La PEC obbligatoria per gli Avvocati

Considerazioni sulla novità legislativa e sull'ammodernamento forzato degli studi legali.

La PEC obbligatoria per gli Avvocati

E' un detto comune che gli avvocati hanno una certa idiosincrasia per la strumentazione elettronica. Ricordo ancora i tempi in cui l'atto veniva battuto a macchina e le copie erano prodotte dalla carta carbone tra un foglio e l'altro. La fotocopiatrice, chi ce l'aveva, era a carta chimica che ingialliva dopo qualche settimana; insomma roba da evitare.

Eppure mentre già circolavano i primi computer con programmi di videoscrittura, molti avvocati ancora resistevano a scrivere dietro la propria olivetti Lettera 25 o Lettera 98. Il figlio dell'Avvocato dove ho fatto pratica era un pioniere (per modo di dire) e aveva ottenuto dal padre l'acquisto di un'apparecchiatura incredibile, vale a dire una macchina da scrivere elettronica, cioè, era elettrica ma era collegata anche ad un modem che visualizzava il testo. Non ho mai ben capito come funzionasse, fatto sta che c'era la comodità di evitare di ribattere il testo a mano perché veniva memorizzato. Quindi bastava reinserire i fogli bianchi (uno alla volta, ci intendiamo), mandare un invio e la macchina iniziava a battere da sola!! Il padre, non serve dirlo, continuava a lavorare soddisfatto con la sua Olivetti meccanica.

Quello stesso avvocato (il figlio) ora si ritrova ad avere a che fare con la "PEC", alias Posta Elettronica Certificata. Ma non per scelta o per passione, come aveva potuto permettersi il padre; no, ora deve usare la PEC per obbligo di legge, stante la modifica del Testo Unico Spese di Giustizia che introduce l'obbligo di indicazione della propria PEC nell'atto introduttivo, pena l'aumento (a titolo di sanzione) del Contributo Unificato del 50%.
La modernità! Mi chiedo, però: perché, per legge, devo ammodernarmi?

In realtà la spinta alla modernità è dell'apparato statale, in primis il Ministro Brunetta che da anni vorrebbe far marciare sui BIT l'intera Pubblica Amministrazione. Ma se è lo Stato a voler ammodernarsi in realtà, nei fatti, lo devono fare gli avvocati, intanto.

Si, intanto, perché non è ancora ben chiaro cosa se ne faccia il Tribunale della PEC indicata nell'atto. Ho ragionato della cosa con un Cancelliere in questi ultimi giorni, quando ho dovuto iscrivere a ruolo uno sfratto notificato prima della modifica al regime del Contributo Unificato, atto che, ovviamente, non prevedeva affatto la mia PEC, bensì l'ordinaria mail. E mi sono sentito dire che in ogni caso la mia mail il Tribunale ce l'ha già perché sono inserito nel database del sistema giustizia. In ogni caso, aggiungo io, non ho mai ricevuto alcuna mail da alcun Tribunale d'Italia da quando ce l'ho ed il Cancelliere mi confermava che per il momento continuerò a non riceverne. Del resto i biglietti di cancelleria arrivano tramite il PDA (Punto di Accesso). Insomma, mi sembra tanto il titolo del film "Vai avanti tu che mi vien da ridere" con il Commissario Bellachioma.

Mi chiedo perché il Tribunale non mi dia la sua PEC; mi chiedo anche se ce l'ha, la PEC.

Continuerò, temo, a chiedermi un sacco di cose nel frattempo, come i bimbi che fanno mille domande circa le tante cose che vedono e che non capiscono. Ma faccio anche alcune considerazioni. Tutte le aziende mie clienti non sono state costrette da una legge a informatizzare i propri uffici; lo hanno fatto per l'indubbio vantaggio per i conti aziendali. L'uso delle e-mail ha quasi soppiantato l'uso del telefono e della posta ordinaria per la comodità di utilizzo, ma senza decreti ministeriali. E' evidente che se si manifesta in modo chiaro la convenienza, in modo automatico e velocemente la novità tecnologica prende piede. Ma il problema non è se gli studi legali siano informatizzati. Il problema è se lo Stato lo sia. Ed è meglio chiudere qui per non toccare spinosi problemi del budget Giustizia.


Torniamo alla nostra PEC. Una volta avuta dal fornitore di PEC e configurata nel proprio programma di gestione di posta elettronica, l'utilizzo è di una banalità sconcertante, poiché non si nota differenza fra una e-mail ordinaria e una e-mail certificata, salvo l'arrivo di una mail di conferma della spedizione e di una ulteriore mail di conferma dell'avvenuto deposito nel server del destinatario.

Piuttosto il problema sarà un altro, vale a dire il rendersi conto che si sta spedendo una comunicazione ufficiale rispetto alla classica comunicazione e-mail, informale, piena di commenti, come se si stesse parlando con la sorella o con l'amico gogliardico dell'università. Di solito non usiamo le raccomandate con ricevuta di ritorno per comunicare cose del tipo: "Aoh! questa te la devo raccontare. Non sai cosa mi è successo ieri ...". Vi è una specie di rischio inflazionistico, cioè di troppo e facile utilizzo, tanto da poter un giorno dire che "in fin dei conti era una semplice pec", non è una cosa che abbia proprio tutto questo valore ufficiale. L'actio latina, gli avvocati dovrebbero ben saperlo, è un atto materiale, un gesto che in tempi antichi dava forza e valore al momento; doveva essere ampio, unire movimenti delle mani e delle braccia con vocalizzazioni. Non bastava dire una cosa an passant per essere vincolati.
Ecco, suggerirei di aggiungere alla spedizione della PEC una qualche attività materiale che sottolinei l'importanza del momento; che ne sò, una fila di almeno 5 minuti e di almeno 3 persone dietro il proprio PC; oppure l'apporre le impronte di tutte e 10 le dita in un apposito apparecchio. Sarà difficile, allora, poter dire che mi è partita la PEC per caso e che non l'ho fatto apposta!
 

 

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