Le Linee guida nazionali in tema di soccorso e assistenza sanitaria alle donne vittime di violenza

Le Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza. DPCM del 24/11/2017

Le Linee guida nazionali in tema di soccorso e assistenza sanitaria alle donne vittime di violenza

Premessa. Il «Percorso per le donne che subiscono violenza»

Il, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 24 del 30 gennaio 2018, ha introdotto le "Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza". La finalità delle Linee guida nazionali è quella di rendere attivo e operativo nelle Aziende sanitarie e nelle Aziende ospedaliere il percorso volto a garantire adeguata assistenza, accompagnamento, orientamento, protezione e messa in sicurezza della donna che subisce violenza. Tali Linee guida costituiscono ed istituiscono quello che l'art. 1 del DPCM definisce il «Percorso per le donne che subiscono violenza».

Le Linee guida nazionali sono corredate di quattro allegati che specificano in via analitica il contenuto di taluni punti:

Allegato A) Trattamento diagnostico - terapeutico, fornito e redatto dal Ministero della salute;

Allegato B) Rilevazione del rischio di revittimizzazione nei casi di maltrattamento delle Linee guida nazionali;

Allegato C) Linee guida per la repertazione di tracce biologiche per le analisi di genetica forense nel percorso assistenziale delle vittime di violenza sessuale e/o maltrattamento, a cura della Associazione Scientifica Genetisti Forensi Italiani (Ge.F.I.);

Allegato D) Formazione professionale delle Linee guida nazionali.

Di seguito una breve illustrazione del "Percorso per le donne che subiscono violenza", ossia le Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza.

 

1. Obiettivi, destinatarie del Percorso e rete antiviolenza

Le Linee guida nazionali saranno recepite dalle Aziende sanitarie e dalle Aziende ospedaliere che al loro interno abbiano un Pronto Soccorso e hanno l'obiettivo di fornire un intervento adeguato e integrato nel trattamento delle conseguenze fisiche e psicologiche che la violenza maschile produce sulla salute della donna, garantendo loro adeguata assistenza, accompagnamento, orientamento, protezione e messa in sicurezza1.

Il Percorso per le donne che subiscono violenza deve garantire una tempestiva e adeguata presa in carico delle donne a partire dal triage e fino al loro accompagnamento/orientamento, se consenzienti, ai servizi pubblici e privati dedicati presenti sul territorio di riferimento al fine di elaborare con le stesse un progetto personalizzato di sostegno e di ascolto per la fuoriuscita dalla esperienza di violenza subita.

Destinatarie del Percorso sono le donne2, italiane e straniere, che abbiano subito una qualsiasi forma di violenza3. Sono coinvolti nel Percorso anche gli eventuali figli minori della donna, testimoni o vittime di violenza, tenuto conto della normativa riguardante i minori e delle vigenti procedure di presa in carico socio-sanitaria delle persone minorenni.

Le Linee guida nazionali si rivolgono agli operatori socio-sanitari e agli attori pubblici e privati che a diverso titolo operano per la prevenzione e il contrasto alla violenza maschile contro le donne, ossia:

- servizi sanitari del Servizio sanitario nazionale, ospedalieri e territoriali;

- servizi socio-sanitari territoriali;

- centri antiviolenza e case rifugio;

- forze dell'ordine e forze di polizia locali;

- Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario e presso il Tribunale per i Minorenni;

- Tribunale (civile-penale-per i Minorenni);

- Enti territoriali (Regioni - Province - Città metropolitane - Comuni).

Ogni attore della rete antiviolenza territoriale agisce secondo le proprie competenze ma con un approccio condiviso e integrato ad esclusivo vantaggio della donna, garantendone l'autodeterminazione nelle scelte da intraprendere4.

 

2. Pronto soccorso e Triage

2.1 Accesso al Pronto Soccorso e Triage

La donna può accedere al Pronto Soccorso:

- spontaneamente (sola o con prole minore);

- accompagnata dal 118 con o senza l'intervento delle FF.OO;

- accompagnata dalle FF.OO;

- accompagnata da operatrici dei Centri antiviolenza;

- accompagnata da altri servizi pubblici o privati;

- accompagnata da persone da identificare;

- accompagnata dall'autore della violenza.

Il personale infermieristico addetto al triage adeguatamente formato procede al tempestivo riconoscimento di ogni segnale di violenza, anche quando non dichiarata e quindi avvalendosi di informazioni relative ad eventuali precedenti accessi ai Pronto Soccorso del territorio da parte della donna5.

