Lo Stato ha origine contrattuale, divina o è frutto di una estorsione? Alcune ipotesi a confronto

Alcune teorie a confronto sulla nascita dello Stato: lo Stato quale rappresentazione metafisica, quale frutto di patto fra i cittadini o come istituzionalizzazione di una estorsione della classe dominante.

Lo Stato ha origine contrattuale, divina o è frutto di una estorsione? Alcune ipotesi a confronto

I nostri costituenti, i membri dell’assemblea costituente che elaborarono la Carta Costituzionale italiana, definita un capolavoro da molte parti, cercarono in tutti i modi di limitare e controllare i poteri intrinseci delle varie componenti, in modo che nessuna prendesse il sopravvento.

Gli stessi diritti dei singoli sono sempre posti su uno dei piatti della bilancia dove sull’altro vi è il diritto, o i diritti, della pluralità.

Vi era il profondo timore, in ogni costituente, che si potesse ripresentare il periodo appena concluso: un ventennio di terribile violenza, di negazione della persona, di povertà e miseria.

Gli stessi costituenti, pertanto, erano consapevoli che lo Stato si può proporre quale tiranno: del resto la lunga storia delle nazioni vede la democrazia applicata nascere solamente in epoca recentissima. La legge elettorale voluta dai costituenti era improntata a dare risalto alla massima rappresentatività: un sistema proporzionale puro con le preferenze.

Si può affermare oggi, che lo stato rappresenti i cittadini elettori? Ma poi, questo Stato, cos’è?

Le massime teorie sulla formazione dello Stato si possono inserire in questo schema:

1) lo Stato quale espressione di una volontà metafisica: il giusnaturalismo;

2) lo Stato originato da un contratto sociale;

3) lo Stato quale espressione di estorsione dei più forti (la teoria libertaria, alla quale darò maggiormente spazio perché solitamente la più ignorata).


 

Lo Stato quale espressione di una volontà metafisica: il giusnaturalismo

La sovranità, anche statale, nasce a una rappresentazione del potere quale espressione di una volontà superiore.

In tempi antichi i regnanti erano anche rappresentanti del divino sulla terra.

Fra i filosofi del diritto con questo indirizzo, ad esempio, citiamo Friederick Hegel. Secondo Hegel lo Stato non deriva da un accordo fra individui, singoli cittadini, ma quale realizzazione della volontà universale.

Lo stesso Hegel (che ambiva tenere buoni rapporti con l’aristocrazia) sulla sua opera “Filosofia del diritto” scriveva che:

Lo stato inteso come la realtà della volontà sostanziale, realtà ch’esso ha nell’autocoscienza particolare innalzata alla sua universalità, è il razionale in sé e per sé. Questa unità sostanziale è assoluto immobile fine in se stesso, nel quale la libertà perviene al suo supremo diritto, così come questo fine ultimo ha il supremo diritto di fronte agli individui, il cui supremo dovere è d’esser membri dello stato.

Il termine assoluto immobile richiama la Metafisica di Aristotele e il suo “motore immobile”.

Hegel afferma che “lo stato è la realtà dell’idea etica – lo spirito etico, inteso come la volontà sostanziale, manifesta, evidente a sé stessa, che pensa e sa sé e porta a compimento ciò che sa in quanto lo sa”.

E, giusto per rendere chiaro il pensiero, afferma: “lo stato è volontà divina, come spirito presenziale, come spirito esplicantesi a reale figura e organizzazione di un mondo”.

Il cittadino, secondo Hegel, ha il dovere di essere membro dello Stato, il quale ultimo, essendo rappresentante della volontà superiore ha “il supremo diritto di fronte agli individui”. Ciò significa anche diritto di condannare a morte.


 

Questo assoluto metafisico che porta a concepire il diritto dello Stato nella sua massima estensione, fino a poter decretare la morte dei propri cittadini o a muovere alla guerra, non fa il paio fra altri, con il pensiero di uno dei padri della chiesa cattolica, Sant’Agostino, che prendeva le distanze dal potere secolare, potere che definiva come “male necessario”.

Nella concezione agostiniana l'affermazione del potere secolare nasce da una necessaria conseguenza del peccato. La città di Dio, l’ideale celeste, nello scendere si contamina del peccato.

Si può citare, qui, il Capograssi 1, il quale non si discosta dalla visione agostiniana e afferma che l’esperienza giuridica prepara quella morale. Esse si richiamano a vicenda e formano l’esperienza etica, che le esprime entrambe. L’individuo ha in sé due opposte forze, una che spinge ad inerire alla verità, l’ altra che ostacola la tendenza al vero. L’azione è volontà di vivere secondo verità, ma la volontà può deviare, subire il condizionamento dei sensi fino a volere la vita non più secondo verità, ma secondo fini particolari che negano l’oggettività e l’universalità dell’ordine che presiede alla vita.

