Espressioni offensive negli scritti difensivi: punito chi trascende sul piano personale
Espressioni offensive negli scritti difensivi (art 52 codice disciplinare forense): vietato trascendere sul piano personale e soggettivo. Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 207 del 18/12/2017

1. La massima
«Il limite di compatibilità delle esternazioni verbali o verbalizzate e/o dedotte nell'atto difensivo dal difensore con le esigenze della dialettica processuale e dell'adempimento del mandato professionale, oltre il quale si prefigura la violazione dell'art. 20 del c.d. (ora art. 52 cdf), va individuato nella intangibilità della persona del contraddittore, nel senso che quando la disputa abbia un contenuto oggettivo e riguardi le questioni processuali dedotte e le opposte tesi dibattute, può anche ammettersi crudezza di linguaggio e asperità dei toni, ma quando la diatriba trascende sul piano personale e soggettivo l'esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti».
2. Il fatto e la quaestio iuris
Il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati1 infliggeva all'avvocato la sanzione disciplinare dell’avvertimento per «essere venuto meno ai doveri di lealtà, correttezza e probità per aver scritto nella comparsa di risposta depositata nel procedimento... pendente avanti al Giudice di Pace di Milano, le di seguito indicate espressioni offensive nei confronti del collega di controparte Avv. [TIZIO]: "Spero tanto per il troppo facilone e criticone Avv. [TIZIO]…." …."Forse meglio avrebbe fatto l’Avv. [TIZIO], prima di far sue le baggianate dette da..."….. "oggi il simpatico... Grazie all’incauto operato dell’Avv. [TIZIO]…."».
L'avvocato ricorrente deduceva: l’insussistenza del comportamento sleale e scorretto perché le frasi non erano eccessive e offensive ma finalizzate ad invitare il collega a verificare preventivamente la fondatezza delle affermazioni riportate nei propri scritti e riferitegli dal proprio assistito, l’assenza di animus iniurandi per carenza di intenzioni denigratorie in ordine alla personalità e al patrimonio morale del collega, la mancata archiviazione dell'esposto nei suoi confronti a fronte dell'archiviazione dell'esposto presentato nei confronti della controparte.
Il CNF preliminarmente ha proceduto ad una conversione del capo di incolpazione con riferimento alle norme che si assumevano violate, in modo da renderlo conforme alle previsioni del Nuovo Codice Deontologico Forense. Quindi la contestazione della violazione dei precetti contenuti negli artt. 5 (dovere di probità), 6 (dovere di lealtà e correttezza) e 20 (divieto di uso di espressioni sconvenienti ed offensive) Vecchio CDF è stata formalmente adeguata con riferimento alla violazione degli artt. 9 (doveri di probità, lealtà, decoro e indipendenza), 19 (doveri di lealtà e correttezza verso i colleghi e le Istituzioni forensi) e 52 (divieto di uso di espressioni offensive e sconvenienti) Nuovo CDF.
3. Il decisum
Il CNF ha ritenuto infondato il ricorso dell'avvocato, reputando che l’utilizzo delle frasi e degli aggettivi da parte del ricorrente nelle proprie memorie non era finalizzato ad una dialettica processuale.
Invero, «il limite di compatibilità delle esternazioni verbali o verbalizzate e/o dedotte nell'atto difensivo dal difensore con le esigenze della dialettica processuale e dell'adempimento del mandato professionale... va individuato nella intangibilità della persona del contraddittore, nel senso che quando la disputa abbia un contenuto oggettivo e riguardi le questioni processuali dedotte e le opposte tesi dibattute, può anche ammettersi crudezza di linguaggio e asperità dei toni, ma quando la diatriba trascende sul piano personale e soggettivo l'esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti»2.
Ciò avviene quando soggetto delle frasi e degli aggettivi utilizzati è esclusivamente l'avvocato di controparte e non il suo assistito, dovendo ritenersi implicito l’animus iniuriandi nella libera determinazione di introdurre quelle frasi all'indirizzo di un altro difensore in un atto difensivo.
Di talché, nel caso di specie, l’aggettivo "facilone" è solitamente riferito a persona che si comporta in modo irresponsabile e superficiale ovvero che si comporta con fare approssimativo, l’aggettivo "incauto" è solitamente riferito a persona che non sa prevedere i danni che possono derivare dal proprio agire ovvero che abbia agito con scarsa prudenza, mentre la frase "prima di far sue le baggianate…" è riconducibile alla persona che fa proprie le sciocchezze cui ci si riferisce. Per cui gli aggettivi utilizzati non sembrano riconducibili alla dialettica difensiva (confutare e sostenere tesi), piuttosto al dileggio del collega avvocato di controparte, definito superficiale, credulone e poco accorto professionalmente, denigrandolo e rendendolo ridicolo agli occhi del giudice.
Di nessun pregio, poi, l'argomento dell'archiviazione dell'esposto nei confronti del collega che a sua volta aveva presentato l'esposto invece accolto, posto che «l’avvocato ha il dovere di comportarsi, in ogni situazione, con la dignità e con il decoro imposti dalla funzione che l’avvocatura svolge nella giurisdizione e deve in ogni caso astenersi dal pronunciare espressioni sconvenienti od offensive - art. 52 ncdf, già 20 cdf- , la cui rilevanza deontologica non è peraltro esclusa dalla provocazione altrui, né dallo stato d’ira o d’agitazione che da questa dovesse derivare, che al più, rileva ai soli fini della determinazione della sanzione»3.
Quasi come un obiter dictum, il CNF ha colto l'occasione per ribadire che non può essere considerata esimente al comportamento illecito posto in essere dal professionista la valutazione effettuata dal Giudice ordinario in sentenza, stante l'assenza di qualsivoglia rapporto di pregiudizialità tra giudizio disciplinare e giudizio civile, giudizi autonomi e diversi per finalità perseguite, conservando il Giudice della Deontologia autonomo e indipendente potere di valutazione4.
Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”
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1 Consiglio dell'Ordine degli Avvocati di Milano, decisione del 13-11-13/05-11-14.
2 Così anche CNF n. 74 del 2015, per cui «Benché l'avvocato possa e debba utilizzare fermezza e toni accesi nel sostenere la difesa della parte assistita o nel criticare e contrastare le decisioni impugnate, tale potere/dovere trovi un limite nei doveri di probità e lealtà, i quali non consentono di trascendere in comportamenti non improntati a correttezza e prudenza, se non anche offensivi, che ledono la dignità della professione. La libertà che viene riconosciuta alla difesa della parte non può mai tradursi quindi in una licenza ad utilizzare forme espressive sconvenienti e offensive nella dialettica processuale, con le altre parti, il giudice o i terzi, ma deve invece rispettare i vincoli imposti dai doveri di correttezza e decoro» (CNF, 150/2013) e «Nel conflitto tra diritto a svolgere la difesa giudiziale nel modo più largo ed insindacabile e il diritto della controparte al decoro e all'onore prevale il primo, salva l'ipotesi in cui le espressioni offensive siano gratuite, ossia non abbiano relazione con l'esercizio del diritto di difesa e siano oggettivamente ingiuriose; pertanto non commette illecito disciplinare l’avvocato che, in un atto del giudizio, usi espressioni forti per effettuare valutazioni generali attinenti alla materia del contendere e a scopo difensivo» (CNF, 18/2009; 81/2002).
3 SS.UU., n. 11370 del 2016.
4 CNF, n. 59 del 2015; n. 206 del 2013 e n. 203 del 2013.
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Di seguito il testo di
Consiglio Nazionale Forense, sentenza n. 207 del 18/12/2017
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE
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