Nella zona del triage deve essere presente materiale informativo (cartaceo e/o multimediale) visibile e comprensibile anche da donne straniere, relativo a:

- tipologie di violenza;

- effetti della violenza sulla salute di donne e bambini;

- normativa di riferimento;

- indicazioni logistiche sui servizi pubblici e privati dedicati presenti sul territorio;

- servizi per il sostegno a figli minori testimoni e/o vittime di violenza;

- indicazioni relative al numero di pubblica utilità 15226.

Salvo che non sia necessario attribuire un codice di emergenza (rosso o equivalente), alla donna deve essere riconosciuta una codifica di urgenza relativa - codice giallo o equivalente - così da garantire una visita medica tempestiva (di solito tempo di attesa massimo 20 minuti) e ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari7.

Alla donna presa in carico dovranno essere assicurate l'assistenza e la protezione richieste dal caso specifico. Nel caso in cui la donna abbia fatto accesso al Pronto Soccorso con figli minori é opportuno che gli stessi restino con la madre e che siano coinvolti nel suo stesso Percorso.

2.2 Trattamento diagnostico – terapeutico8

La donna presa in carico deve essere accompagnata in un'area separata dalla sala d'attesa generale che le assicuri protezione, sicurezza e riservatezza. Eventuali accompagnatori, ad eccezione dei figli minori, dovranno essere in un primo momento allontanati e solo successivamente, e solo su richiesta della donna, potranno raggiungerla nell'area protetta.

L'area protetta rappresenta, possibilmente, l'unico luogo in cui la donna viene visitata e sottoposta ad ogni accertamento strumentale e clinico, nonché il luogo di ascolto e prima accoglienza, ove anche repertare il materiale utile per una eventuale denuncia/querela, nel pieno rispetto della sua privacy.

L'operatore che prende in carico la donna dovrà:

- utilizzare una corretta comunicazione con un linguaggio semplice, comprensibile e accessibile anche alle donne affette da disabilità sensoriale, cognitiva o relazionale;

- garantire un ascolto e un approccio empatico e non giudicante;

- instaurare con la donna un rapporto basato sulla fiducia, così da favorire l'eventuale passaggio alla fase successiva alla presa in carico, nel pieno rispetto della libertà di scelta e di autodeterminazione della stessa;

- attivare per donne straniere, ove necessario, la presenza di mediatrici culturali e linguistiche;

- attivare per donne affette da disabilità, ove necessario, la presenza di figure di supporto;

- informare nel dettaglio la donna delle varie fasi del Percorso;

- acquisire il consenso libero e informato per ogni fase del Percorso.

La finalità è quella di:

- rilevare, anche con domande specifiche, la violenza subita e i rischi immediati;

- verificare la presenza di figli minori, informando la donna dei propri obblighi di legge e delle conseguenze per i figli relative alla violenza;

- informare la donna della presenza sul territorio dei Centri antiviolenza, dei servizi pubblici e privati dedicati;

- avviare, qualora la donna ne faccia richiesta, le procedure di contatto con i Centri antiviolenza o con gli altri attori della rete antiviolenza territoriale;

- informare la donna della possibilità di sporgere denuncia o querela, anche contattando direttamente le FF.OO. qualora previsto per legge.

2.3 Repertazione e conservazione delle prove

Per evitare la contaminazione, la degradazione e la perdita di tracce biologiche, ed ottenere risultati fruibili per successivi ed eventuali procedimenti giudiziari, sono indispensabili una corretta repertazione, una successiva corretta conservazione, e la predisposizione della catena di custodia dei reperti9.

2.4 Dimissione dal Pronto Soccorso

L'operatore sanitario che ha preso in carico la donna deve refertare tutti gli esiti della violenza subita in modo dettagliato e preciso e redigere il verbale di dimissione completo di diagnosi e prognosi, riportando i codici di diagnosi (principale o secondaria) ICD9-cm:

- 995.50 abuso/maltrattamento minore;

- 995.53 abuso sessuale minore;

- 995.80 abuso/maltrattamento adulto;

- 995.83 abuso sessuale adulto;

- 995.51 violenza psicologica su minore.