L’assolutismo statale Hegeliano viene ostacolato non solo dal pensiero cattolico ma da quello che si definisce genericamente come giusnaturalismo.

Con questo termine si intendono in senso lato tutte le dottrine che postulano l'esistenza di un "diritto naturale" (ius naturale), ossia un insieme di norme dedotte dalla "natura" e conoscibili dall'uomo, solitamente viste in contrapposizione, e superiori, a quelle emanate da un sistema di coesistenza umana storicamente dato ("diritto positivo").

Aristotele nella sua Etica nicomachea scrive: "Naturale è quel giusto che mantiene ovunque lo stesso effetto e non dipende dal fatto che a uno sembra buono oppure no; fondato sulla legge è quello, invece, di cui non importa nulla se le sue origin sian tali o talaltre, bensì importa com'esso sia, una volta che sia sancito".

Compito del diritto naturale e del giusnaturalista è di tentare di portare le leggi umane quanto più vicine a quelle naturali, aventi valore universale.


 

Il contratto sociale quale origine dello Stato

La corrente di pensiero più nota, nel pensiero e cultura moderna, è quella secondo cui lo Stato nasce per convenzione fra individui, i quali sacrificano, parzialmente, la propria libertà per essere tutelati da una entità superiore e collettiva, lo Stato.

Nata nel periodo illuminista, quando gli arricchiti borghesi, desiderosi di scardinare ogni filosofia giustificatrice del potere della nobiltà, appoggiarono pienamente una filosofia che valorizzasse la cittadinanza ed il ruolo del popolo.

Cesare Beccaria, nel suo “Dei delitti e delle pene”, ispirandosi esplicitamente a Montesquieu, scrive: “Le leggi sono le condizioni, colle quali uomini indipendenti ed isolati si unirono in società, stanchi di vivere in un continuo stato di guerra e di godere una libertà resa inutile dall’incertezza di conservarla. Essi ne sacrificarono una parte per goderne il restante con sicurezza e tranquillità. La somma di tutte queste porzioni di libertà sacrificate al bene di ciascheduno forma la sovranità di una nazione, ed il sovrano è il legittimo depositario ed amministratore di quelle”.

Il potere dello Stato non può superare i limiti del patto sociale e nessuno pone nelle mani esterne più potere di quanto necessiti secondo il fine pattuito; in particolare nessuno porrà nelle mani dello Stato il sacrificio ultimo, il diritto di vita e di morte: “ … Fu dunque la necessità che costrinse gli uomini a cedere parte della propria libertà: egli è adunque certo che ciascuno non ne vuol mettere nel pubblico deposito che la minima porzion possibile, quella sola che basti a indurre gli altri a difenderlo …”. Aggiungendo: “Ogni pena che non derivi dall’assoluta necessità, dice il grande Montesquieu, è tirannica; proposizione che si può rendere più generale così: ogni atto di autorità di uomo a uomo che non derivi dall’assoluta necessità è tirannico”.


 

Lo Stato quale espressione del potere di coercizione dei più forti: la teoria libertaria

Non si studiano a scuola ma esistono altre teorie sul come uno Stato si forma secondo le caratteristiche odierne.

Una caratteristica lezione sulla forma meno nota (o più scomoda) della formazione dello stato moderno ci viene dall’avv. Fusillo il quale racconta un fatto storicamente documentato, sulla nascita degli stati normanni. Il tutto si trova in un interessante video di Youtube seguendo questo LINK.

Riporto qui di seguito le argomentazioni e la descrizione del fenomeno storico, riportate dall’avv. Fusillo, riportando quasi testualmente le sue parole.

Afferma, l’avvocato, che non è altro che una vulgata del nostro mondo moderno l'idea che l'origine degli Stati sia di natura contrattuale, vale a dire il famoso contratto sociale, di cui sopra abbiamo parlato.

Questo, afferma, è il mito fondante degli stati moderni, mito che si collega al mito democratico che vuole gli Stati comunque espressione della volontà dei cittadini e quindi una narrazione secondo la quale gli amministratori pubblici, i presidenti, i parlamentari, i ministri ecc. non sarebbero altro che una sorta di incaricati dei cittadini, e secondo l’espressione anglosassone, i servitori dello Stato.

Sarebbero sostanzialmente dei delegati dei cittadini e farebbero quello che attraverso il processo democratico i cittadini vorrebbero fosse fatto.

Secondo la teoria libertaria questa è solo una mitologia, non diversa da quella che voleva il faraone essere il dio del sole o il re e il rappresentante di Dio sulla terra. Sarebbe sostanzialmente la stessa cosa, vale a dire un mito che non esiste nella realtà.

