Il collocamento presso la madre non è un automatismo: basta con il pregiudizio a danno del padre
Anche il padre può essere degno affidatario del figlio minore. Basta l'automatismo a favore della madre. Una netta presa di posizione del Tribunale di Catania, Ordinanza 02/12/2016

Il giudice può disporre una perizia attitudinale per valutare quale dei due genitori sia maggiormente idoneo a tenere con sé il minore, senza seguire “il non confessato pregiudizio di fondo secondo cui i figli starebbero meglio con le madri”.
La pronuncia in commento potrebbe segnare una decisiva svolta in tema di collocamento dei figli minori. Invero, il giudice siciliano si limita a dare applicazione al principio di bigenitorialità1, già stabilito dal legislatore con l’art. 337 ter c.c., ma lo fa contrastando la costante giurisprudenza che, da sempre, favorisce la madre come collocataria dei minori.
La decisione di cui trattasi, mercé un’articolata motivazione, ha statuito il collocamento del figlio presso il padre e disposto un assegno di mantenimento in capo alla madre. A seguito della perizia, infatti, il Tribunale catanese ha ritenuto entrambi i genitori idonei all’affido condiviso del figlio e lo ha collocato con il padre, ritenendolo persona emotivamente più equilibrata, psicologicamente più solida e decisamente meglio orientata alla percezione della realtà e ai doveri verso il minore. La madre, dunque, è tenuta a versare un assegno, quantificato in euro 500,00, per il mantenimento del bambino, oltre a contribuire alle spese straordinarie nella misura della metà.
Nel suo lungo percorso delibativo, il Tribunale catanese confuta «il non confessato pregiudizio di fondo secondo cui i figli starebbero meglio con le madri», sostenendo che i bambini siano di ambedue i genitori, i quali hanno, con riferimento ad essi, uguali diritti ed uguali doveri; infatti, in mancanza di prove del contrario, entrambi si devono presumere idonei a esercitare le loro responsabilità e a divenire affidatarii e/o collocatari dei figli. Inoltre, i provvedimenti che dispongono l'affidamento e/o il collocamento della prole presso i padri non richiedono motivazioni ulteriori e diverse rispetto a quelli che dispongono l'affidamento e/o il collocamento presso le madri. Il giudice sottolinea, altresì, come sia proficuo per i padri divenire collocatari giacché, in tal guisa, si avvedono delle difficoltà che derivano dalla gestione dei figli senza muovere sterili critiche all’altro genitore. A tal proposito, la decisione in commento stigmatizza la condotta di alcune madri collocatarie che, spesso, si convincono di essere le uniche custodi del bene dei figli. Ad avviso del giudicante, dunque, lasciare i piccoli al padre, potrebbe aiutare le suddette madri a ridimensionare adeguatamente il loro ruolo e ad esercitarlo con maggiore oggettività. Il giudice, quindi, auspica un numero crescente di provvedimenti di collocamento dei minori presso i padri per contribuire alla diminuzione di quelli che definisce "padri disimpegnati" e "madri proprietarie".
Si ricorda che il collocamento può assumere tre diverse forme: a) collocamento prevalente: in cui i figli risiedono in prevalenza presso l’abitazione del genitore considerato più idoneo; b) collocamento alternato o turnario: in questo caso, i figli alternano periodi con ciascun genitore; c) collocamento invariato (la forma più inusuale) in cui i figli risiedono stabilmente in un’abitazione ed i genitori si alternano.
La prima forma di collocamento, quello prevalente, è la più diffusa e conforme alle esigenze della prole, in quanto continui cambiamenti di casa e di luoghi possono destabilizzare il minore. L’obiettivo che il genitore collocatario deve perseguire è quello di far mantenere ai figli un valido rapporto con l’altro genitore. Spesso la situazione di conflittualità tra i coniugi ne rende arduo il raggiungimento, nondimeno occorre evitare stolide ed inani ripicche e mirare al coronamento del superiore interesse del minore. Preme, altresì, ricordare come, per il genitore non collocatario risulti più complesso mantenere vivo il legame con il figlio stante la distanza e la mancanza della convivenza. In ragione di ciò l’altro coniuge deve adoperarsi per facilitarlo, superando i rancori personali.
Avv. Marcella Ferrari
Avvocato del Foro di Savona
1 I figli hanno diritto di mantenere un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori (art. 337 ter c.c.).
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Di seguito il testo di
Tribunale di Catania, Ordinanza 02/12/2016
TRIBUNALE DI CATANIA
Prima Sezione Civile
ORDINANZA
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