Una differenza culturale ed etnica non giustifica mai la violenza sessuale o maltrattamenti
La scriminante per ragioni culturali e religiose nella violenza sessuale o maltrattamenti o violazione degli obblighi di assistenza familiare. Cassazione penale Sentenza n. 8986/2020

Il fatto.
Un cittadino extracomunitario si rendeva responsabile di violenza sessuale, maltrattamenti e lesioni aggravate nei confronti della propria convivente more uxorio.
Nel giudizio penale instauratosi, l’imputato si difendeva lamentando carenza di documentazione ginecologica circa la violenza sessuale. Il giudizio del merito, tuttavia aveva attribuito valore (oltre che alla deposizione testimoniale della vittima) alle numerose lesioni ed ematomi documentalmente provate del tutto compatibili con l’aggressione subita.
L’imputato ricorrente per cassazione, inoltre, riteneva non fosse stata tenuta in debita considerazione la scriminante ex art. 51 c.p., in ordine ai reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali, non essendosi dato alcun rilievo ai fini della dosimetria della pena, alle particolari connotazioni culturali e religiose proprie dell'imputato.
La testimonianza della persona offesa nell'accertamento di reati sessuali
Il caso viene sottoposto all’esame della Corte di Cassazione penale Sez. III, la quale decide con Sentenza n. 8986 depositata in cancelleria in data 05 marzo 2020.
Nel reato di violenza sessuale, chiarisce la Corte, “la deposizione della persona offesa, seppure non equiparabile a quella del testimone estraneo, può essere assunta anche da sola come fonte di prova della colpevolezza, ove venga sottoposta ad un'indagine positiva sulla credibilità soggettiva ed oggettiva di chi l'ha resa”, stante che “l'accertamento dei fatti dipende necessariamente dalla valutazione del contrasto delle opposte versioni di imputato e parte offesa, soli protagonisti dei fatti, in assenza, non di rado, anche di riscontri oggettivi o di altri elementi atti ad attribuire maggiore credibilità, dall'esterno, all'una o all'altra tesi”.
Le attenuanti della violenza sessuale
La Corte ricorda come nel reato di violenza sessuale possa chiedersi il riconoscimento della diminuente, qualora, nella valutazione globale del fatto, possa ravvedersi una minore gravità dei fatti riconducibile ai seguenti elementi:
- le modalità esecutive,
- il grado di coartazione esercitato sulla vittima,
- le condizioni fisiche e psicologiche della vittima,
- l’età e la differenza di età.
Aggiunge, infine, che ai “fini del diniego della stessa attenuante è sufficiente la presenza anche di un solo elemento di conclamata gravità”.
Insussistenza della invocata scriminante per ragioni culturali e religiose
Tranchant la risposta della Suprema Corte alla lamentele del ricorrente circa la mancata applicazione della scriminante art art. 51 c.p. per non aver tenuto nella debita considerazione le peculiarità culturali e religiose dell’imputato. Argomentazioni che la Corte bolla come incomprensibili e apodittiche.
E ricorda l’indirizzo giurisprudenziale consolidato secondo il quale
“ lo straniero imputato di un delitto contro la persona o contro la famiglia (nella specie: maltrattamenti in famiglia, violenza sessuale, violazione degli obblighi di assistenza familiare) non può invocare, neppure in forma putativa, la scriminante dell'esercizio di un diritto correlata a facoltà asseritamente riconosciute dall'ordinamento dello Stato di provenienza, qualora tale diritto debba ritenersi oggettivamente incompatibile con le regole dell'ordinamento italiano, in cui l'agente ha scelto di vivere, attesa l'esigenza di valorizzare - in linea con l'art. 3 Cost. - la centralità della persona umana, quale principio in grado di armonizzare le culture individuali rispondenti a culture diverse, e di consentire quindi l'instaurazione di una società civile multietnica”.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione penale Sez. III, Sentenza n. 8986 dep. 05/03/2020
FATTI DI CAUSA
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