Consultazioni Cliente nell'atto di precetto.
La Corte di Cassazione si esprime in modo favorevole all'inserimento delle voci Consultazioni e Corrispondenza Cliente nell'atto di Precetto.

E' stato nuovamente affrontato dalla Cassazione l'annoso dubbio se si possano inserire nell'atto di precetto le voci tariffarie denominate "Consultazioni Cliente" e "Corrispondenza Cliente". La Sentenza è la n° 13482 del 20 giugno 2011, emessa a definizione di un giudizio ove parte ricorrente, fra le altre cose, lamentava l'inserimento nell'atto di precetto delle predette voci tariffarie nonché di ulteriori voci relative ad attività non ancora materialmente espletate al momento di redazione e notifica dello stesso precetto.
Sulla non ripetitività di tali voci si è espressa nel passato anche la corte di legittimità lasciando aperto il dubbio e, quindi, spazio per un eventuale opposizione, se fosse legittimo o meno l'inserimento delle voci "Consultazioni e Corrispondenza cliente". Si era, infatti, in passato più volte affermato da parte dei Giudici della Suprema Corte il principio secondo il quale "gli onorari e i diritti di procuratore per le voci tariffarie n. 20 (consultazioni con il cliente) e 21 (corrispondenza informativa con il cliente) non sono ripetibili, ai sensi dell'art. 1 della tariffa forense in relazione alla tabella B, parte I, nei confronti della parte soccombente in sede di precetto intimato dalla parte vittoriosa anche successivamente ed in relazione alla sentenza definitiva".
Con la sentenza del giugno 2011, invece, si cambia indirizzo. La Corte afferma che è usuale e notorio che l'avvocato senta e si consulti con il proprio cliente e invii comunicazioni scritte allo stesso dopo l'emissione della sentenza. Più precisamente si legge nella Sentenza n° 13482: "... non può negarsi che, proprio dopo la sentenza definitiva ed in base a nozioni di comune esperienza, l'avvocato della parte vittoriosa normalmente (ed anzi ove voglia diligentemente e con scrupolo adempiere il suo mandato professionale) consulta il cliente sull'opportunità o meno di porla in esecuzione o di notificarla ai fini dell'attivazione del termine breve per l'impugnazione: sicchè non può negarsi che una specifica attività professionale possa essere legittimamente posta in essere proprio nella fase di transizione tra la quella di cognizione, culminata nella pronuncia del tìtolo, e quella di esecuzione, che inizierà solo dopo il vano decorso del termine del precetto".
In sostanza l'attività di consultazione può darsi per effettuata anche senza una prova specifica poiché emergerebbe ex se da nozioni di comune esperienza. La Corte di Cassazione, quindi, esprime il principio di diritto affermando: " ... deve giungersi a conclusione opposta a quella della richiamata giurisprudenza ed affermarsi che gli onorari e i diritti di procuratore per le voci tariffarie "consultazioni con il cliente" e "corrispondenza informativa con il cliente" sono ripetibili nei confronti della parte soccombente in sede di precetto intimato dalla parte vittoriosa anche successivamente ed in relazione alla sentenza definitiva".
La Corte si pronuncia anche su altra questione tipica della redazione del precetto, vale a dire l'inserimento di voci relative ad attività non ancora materialmente espletate ma che andranno svolte in quanto naturalmente conseguenti. Facciamo degli esempi come la richiesta di notifica del precetto o l'attività di registrazione di un decreto ingiuntivo quando si procede in via immediata in sede di provvisoria esecutività.
Secondo la Suprema Corte " ... nel precetto, d'altro canto, possono ammettersi spese o competenze per attività non ancora espletate, purchè normalmente riconducibili allo sviluppo procedimentale, a condizione poi che esse siano effettivamente poste in essere e potendo contestare l'intimato la loro debenza appunto con la prospettazione del loro mancato espletamento".