Vaccinazione anti-covid e rapporto di lavoro. Dato protetto da privacy secondo il Garante
Vaccinazione anti-covid e rapporto di lavoro. Possibile il licenziamento di chi rifiuta la vaccinazione? E può imporsi come obbligatoria la vaccinazione? Alcune argomentazioni su provvedimento del Garante Privacy e Consiglio d'Europa

Un recente intervento (una pagina FAQ del sito ufficiale) dell’Autorità Garante per la protezione dei dati personali affronta un tema molto sentito e dibattuto in materia di rapporto di lavoro e vaccinazione anti-covid.
Il datore di lavoro non può chiedere al dipendente i dati sulla vaccinazione
Chiarisce il Garante Privacy che “il datore di lavoro non può chiedere ai propri dipendenti di fornire informazioni sul proprio stato vaccinale o copia di documenti che comprovino l‘avvenuta vaccinazione anti Covid-19. Ciò non è consentito dalle disposizioni dell’emergenza e dalla disciplina in materia di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” e continua affermando che “il datore di lavoro non può considerare lecito il trattamento dei dati relativi alla vaccinazione sulla base del consenso dei dipendenti, non potendo il consenso costituire in tal caso una valida condizione di liceità in ragione dello squilibrio del rapporto tra titolare e interessato nel contesto lavorativo (considerando 43 del Regolamento)”.
Obbligo del vaccino e licenziamento – o demansionamento
Ancora più sentito è il tema della possibilità di accedere al luogo di lavoro senza la vaccinazione, visto che da più parti (compreso il Vaticano) si moltiplicano i diktat datoriali.
Il Garante Privacy risponde alla domanda se la vaccinazione anti covid-19 dei dipendenti può essere richiesta come condizione per l’accesso ai luoghi di lavoro e per lo svolgimento di determinate mansioni (ad es. in ambito sanitario).
Qui la risposta è meno netta. Una sorta di “ni”.
Risponde il garante: “Nell’attesa di un intervento del legislatore nazionale che, nel quadro della situazione epidemiologica in atto e sulla base delle evidenze scientifiche, valuti se porre la vaccinazione anti Covid-19 come requisito per lo svolgimento di determinate professioni, attività lavorative e mansioni, allo stato, nei casi di esposizione diretta ad "agenti biologici" durante il lavoro, come nel contesto sanitario che comporta livelli di rischio elevati per i lavoratori e per i pazienti, trovano applicazione le “misure speciali di protezione” previste per taluni ambienti lavorativi (art. 279 nell’ambito del Titolo X del d.lgs. n. 81/2008).
In tale quadro solo il medico competente, nella sua funzione di raccordo tra il sistema sanitario nazionale/locale e lo specifico contesto lavorativo e nel rispetto delle indicazioni fornite dalle autorità sanitarie anche in merito all’efficacia e all’affidabilità medico-scientifica del vaccino, può trattare i dati personali relativi alla vaccinazione dei dipendenti e, se del caso, tenerne conto in sede di valutazione dell’idoneità alla mansione specifica.
Il datore di lavoro dovrà invece limitarsi ad attuare le misure indicate dal medico competente nei casi di giudizio di parziale o temporanea inidoneità alla mansione cui è adibito il lavoratore (art. 279, 41 e 42 del d.lgs. n.81/2008)”.
Il Garante Privacy con questa risposta sembra smentire quanto affermato in risposta alla prima domanda. Il datore di lavoro non deve sapere se il dipendente si sia vaccinato, tuttavia il lavoro (o alcune mansioni) potrebbe essere tolto o vietato ai non vaccinati.
La soluzione data dal Garante è originale e fa incombere al “medico competente” tutta la responsabilità sulla possibilità del lavoratore non vaccinato di poter procedere con il proprio lavoro oppure no. Il datore di lavoro dovrebbe chiedere al “medico competente” se possa utilizzare il proprio personale, e limitarsi a seguire le indicazioni del medico su come gestire un lavoratore dichiarato (dal medico) inidoneo alla mansione. Per medico competente dovremo considerare, sulla base della normativa richiamata dall'Autorità Garante, il medico del lavoro.