 

3. Attivazione della rete antiviolenza territoriale

Al termine del trattamento diagnostico-terapeutico, l'operatore sanitario che ha preso in carico la donna utilizza lo strumento di rilevazione "Brief Risk Assessment for the Emergency Department - DA5"10, indicato dal Ministero della salute, per essere coadiuvato nella elaborazione e formulazione di una corretta e adeguata rilevazione in Pronto Soccorso del rischio di recidiva e letalità e per adottare le opportune opzioni di dimissioni:

- rilevazione del rischio in Pronto Soccorso basso: l'operatore sanitario informa la donna della possibilità di rivolgersi ai Centri antiviolenza, ai servizi pubblici e privati della rete locale e la rinvia al proprio domicilio; qualora la donna acconsenta, attiva la rete antiviolenza territoriale;

- rilevazione del rischio in Pronto Soccorso medio/alto: l'operatore sanitario informa la donna della possibilità di rivolgersi ai Centri antiviolenza, ai servizi pubblici e privati della rete locale e, qualora la donna acconsenta, attiva la rete antiviolenza territoriale;

In mancanza di possibili soluzioni immediate, laddove previsto da accordi con la Direzione Sanitaria di riferimento, l'operatore sanitario prospetta alla donna la possibilità di rimanere in osservazione breve intensiva (OBI) o comunque in ambiente ospedaliero per un tempo non superiore alle 36/72 ore al fine di garantire la sua protezione e messa in sicurezza.

L'operatività deve essere consentita H24, attraverso il ricorso a specifiche procedure condivise ed improntate a criteri di integrazione funzionale e di flessibilità organizzativa, atte a garantire la continuità della protezione del Pronto Soccorso per le donne e i figli minori sino all'attivazione dei servizi territoriali.

L'operatore sanitario ha sempre l'obbligo di informare la donna della possibilità di rivolgersi ai Centri antiviolenza presenti sul territorio, ai servizi pubblici e privati della rete locale e, ogni qual volta la donna acconsenta, attiva la rete antiviolenza territoriale allertando gli attori coinvolti nei protocolli formalizzati.

I Centri antiviolenza possono rappresentare un riferimento per le strutture sanitarie e ospedaliere e possono lavorare in sinergia e a supporto degli operatori del Pronto Soccorso in seguito alla stipula di appositi accordi/convenzioni, in tal senso, con le Direzioni generali.

 

4. Aziende sanitarie e formazione professionale

Le Aziende sanitarie locali e le Aziende ospedaliere, anche attraverso i propri distretti, presidi e servizi territoriali, devono adoperarsi affinché nel prestare assistenza socio-sanitaria a donne che subiscono violenza siano rispettate tutte le indicazioni contenute nelle Linee guida nazionali.

Quindi, le Aziende devono impegnarsi a:

- realizzare al loro interno percorsi e procedure di accoglienza e presa in carico che prevedano e garantiscano, tra l'altro, il raccordo operativo e la comunicazione con tutti gli attori della rete antiviolenza territoriale;

- garantire una regolare e continua attività di formazione e aggiornamento del personale – compreso quello convenzionato (ad esempio medici di famiglia, pediatri, medici specialistici) – partecipando alla progettazione e alla organizzazione di moduli formativi, anche avvalendosi delle competenze specifiche e operative maturate negli anni a partire dal proprio territorio;

- partecipare a tavoli di confronto periodici con istituzioni e soggetti pubblici e privati della rete antiviolenza territoriale;

- assicurare il monitoraggio costante del fenomeno della violenza maschile contro le donne, attraverso la rilevazione e il controllo degli strumenti in uso (scheda del triage, schede di dimissione);

- effettuare il monitoraggio dell'applicazione delle procedure, con eventuale avvio di azioni di miglioramento.

Le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere devono individuare un referente del Percorso per le donne che subiscono violenza che deve interfacciarsi con gli altri attori della rete antiviolenza territoriale11.

La formazione professionale e l'aggiornamento continui degli operatori sono indispensabili per una buona attività di accoglienza, di presa in carico, di rilevazione del rischio e di prevenzione. I moduli formativi12 dovranno fornire una adeguata conoscenza di base del fenomeno della violenza maschile contro le donne in merito a:

- dinamiche della violenza da parte dei soggetti autori di violenza: come nasce e si sviluppa, il ruolo degli stereotipi e degli atteggiamenti sessisti;

- conseguenze della violenza sulla salute e sul benessere della donna e della sua prole;

- tutela delle categorie vulnerabili: quali sono, specifici obblighi e possibili percorsi per donne disabili, in gravidanza, minori ecc.;

- criteri e metodologie per instaurare con la donna una relazione fondata sull'ascolto e sull'accoglienza;

- conoscenza delle risorse economiche e professionali disponibili sul territorio;

- collaborazione fattiva con la rete territoriale intra ed extra ospedaliera;

- lettura della rilevazione del rischio in Pronto Soccorso di recidiva e letalità;

- promozione condivisa e sinergica di un sapere comune, volto al confronto e alla conseguente crescita professionale.

