Due parole ancora sulla riforma della giustizia.

Cominciamo a chiamare le cose col proprio nome, la giustizia non e' un insieme organico ma e' costituito da molte 'parrocchie' separate fra di loro nei modi, nel linguaggio, nelle finalita'

Due parole ancora sulla riforma della giustizia.

Sulla riforma della giustizia si è detto di tutto e il contrario di tutto.

Convince, tuttavia, la schema grafico pubblicato sul sito del ministero della giustizia, quella specie di margherita a petali, dove ogni petalo rappresenta uno dei settori di intervento. Convince perché finalmente tenta di separare in settori – o macro-settori – quel tema “giustizia” che è un concetto troppo generico e vago e che in fin dei conti non significa nulla.

Riformare la giustizia cosa significa? Per l'addetto ai lavori è come parlare della pace nel mondo; di cosa stiamo parlando? Delle carceri o dell'esecuzione forzata civile?

 

Il sistema giustizia contiene tante “parrocchie” completamente separate fra di loro nei modi, nel linguaggio, nelle finalità. Gran confusione si è sempre fatta, forse ad arte, fra civile e penale o meglio fra la procedura civile (perché del sostanziale nessuno mai parla) e il penale (talvolta sostanziale, talvolta procedurale).

Negli anni abbiamo sentito invocare la riforma della giustizia perché i processi civili erano troppo lunghi e i rimedi governativi erano modificare i tempi di prescrizione dei reati. Ugualmente, ancora, metter mano alla “giustizia” e poi il vero tema erano le intercettazioni telefoniche.

Viceversa, la propaganda ha costretto nel tempo ad intervenire anche nel processo civile. Lamentando così tanto dei mali della giustizia, enfatizzati per arrivare a scopi diversi (quelli sopra), in modo distratto si è proceduto, poi, ad imporre delle modifiche al codice di procedura civile, sempre rivelatisi inutili.

 

Ora, limitiamo l'attenzione alla giustizia civile, anzi ai tempi del processo civile.

La superficialità nell'esaminare la “questione tempi del processo civile” è allarmante. Qualche famoso magistrato nelle settimane scorse avrebbe anche detto che, tanto per cambiare, è tutta colpa degli avvocati.

Non posso credere che un addetto, un esperto del settore, possa avere detto una cosa del genere. Non sono riuscito a trovare il discorso integrale fatto dal magistrato e sono piuttosto convinto che si tratti della ennesima operazione di rimontaggio (taglia e incolla) della stampa, notoriamente in mano ai grandi capitali, che se è vero che ambiscono a sostituirsi quanto prima agli avvocati, hanno tutto l'interesse a questo tipo di lavorio di discredito della categoria forense.

Quel magistrato, per quel poco che traspariva nelle righe riportate dalla stampa, ha detto che gli avvocati mirano a temporeggiare per far andare in prescrizione i reati. Ecco, allora, riconfermarsi quanto detto sopra. Ancora argomenti del penale da utilizzare nell'ambito civile.

Ma è come dire che per accorciare i tempi della giustizia civile dobbiamo metter mano al processo tributario … cosa centra?

E' notorio che l'avvocato non ha alcun concreto strumento per allungare un processo civile. I tempi sono quelli imposti dal codice di procedura già da molti anni e con quei tempi un processo di primo grado potrebbe concludersi in un anno.

In qualche tribunale virtuoso i processi di primo grado finiscono in 2 anni mentre in altri non finiscono prima di 6 o 7 anni. Come mai? Vi è una perniciosa concentrazione di avvocati perditempo nel secondo caso mentre tutto il foro del primo caso è costituito da avvocati virtuosi?

E' evidente che non è così.

 

Vogliamo parlare, invece, del calendario del processo? Ne avevamo parlato in questo articolo: “Calendario del Processo Civile. Obbligo di fissazione delle Udienze”. Era il 2011 quando è stata introdotta la norma che imponeva una sorta di scaletta, di step, al magistrato per portare a compimento in tempi rapidi il processo civile di cui era incaricato. Qualcuno ne ha mai sentito parlare o lo ha mai visto applicato?

Pare evidente che gli avvocati obtorto collo o per virtù hanno sempre saputo adattare i propri tempi a quelli sempre più brevi imposti dalle riforme al codice di procedura civile ma per la magistratura, l'apparato giustizia, non può dirsi la stessa cosa, anzi, possiamo affermare che mai ha saputo organizzarsi per svolgere il proprio servizio in tempi conformi alle nuove necessità (salvo ovviamente rari casi di efficientismo che brillano come fari nel buio).