Il dipendente può essere licenziato se non si vaccina?
Il Garante Privacy cita a fondamento del proprio parere l’art. 279 del D.Lgs. 81/2008 (T.U. sulla Sicurezza sul Lavoro) che riportiamo per completezza.
Articolo 279 - Prevenzione e controllo
1. I lavoratori addetti alle attività per le quali la valutazione dei rischi ha evidenziato un rischio per la salute sono sottoposti alla sorveglianza sanitaria.
2. Il datore di lavoro, su conforme parere del medico competente, adotta misure protettive particolari per quei lavoratori per i quali, anche per motivi sanitari individuali, si richiedono misure speciali di protezione, fra le quali:
a) la messa a disposizione di vaccini efficaci per quei lavoratori che non sono già immuni all'agente biologico presente nella lavorazione, da somministrare a cura del medico competente;
b) l'allontanamento temporaneo del lavoratore secondo le procedure dell'articolo 42
3. Ove gli accertamenti sanitari abbiano evidenziato, nei lavoratori esposti in modo analogo ad uno stesso agente, l'esistenza di anomalia imputabile a tale esposizione, il medico competente ne informa il datore di lavoro.
4. A seguito dell'informazione di cui al comma 3 il datore di lavoro effettua una nuova valutazione del rischio in conformità all'articolo 271.
5. Il medico competente fornisce ai lavoratori adeguate informazioni sul controllo sanitario cui sono sottoposti e sulla necessità di sottoporsi ad accertamenti sanitari anche dopo la cessazione dell'attività che comporta rischio di esposizione a particolari agenti biologici individuati nell'allegato XLVI nonchè sui vantaggi ed inconvenienti della vaccinazione e della non vaccinazione.
La norma si intende fare riferimento non solo ai rischi legati alla tipologia del lavoro (es. lavoratore nel canile e prevenzione anti-rabbia), richiamandosi da qualcuno l’art. 28, comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, nel quale l’espressione “tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa” dovrebbe intendersi come far riferimento a tutti i rischi che possano profilarsi non necessariamente a causa dell’attività lavorativa, bensì durante l’attività lavorativa.
Sul punto tuttavia non vi è uniformità di vedute.
La lettera a del comma 2 fa riferimento a vaccini “efficaci” e sulla efficacia dei vari vaccini anti-covid vi è, checché se ne dica, ampia discussione (basti citare quanti operatori sanitari, e quindi competenti, prendono le distanze dalla somministrazione 1 senza contare che da molti si cita come sarebbero vaccini ad oggi sperimentali visto lo stretto spazio di tempo occorso per la messa in commercio, pochi mesi anziché gli usuali diversi anni).
Ancora vi è chi invoca l’articolo 2087 del cod. civ., secondo il quale il datore di lavoro ha l'obbligo di garantire la sicurezza dei lavoratori attuando gli interventi più adeguati al progresso scientifico e tecnologico e anche all’esperienza ed ai criteri generali di prudenza e diligenza.
Taluno richiama le disposizioni dell’art. 32 della Costituzione per considerare anticostituzionale il trattamento sanitario obbligatorio (TSO).
“Articolo 32
La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.
Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.”
Vi è da riferire, tuttavia, che più volte la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionali leggi (quindi approvate dal Parlamento) che dispongono trattamenti sanitari posti a tutela della salute pubblica. Il riferimento al “rispetto della persona umana” esplica i suoi effetti – così come inteso nella giurisprudenza – principalmente come rispetto a principi e credenze della persona. Si è ritenuto legittimo, pertanto, il rifiuto al trattamento di emotrasfusione conseguente ad un intervento chirurgico da parte di Testimoni di Geova (Cassazione Sentenza 29469/2020).
