Patto di quota lite e compensi proporzionati all'attivita' espletata: le SS.UU.
Secondo la corte di cassazione (25012/14) la proporzione e la ragionevolezza nella pattuizione del compenso rimangono l'essenza comportamentale richiesta all'avvocato. Rilievi deontologici

Interessante pronuncia della Suprema Corte a Sezioni Unite (Sentenza del 25/11/2014 n. 25012) in ordine alla legittimità della richiesta di compenso da parte del legale proporzionata all'entità del risultato raggiunto dall'attività professionale. Considerazioni sul patto di quota lite e sulle nuove norme professionali forensi.
Il caso: steso un "patto di quota lite" e fatto sottoscrivere da un proprio cliente, un legale del foro di Trento chiedeva il pagamento del 30% di quanto concesso in via provvisionale al proprio assistito, vittima di un grave incidente stradale. Compenso professionale ammontante, a quel punto e con tale percentuale, a ben 240.000,00 euro.
Della vicenda si occupa l'organo disciplinare dell'ordine competente il quale commina la sanzione della sospensione professionale. Seguono i ricorsi al Consiglio Nazionale Forense e il successivo ricorso in Corte di Cassazione. Quest'ultima decide a sezioni unite con Sentenza del 25/11/2014 n. 25012.
Secondo la Corte di Cassazione, "... l’art. 43, punto II, del codice deontologico forense, ... vieta all’avvocato di “richiedere compensi manifestamente sproporzionati all’attività svolta”. L’aleatorietà dell’accordo quotalizio non esclude la possibilità di valutarne l’equità: se, cioè, la stima effettuata dalle parti era, all’epoca della conclusione dell’accordo che lega compenso e risultato, ragionevole o, al contrario, sproporzionata per eccesso rispetto alla tariffa di mercato, tenuto conto di tutti i fattori rilevanti, in particolare del valore e della complessità della lite e della natura del servizio professionale, comprensivo dell’assunzione del rischio".
L’avvocato potrà pure pattuire compensi proporzionati al raggiungimento degli obiettivi raggiunti ma nel farlo dovrà rispettare il principio secondo il quale i compensi saranno proporzionati all’attività espletata.
Tratto distintivo continuamente richiamato nel caso di specie è la necessaria aleatorietà. Il giudice a quo, si scrive in motivazione, "osserva che il patto di quota lite integra un contratto aleatorio in quanto il compenso varia in funzione dei benefici ottenuti in conseguenza dell’esito favorevole della lite e il suo tratto caratterizzante è dato, appunto, dal rischio, perchè il risultato da raggiungere non è certo nel quantum nè, soprattutto, nell’an". Fattore, questo, contestato nel caso di interesse stante che non vi erano dubbi sul diritto dell'infortunato ad ottenere quella somma poi ottenuta.
Di seguito il testo di:
Corte di Cassazione Sezioni Unite, Sentenza del 25/11/2014 n. 25012
Svolgimento del processo
1. – L’avvocato S.C. è stato sottoposto a procedimento disciplinare dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Trento per violazione dell’art. 38, della legge professionale forense (approvata con il R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, convertito, con modificazioni, nella L. 22 gennaio 1934, n. 36) e degli artt. 5, 6 e 45 del codice deontologico forense, perchè, in data 27 settembre 2008, otteneva dal proprio assistito Sa.Zi., nato in (OMISSIS), la sottoscrizione di una scrittura privata denominata “patto di quota lite”, e successivamente tentava di farne valere il contenuto.
In detta scrittura privata si legge che: il signor Sa.Zi. dichiara di non avere redditi e di stipulare per tale motivo il patto di quota lite a garanzia del pagamento dei corrispettivi professionali dell’avv. S.; l’avv. S. si impegna ad anticipare i costi delle cause per conto del signor Sa.Zi. con riserva di recuperarli appena ottenuto il risarcimento; l’avv. S. si impegna a svolgere l’attività di assistenza e di difesa del signor Sa.Zi. con professionialità e competenza, a non richiedere anticipazioni in denaro a titolo di spese, diritti ed onorari di causa e contributi, promuovendo ogni procedura penale, civile e amministrativa necessaria per ottenere il risarcimento dei danni subiti dal signor Sa.Zi. nel sinistro stradale avvenuto in data (OMISSIS). Nella scrittura privata si prevede che il signor Sa.Zi., appena ottenuto il risarcimento anche parziale a titolo provvisionale, si obbliga, con l’avv. S. C., a corrispondergli il 30% di quanto incassato, oltre alla rifusione dei costi tutti anticipati (prima e dopo la sottoscrizione del patto). A tal fine, lo stesso Sa. conferisce all’avv. S. espressamente ed irrevocabilmente il potere di riscuotere le somme di denaro per suo conto, trattenendo quanto di sua spettanza a titolo di competenze, diritti ed onorari nella misura concordata del 30%; e il Sa. si impegna a non sollevare alcun tipo di eccezione al momento del pagamento. Nella scrittura privata si prevede infine che il documento viene redatto in unico originale e trattenuto dall’avv. S.; e che, in caso di revoca del mandato, il Sa. è obbligato al pagamento del 30% a titolo di penale.
All’epoca di stipulazione della scrittura privata – precisa il capo di incolpazione – il Sa. viveva in Italia in condizioni di clandestinità, era privo di documenti identificativi, era invalido al 95% in conseguenza del sinistro stradale, era incarcerato per effetto di precedenti condanne penali e, pertanto, in condizioni psicofisiche gravemente menomate, con conseguenti obiettive difficoltà rispetto ad una compiuta e completa comprensione, verosimilmente anche sotto il profilo linguistico, del contenuto del documento sottopostogli ai fini della sottoscrizione.
L’avvocato è stato quindi incolpato di violazione dei fondamentali doveri di fedeltà, probità, dignità e decoro, lealtà e correttezza per avere richiesto compensi sproporzionati rispetto all’attività svolta.
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