenuto e non alla forma.

Il PIL potrà essere uno degli indicatori da seguire per regolare l'evoluzione sociale e le mosse della politica. L'incremento del PIL come mezzo, strumento, e non come fine a se stesso. Confondere il mezzo con il fine è sempre cosa sbagliata come insegna il detto degli indiani d'america che il danaro non si mangia ("Quando avrete abbattuto l’ultimo albero, quando avrete pescato l’ultimo pesce, quando avrete inquinato l’ultimo fiume, allora vi accorgerete che non si può mangiare il denaro").

 

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1 - Per un esame storico del pensiero volto al “superamento del PIL” si legga “’Oltre il PIL’ e verso il benessere, per politiche più efficaci” di Eleonora Romano, funzionario presso il Dipartimento del Tesoro del Ministero dell'Economia e delle Finanze.

2 - Simon Kuznets, l'inventore del concetto del PIL, nota nel suo primissimo rapporto al congresso degli Stati Uniti nel 1934: «...il benessere di una nazione [può] a malapena essere desunto dalla misurazione del reddito nazionale.» Fonte Wikipedia

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