Non responsabile l´avvocato che sbaglia una "causa persa"
Responsabilità professionale al vaglio della Corte di Cassazione (sentenza del 13 febbraio 2014, n. 3355)

L'avvocato che si trova a seguire una cosiddetta causa persa, vale a dire una causa la cui domanda ha una alta probabilità di essere rigettata e commette un errore professionale che pregiudica la prosecuzione della stessa, risponde ugualmente dei danni?
E' questo il caso sottoposto alla Corte di Cassazione, la quale ha avuto modo di esprimersi con sentenza del 13 febbraio 2014, n. 3355.
La possibile risposta la si può dedurre anche ragionando a contrario. Il cliente dell'avvocato che insiste per promuovere una causa dall'esito sicuramente negativo può riuscire ad averla vinta solamente a causa dell'errore dell'avvocato?
Secondo la Suprema Corte l'insorgenza di responsabilità professionale non è automaticamente connessa all'accertamento dell'errore processuale.
La responsabilità del prestatore d’opera intellettuale per negligente svolgimento dell’attività professionale, presuppone la prova del danno e del nesso causale tra la condotta del professionista e il pregiudizio sofferto del cliente; in particolare, trattandosi di attività difensiva, l’affermazione della responsabilità per colpa professionale implica una valutazione circa il probabile esito favorevole dell’azione giudiziale ove diligentemente proposta e seguita.
Ne consegue che l'affermazione di una responsabilità professionale dell'avvocato potrà scaturire solamente da una precisa valutazione della probabilità di accoglimento della domanda, richiamandosi il concettoo di chance.
La perdita della chance di per sé non potrà far sorgere un danno automaticamente risarcibile;
Secondo la corte "nelle cause di responsabilità professionale nei confronti degli avvocati, la motivazione del giudice di merito in ordine alla valutazione prognostica circa il probabile esito dell’azione giudiziale che è stata malamente intrapresa o proseguita è una valutazione in diritto, fondata su di una previsione probabilistica di contenuto tecnico giuridico".
Aggiunge, oltretutto, che tale analisi mai potrà essere sottoposta al giudizio di legittimita. Nel giudizio di cassazione, infatti, "tale valutazione, ancorché in diritto, assume i connotati di un giudizio di merito, il che esclude che questa Corte possa essere chiamata a controllarne l’esattezza in termini giuridici".
Di seguito il testo sentenza:
1. A.T. , M. , A. , A. e Mi. convenivano in giudizio l’avvocato Z.L. davanti al Tribunale di Caltanissetta, chiedendo il risarcimento dei danni asseritamente patiti a causa di negligenze professionali del medesimo.
Il convenuto si costituiva chiedendo il rigetto della domanda e chiamando in garanzia due società di assicurazioni.
Il Tribunale rigettava la domanda, dichiarando compensate le spese di lite, mentre condannava l’avv. Z. al pagamento delle spese nei confronti delle due società di assicurazione.
2. La sentenza veniva appellata dagli A. in via principale e dall’avv. Z. in via incidentale e la Corte d’appello di Caltanissetta, con sentenza del 19 luglio 2007, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, dichiarava interamente compensate le spese del giudizio di primo grado tra il professionista e le società di assicurazione, confermando nel resto l’impugnata sentenza.
Osservava la Corte territoriale, per quanto ancora di interesse in questa sede, che l’avv. Z. aveva difeso gli appellanti in due diversi giudizi, l’uno davanti alla Corte di cassazione e l’altro davanti al TAR di Palermo, entrambi conclusi con una pronuncia di inammissibilità per difetto di una valida procura alle liti, avendo il difensore utilizzato un mandato generale alle liti anziché un mandato speciale per ogni singolo ricorso.
In relazione ad un entrambi i giudizi, tuttavia, il Tribunale aveva dichiarato di non poter emettere una pronuncia di condanna nei confronti del professionista, in quanto né l’uno né l’altro ricorso avrebbero avuto, ove esaminati nel merito, significative possibilità di accoglimento. Tanto valeva sia per il giudizio di cassazione, avente ad oggetto una domanda di riscatto agrario respinta sia in primo che in secondo grado, sia per il giudizio amministrativo, avente ad oggetto l’impugnativa di un provvedimento di sospensione e di un provvedimento di annullamento di una concessione edilizia.
Rilevava la Corte territoriale che, per quanto concerneva le presunte negligenze relative al giudizio di cassazione, l’atto di appello aveva censurato solo una delle argomentazioni sulle quali si fondava il rigetto della domanda risarcitoria degli A. , ossia l’effettiva sussistenza del diritto di proprietà del dante causa degli A. su di una particella di terreno, diritto dal quale sarebbe derivato quello di riscatto. Pertanto, non essendo state oggetto di confutazione le altre argomentazioni addotte dal Tribunale, il merito dell’appello non doveva essere esaminato, in quanto il rigetto della domanda risarcitoria avrebbe tratto ugualmente il proprio fondamento dalle altre ragioni di cui alla sentenza di primo grado.
In riferimento, poi, alle presunte negligenze nell’ambito del giudizio davanti al TAR, la Corte nissena concordava col giudice di primo grado nel senso che, poiché la concessione edilizia di cui si trattava nel giudizio amministrativo si fondava su di un evidente errore di fatto consistente in una falsa rappresentazione della realtà, l’esame nel merito del ricorso giurisdizionale proposto dall’avv. Z. non avrebbe avuto alcuna concreta possibilità di essere accolto.
3. Contro la sentenza della Corte d’appello di Caltanissetta propongono ricorso A.T. , M. , A. , A. e Mi. , con un unico atto affidato a due motivi.
Resiste l’avv. Z. con controricorso.
I ricorrenti hanno presentato memoria.
Motivi della decisione
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