 

Dott. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”

________________

1  - Fatta salva la normativa primaria e le leggi speciali e regionali vigenti, compatibilmente con le risorse disponibili stanziate per il Fondo Sanitario Nazionale. Le esperienze esistenti e consolidate nelle singole realtà territoriali potranno temporaneamente conservare le denominazioni in uso, ma dovranno progressivamente adeguarsi alla nuova denominazione di livello nazionale ed alle raccomandazioni contenute nelle Linee guida nazionali, entro e non oltre un anno dalla loro entrata in vigore.

2  - Con il termine «donne» sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18 anni come previsto dall'art. 3 lettera f) della Convenzione di Istanbul.

3  - Art. 3 Convenzione di Istanbul:

a) con l'espressione "violenza nei confronti delle donne" si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata;

b) l'espressione "violenza domestica" designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima;

c) con il termine "genere" ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini;

d) l'espressione "violenza contro le donne basata sul genere" designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato;

e) per "vittima" si intende qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o i comportamenti di cui ai precedenti commi a e b;

f) con il termine "donne" sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18 anni.

4 - Gli attori della rete potranno formalizzare protocolli operativi di rete specifici e strutturati che garantiscano il raccordo operativo e la comunicazione tra la struttura sanitaria e ospedaliera e i servizi generali e specializzati dedicati, presenti sul territorio di riferimento. Tali protocolli dovranno individuare interventi comuni e condivisi tra tutti gli attori della rete territoriale, per assicurare adeguata assistenza, accompagnamento e orientamento, protezione e messa in sicurezza della donna.

Le Regioni, in virtù della loro competenza di tipo concorrente in materia di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi socio-sanitari ai sensi dell'art. 117 Cost., devono adoperarsi affinché le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere diano puntuale attuazione alle presenti Linee guida nazionali.

5 - A tale scopo si raccomanda alle Regioni di adeguare i sistemi informatici aziendali e regionali, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali, per consentire all'Azienda sanitaria o all'ospedale di riferimento di essere in rete con tutte le altre strutture della regione di appartenenza.

6 - Linea telefonica nazionale gratuita attiva H24 che rappresenta lo snodo operativo dei servizi specializzati pubblici e privati presenti sul territorio.

- L'assegnazione del codice giallo o equivalente determina l'attivazione del Percorso per le donne che subiscono violenza. Oltre al codice di triage verrà assegnato un identificativo di Percorso definito nell'ambito della organizzazione del Pronto Soccorso che concorre a determinare l'attivazione del Percorso stesso.

8 - Per i dettagli e le indicazioni sulle modalità di svolgimento della visita medica, si rinvia al contenuto dei seguenti allegati delle Linee guida nazionali:

Allegato A) Trattamento diagnostico - terapeutico, fornito e redatto dal Ministero della salute;

Allegato C) Linee guida per la repertazione di tracce biologiche per le analisi di genetica forense nel percorso assistenziale delle vittime di violenza sessuale e/o maltrattamento, a cura della Associazione Scientifica Genetisti Forensi Italiani (Ge.F.I.).

 

9  - Si rinvia all'Allegato C) Linee guida per la repertazione di tracce biologiche per le analisi di genetica forense nel percorso assistenziale delle vittime di violenza sessuale e/o maltrattamento, a cura della Associazione Scientifica Genetisti Forensi Italiani (Ge.F.I.) delle Linee guida nazionali.

10 - Si rinvia all'Allegato B) Rilevazione del rischio di revittimizzazione nei casi di maltrattamento delle Linee guida nazionali.

11 - Le Aziende sanitarie locali dovranno coordinare e supervisionare il Percorso per le donne che subiscono violenza e trasmettere periodicamente, ai competenti referenti regionali, una relazione aggiornata sullo stato e sugli esiti delle procedure, nonché comunicare e far confluire i dati raccolti nell'ambito del sistema di monitoraggio previsto a livello regionale e nazionale.

12 - Per obiettivi, struttura e contenuto dei moduli formativi, si rinvia all'Allegato D) Formazione professionale delle Linee guida nazionali.

 

---------------------------------------

Di seguito il testo di

 

DECRETO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI 24 novembre 2017

Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza.
 