 

Secondo il ministero c'è troppo contenzioso e lì sta il problema. Anche questo troppo contenzioso, ovviamente, secondo taluno, è da attribuire colpevolmente agli avvocati. Tanto da volerli “incriminare” con sanzioni varie per il solo fatto di avere avuto l'ardire di iniziare una causa civile … ma siamo sempre alla propaganda che non aiuta ad affrontare il fenomeno.

Quello che manca, a mio avviso, è un esame approfondito delle cause che scatenano il proliferare di contenzioso civile. Ed è lì che dovrà essere fatta una buona parte del lavoro. E' come fare prevenzione in medicina; è difficoltoso intervenire in modo postumo, con il male aggravato. Sempre meglio tentare di limitare l'aggravamento o favorire la guarigione spontanea.

 

La cause, stavamo dicendo: sono diverse e tutte da studiare. Senz'altro c'è chi tarda a pagare perché con questi tempi e procedure conviene; siamo parlando del piccolo debitore che fa il furbo ma anche dei grandi (banche e assicurazioni) che contano sul fatto che una buona percentuale non andrà in causa per chiedere quanto gli spetta ma tralascia per paura dei tempi e dei costi. Avere a che fare con un ufficio liquidazione danni delle assicurazioni spesso è un incubo. Questo tipo di causa è autogenerante (sempre più cause aiutano a far sempre più cause) in un circolo vizioso. E poi, società che a fine causa non ci sono più o non hanno più capitali: una cauzione che garantisca la fine del processo, poi, aiuterebbe a limitare i furbi.

C'è il contenzioso fra vicini che talvolta è giustificato ma che spesso è un tentativo di rivincita e la causa è luogo dove sfogare il rancore senza che via un interesse sostanziale avente un valore economico superiore alla spesa. In questi casi la sanzione non serve perché è una questione di principio e se il proprio avvocato avverte dell'inutilità o della pericolosità della causa questi personaggi cambiano avvocato fintantoché troveranno chi procede. Conosco gente che non può vivere se non ha una causa in corso. Allora capiamo che qui il problema è puramente psicologico, gente che andrebbe curata.

C'è la ritrosia dei funzionari ad assumersi la responsabilità di una definizione del contenzioso in via extragiudiziale: se lo decide un giudice lo dice la legge mentre se lo dispongo con un provvedimento in autotutela mi espongo a critiche e forse a responsabilità civili, disciplinari o contabili. Ma senza scomodare necessariamente la figura del funzionario pubblico avete mai raggiunto un accordo mediativo in sede di CoReCom (tanto per fare un esempio)?.

C'è il professionista poco serio e poco professionista (medico, commercialista, avvocato o ingegnere ma anche impresa edile, idraulico, assicuratore, rappresentante, operatore finanziario, ecc.) che continua imperterrito a fare i suoi danni perché non viene escluso da quella professione.

In questa categoria ci sono anche imprenditori incapaci che si ostinano a operare e dopo essere falliti personalmente, hanno fatto fallire in un secondo tempo la propria moglie (a nome della quale avevano riaperto una nuova impresa) o poi, ad uno ad uno, i propri figli. Ovviamente le cause che producono questi personaggi sono numerose (dai dipendenti, ai creditori e clienti insoddisfatti, senza contare le procedure concorsuali).

Su come vengono condotti i condomìni non ne parliamo.

Insomma tante e diverse le cause del contenzioso. E' mai stato fatto uno studio sociologico e statistico per capire come si generano le cause e le relative suddivisioni in percentuali?

 

Infine viviamo nell'epoca dei diritti (poco in quella dei doveri). Parafrasando l'esimio Prof. Rodotà, con quel “Diritto di avere Diritti” sembra che sia un pullulare di sempre nuovi schemi normativi, tutti hanno diritto a qualcosa e ciò che un tempo era confinato nella morale, nella prassi ma non sconfinava mai in ambito giuridico, ora diviene punto di rivendicazione addirittura giurisdizionale, anche qui con una supplenza della magistratura alla quale, in fin dei conti, si fa riferimento non più come ultima istanza ma come primaria fonte del riconoscimento del diritto. La legislazione insegue e crea sempre nuovi schemi normativi che fintantoché non saranno assestati, nel tempo, produrranno un contenzioso teso a creare il precedente.

E della tecnica legislativa cosa dobbiamo dire? Diciamo solamente che leggi più chiare limiterebbero il contenzioso.

 

Quante cose ancora da dire ma si permetta un suggerimento a chi forse domani metterà mano ancora una volta al processo civile: per cortesia, non limitatevi a ridurre i diritti di difesa delle parti o a costringere l'avvocato a cadere in errore con trucchetti procedurali che fanno torto alla società civile, quella che si aspetta che la giustizia dia giustizia sostanziale, non procedurale o virtuale.

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