La realtà, invece, su come sono nati gli stati, come molte ricerche sociologiche e paleoantropologiche ci evidenziano, sarebbe ben diversa.

Un esempio molto interessante, che è anche vicino a noi nel tempo, è quello degli Stati Normanni.

Gli stati Normanni sono la derivazione dei Vichinghi. Tutti sappiamo che i Vichinghi erano dei guerrieri scandinavi che a bordo delle loro navi da guerra, dall'alto medioevo in poi, facevano scorrerie ovunque in Europa.

Soprattutto nel periodo più antico, nell'Ottocento - Novecento dopo Cristo, si racconta di scorrerie molto pericolose, perché le navi vichinghe erano particolarmente adatte, non solo per la navigazione marittima, ma anche per risalire i fiumi. Si racconta, per esempio, di un assedio di Parigi fatto dai vichinghi che con le loro navi risalirono la Senna fino ad arrivare a Parigi, opprimendo i cittadini e ogni volta che i vichinghi arrivavano da qualche parte la storia era sempre quella: morte, distruzione, violenza, ruberie generalizzate. Le città venivano saccheggiate dai soldati, le donne violentate e rapite.

E qui comincia la parte che interessa l’origine degli stati.

Accadde, che stanchi di questi raid, di queste scorribande, gli amministratori delle varie città assediate tentarono, e nel tempo ci riuscirono, a mettersi d'accordo con gli assalitori, cioè riuscivano a mettersi d'accordo con il capo vichingo di turno. In cambio di un tributo, di un riscatto, di una parte della ricchezza della città assediata, i vichinghi se ne andavano lasciando in pace la città.

Si aggiunge, in questa descrizione storica, che da un certo punto in poi tutto ciò inizia ad accadere sempre più di frequente. Vi è una convenienza reciproca, ovviamente, in tutto ciò.

Vi era una convenienza da parte dei vichinghi, poiché, in ogni caso, assediare una città ed espugnare le mura e, genericamente, combattere contro dei cittadini che si sarebbero in ogni caso difesi, era ovviamente associato ad un rischio. I vichinghi potevano anche perdere, potevano morire in battaglia, perdere equipaggiamenti, risorse, in genere.

Ben presto i capi vichinghi si rendono conto di un altro effetto intelligente di questa politica, cioè la città che paga il riscatto e che quindi evita la distruzione ed il saccheggio, rimane lì con tutti i cittadini, con le attività economiche, con le botteghe e per quanto possa essere stata dilapidata dal riscatto che le era stato imposto, rimane un valore che dopo qualche anno può tornare utile; i vichinghi potevano ritornare per imporre un altro riscatto.

In questo modo, con queste modalità, nascono, molto lentamente nel corso dei secoli, grandissimi stati vichinghi che si sono spinti in tutta Europa. In Italia, ad esempio, abbiamo lo stato normanno in Italia meridionale. In Francia viene istituito lo stato Normanno che sarà molto importante e lentamente soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra vichinghi e l'Inghilterra medievale si instaura un rapporto in cui questo pagamento del riscatto diventa sempre più istituzionalizzato, i vichinghi non vengono più una volta ogni tanto quando decidono di fare una spedizione.

Il riscatto diventa a questo punto istituzionalizzato e va pagato ogni anno, diventa un tributo.

Lentamente, la società guerresca e violenta dei vichinghi si trasforma in uno stato come tanti altri, il cui tratto fondamentale è quello del tributo.

Questa modalità di imposizione delle tasse è la vera storia della nascita, dell’origine, degli Stati moderni.

Continua questa illustrazione spiegando che esempi come quello dei vichinghi ce ne sono moltissimi nella storia dell'umanità, anche molto più antichi.

Nella sostanza, e alla luce di questi dati storici, gli stati non nascono da nessun contratto tra i cittadini, non nascono da un accordo. Gli stati nascono dalla istituzionalizzazione di una casta di predoni che spesso sono guerrieri, sono persone che vivono di saccheggi di guerre e di distruzione: Si faccia l’esempio dei mongoli, le armate di Gengis Khan, ma così come altri possibili esempi.

Guerrieri che diventano esattori delle imposte; il sistema è sempre lo stesso.

Secondo questa teoria, l'idea che vi sia alla base un contratto fra cittadini sarebbe solamente la ciliegina sulla torta, una ricostruzione favolistica promossa dalla casta di predoni che continua a dominare, in modo che il cittadino non pensi di essere soggetto a una forma di parassitismo e di sfruttamento ma abbia l’illusione di essere lui stesso, assieme al resto della compagine sociale, a decidere quali tasse vadano imposte.


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1 - Giuseppe Capograssi giurista e filosofo cattolico (1889 - 1956)

 

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