Va considerato, per completezza, che il rispetto alla dignità della persona deve considerarsi illegittimo quando questo possa portare ad una diminuzione permanente della capacitò fisica così come stabilito dall’art. 5 del codice civile: “… gli atti di disposizione del proprio corpo sono vietati quando cagionino una diminuzione permanente della integrità fisica … ”.
Si dovrà intendere non rispettosa della dignità umana anche la sproporzione fra scopi e mezzi e, sul punto, valutare l'effettivo rischio che si intende combattere rispetto agli eventuali effetti collaterali dati da reazioni avverse che il trattamento potrebbe causare (i dati sull'efficacia dei vaccini non sono pacifici, si veda: "L'efficacia tra il 19% e il 29%". Ecco lo studio che rivede i vaccini" ne IlGiornale). Non solo, si dovrà prendere in considerazione anche il dato scientifico, come ad esempio il caso del lavoratore che già ha superato la malattia, visto che è notorio che gli anticorpi sviluppati dall'organismo sono anche più efficaci di ogni vaccinazione e comunque danno immunità.
Il Consiglio d’Europa sul vaccino anti-covid
Sempre in ordine al concetto di dignità della persona, il Consiglio d'Europa (CdE) si pone fra i propri scopi quello di promuovere la cultura dei diritti umani.
Un recente provvedimento del Consiglio d’Eurpoa, proprio in materia di vaccinazione obbligatoria, ha fatto discutere. In un articolo del quotidianosanita titolato “Vaccini Covid. Consiglio d'Europa vota per il no a obbligo e passaporti sanitari” si legge che il Consiglio avrebbe affermato che “Gli Stati non devono rendere la vaccinazione contro il Covid obbligatoria per nessuno e almeno per il momento non devono utilizzare i certificati di vaccinazione come passaporti”.
Tuttavia, come sempre, la lettura del documento è più articolata e complessa 2, e il Consiglio d’Europa pone come premessa la seguente affermazione: “Rapid deployment worldwide of safe and efficient vaccines against Covid-19 will be essential in order to contain the pandemic”.
Il Consiglio d’Europa nel capitolo titolato “necessità di un approccio basato sui diritti umani” così si eprime: “Le misure, in ogni caso, non violeranno il diritto e la libertà ad un individuale e autonomo consenso informato, così come garantito dagli articoli 2 e 5 della Convenzione di Oviedo. La convenzione protegge la dignità e la identità di tutti gli esseri umani e garantisce ognuno, senza discriminazioni, il rispetto per la loro integrità …”.
Ancora: “E’ così chiarito che non può essere forzata la vaccinazione dell’individuo in normali circostanze … Non vi sono diritti assoluti e un’interferenza potrà in alcuni casi essere giustificata per proteggere l’individuo o la salute pubblica”.
Infine: “In ogni caso non è raccomandato rendere questi vaccini obbligatori – per la semplice ragione che la vaccinazione obbligatoria non è dimostrato funzioni. Nel contesto storico, tali regolamentazioni sono associate con l’oppressione governativa sistematica di popolazioni emarginate. … Visto che i vaccini saranno nuovi, non possiamo escludere potenziali effetti collaterali, specialmente nel lungo periodo. Ciò costituisce una solida preoccupazione condivisa da molte persone residenti negli stati membri del Consiglio d’Europa. Quindi, trasparenza, informazioni inclusive sulla salute pubblica e campagne di vaccinazione saranno importanti per costruire affidamento nei vaccini Covid-19”.
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1 - Sul messaggero: “Vaccini, i medici di Roma rifiutano AstraZeneca: «Protezione bassa, vogliamo Pfizer o Moderna»” - su ReggioTV: “Dopo i medici anche i poliziotti rifiutano i vaccini AstraZeneca” – messaggero “Vaccini, a Treviso 330 operatori sanitari danno forfait: rischio procedimenti disciplinari” – corriere “Vaccino Covid, il caso degli operatori sanitari: «Uno su cinque lo rifiuta»”.
2 - Vedi l’originale della Raccomandazione in “Covid-19 vaccines: ethical, legal and practical considerations”