Sul dritto alla quota del TFR dell’altro coniuge nel caso della revoca dell’assegno divorzile
Revoca dell’assegno di mantenimento divorzile e conseguenze sul diritto al Trattamento di Fine Rapporto dell’ex coniuge. Cassazione Ordinanza n. 4499/2021

La Corte di Cassazione, Sez. I, riproduce e riassume, con Ordinanza n. 4499 depositata in data 19 febbraio 2021, i principi cardine che regolano la possibilità di chiedere (e in quale misura) la quota del Trattamento di Fine Rapporto liquidato a favore dell’altro coniuge.
Il caso prendeva origine dalla richiesta di un ex coniuge ad avere riconosciuto il diritto al 40 per cento del TFR ottenuto dall’altro coniuge. Questi si difendeva adducendo che il primo non era più titolare di un assegno di mantenimento divorzile, essendo stato lo stesso revocato. I giudizi di merito concordemente accoglievano la domanda di riconoscimento del diritto al TRF.
Una panoramica in materia può essere esaminata nel seguente commento, pubblicato in questa stessa Rivista: “Il TFR in sede di divorzio può essere chiesto solamente prima della maturazione del diritto”.
L’odierno arresto conferma l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi in materia, avendo, tuttavia, il merito di riassumere i fondamentali principi regolatori. Si aggiunga la particolarità del caso, vale a dire l’intervenuta revoca dell’assegno di mantenimento concesso in sede di divorzio: le conseguenze della revoca sul diritto al TFR.
Principi in materia di diritto al TFR del coniuge
Sempre fermo che l’art. 12-bis, come modificato dalla L. n. 74 del 1987, prescrive che: "il coniuge nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del matrimonio ha diritto, se non passato a nuove nozze e in quanto sia titolare di assegno ai sensi dell'art. 5, ad una percentuale dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge all'atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l'indennità viene a maturare dopo la sentenza".
Con la specificazione che vanno escluse eventuali anticipazioni riscosse durante la convivenza matrimoniale o la separazione personale, essendo le stesse definitivamente entrate nell'esclusiva disponibilità dell'avente diritto.
Una ulteriore precisazione temporale riguarda le more del giudizio di divorzio, momento nel quale il coniuge richiedente da un lato non è ancora titolare dell'assegno di mantenimento concesso in sede di divorzio (che può arrivare con provvedimento conclusivo del giudizio) ma che da altro lato ha già richiesto giudizialmente.
Il sorgere del diritto alla quota dell'indennità di fine rapporto, ricorda la Corte, presuppone che l'assegno sia stato liquidato dal giudice nel giudizio di divorzio (non invece, ad esempio, qualora sia frutto di un accordo intercorso fra le parti).
Secondo principio giurisprudenziale consolidato, sussiste il diritto al TFR qualora maturi il trattamento di fine rapporto dopo il deposito del ricorso per divorzio e prima della sentenza che lo concluda in via definitiva (“… dopo il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio ovvero di quella, ancora successiva, che lo abbia liquidato”, e ancora “indipendentemente dalla decorrenza dell'assegno di divorzio, ove l'indennità sia percepita dall'avente diritto dopo la domanda di divorzio, al definitivo riconoscimento giudiziario della concreta spettanza dell'assegno è riconnessa l'attribuzione del diritto alla quota di T.F.R.”).
E’ un caso di retroattività degli effetti patrimoniali della sentenza a partire dalla data della domanda.
Altra precisazione è la seguente: la sussistenza delle condizioni previste dalla legge va verificata al momento in cui matura per l'altro ex coniuge il diritto alla corresponsione del trattamento di fine rapporto.
Ancora, si conferma che il coniuge, qualora sussistono i presupposti, ha il diritto a percepire una percentuale pari al 40% dell'indennità di fine rapporto percepita dall'ex coniuge divorziato, riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro era coinciso con il matrimonio, matrimonio che si interrompe solo con il divorzio e continua, invece, a decorrere durante la separazione.
Revoca dell’assegno di mantenimento divorzile e diritto al TFR
Il caso di specie conteneva una particolare e non comune fattispecie: l’assegno di divorzio, dopo essere stato concesso, era stato revocato in un separato giudizio.
Al fine di affrontare questa specifica particolarità la Corte esamina i principi che portano alla definitività del provvedimento, al giudicato.
Afferma, infatti, che l'accertamento e la liquidazione dell'assegno divorzile deve intervenire per provvedimento che sia non più impugnabile in punto di sussistenza ab origine dei presupposti legittimanti il riconoscimento.
Rimangono da considerare gli effetti di un eventuale provvedimento di revoca.
La S.C. utilizza quale parametri di riferimento la permanenza dei provvedimenti riguardanti l'assegno di divorzio i quali “ ... conservano la loro efficacia, sino a quando non intervenga la modifica di tale provvedimento, rimanendo del tutto ininfluente il momento in cui di fatto sono maturati i presupposti per la modificazione o la soppressione dell'assegno”.
Ciò attribuisce, secondo la Corte, carattere di intangibilità e stabilità ai provvedimenti stessi, non sussistendo effetto retroattivo per l’eventuale provvedimento di modifica o revoca.
Conclude la Corte con la seguente affermazione:
“Il diritto alla quota del T.F.R. spetta all'ex coniuge titolare di assegno divorzile, che del primo costituisce il presupposto, ove quel trattamento sia stato corrisposto all'altro ex coniuge dopo la proposizione della domanda di divorzio e non può essere posto nel nulla dalla sopravvenuta revoca dell'assegno stesso, destinata ad operare ex nunc, a far data dalla proposizione della relativa domanda”.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Sez. I, Ordinanza n. 4499 del 19/02/2021
FATTI DI CAUSA
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