Il Presidente Del Consiglio Dei Ministri
 

Vista la legge 23 agosto 1988, n. 400 recante la «Disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri»;

Visto il decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, recante «Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, a norma dell'art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59» e successive modificazioni e integrazioni;

Visto il decreto legislativo 5 dicembre 2003, n. 343, recante «Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 sull'ordinamento della Presidenza del Consiglio di ministri, a norma dell'art. 1, della legge 6 luglio 2002, n. 137»;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 22 novembre 2010, concernente la disciplina dell'autonomia finanziaria e contabile della Presidenza del Consiglio dei ministri e successive modifiche ed integrazioni;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 1° ottobre 2012, recante «Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri» e in particolare l'art. 16, concernente il Dipartimento per le pari opportunità che lo descrive come «Struttura di supporto al Presidente che opera nell'aria funzionale inerente alla promozione ed al coordinamento delle politiche dei diritti della persona, delle pari opportunità e della parità di trattamento e delle azioni di Governo volte a prevenire e rimuovere ogni forma e causa di discriminazione»;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 4 dicembre 2012 di organizzazione del Dipartimento per le pari opportunità;

Vista la Convenzione del Consiglio d'Europa sulla prevenzione e la lotta alla violenza contro le donne e la violenza domestica, cosiddetta «Convenzione di Istanbul», ratificata dall'Italia con legge 27 giugno 2013, n. 77, entrata in vigore il 1° agosto 2014 e in particolare il comma 2 dell'art. 20 «Servizi di supporto generali» il quale prevede che «gli Stati membri adottino misure legislative o di altro tipo necessarie per garantire che le vittime abbiano accesso ai servizi sanitari e sociali e che tali servizi dispongano di risorse adeguate e di figure professionali adeguatamente formate per fornire assistenza alle vittime e indirizzarle verso i servizi appropriati»;

Visto il «Piano d'azione straordinario contro la violenza sessuale e di genere» adottato il 7 luglio 2015 che prevede al punto 3.1 la costituzione di un Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza con il compito di supportare la Cabina di regia interistituzionale e di fornirle proposte di intervento derivanti anche dai risultati dei gruppi di lavoro sulla violenza contro le donne appositamente costituiti;

Vista la direttiva 2012/29/UE del Parlamento europeo e del Consiglio d'Europa del 25 ottobre 2012 che istituisce norme minime in materia di diritti, assistenza e protezione delle vittime di reato, sottolineando che le vittime di reato dovrebbero essere riconosciute e trattate in maniera rispettosa, sensibile e professionale, senza discriminazioni di sorta fondate su motivi quali razza, colore della pelle, origine etnica o sociale, caratteristiche genetiche, lingua, religione o convinzioni personali, opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, appartenenza a una minoranza nazionale, patrimonio, nascita, disabilità, età, genere, espressione di genere, identità di genere, orientamento sessuale, status in materia di soggiorno o salute;

Visto il decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito in legge dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, recante «Disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province»;

Vista la legge 28 dicembre 2015, n. 208 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (c.d.
legge di stabilità 2016)» che all'art. 1, commi 790 e 791 prevede l'istituzione, nelle Aziende sanitarie e ospedaliere, di un percorso di protezione a tutela delle persone vittime della altrui violenza, con particolare riferimento alle vittime di violenza sessuale, maltrattamenti o atti persecutori (stalking) e la definizione di apposite Linee guida nazionali, volte a rendere operativo il percorso;

Vista la nota del Capo del Dipartimento per le pari opportunità del 17 gennaio 2017, prot. n. DPO/291 con la quale, a seguito degli esiti della riunione del 21 novembre 2016 del citato Osservatorio nazionale sul fenomeno della violenza sessuale e di genere é stato costituito il gruppo di lavoro «percorso di tutela», con il compito di definire una proposta di Linee guida nazionali in conformità con quanto dettato dall'art. 1, commi 790 e 791 della citata legge 28 dicembre 2015, n. 208;

Preso atto che il citato gruppo, composto da rappresentanti delle Amministrazioni centrali, regionali e locali e dall'associazionismo di riferimento, ha definito una proposta di Linee guida nazionali che forniscono un intervento adeguato e integrato nel trattamento delle conseguenze fisiche e psicologiche che la violenza maschile produce sulla salute della donna, che garantiscono una tempestiva e adeguata presa in carico delle stesse a partire dal triage, fino all'accompagnamento/orientamento ai servizi pubblici e privati presenti sul territorio di riferimento, al fine di elaborare, con le stesse, un progetto personalizzato di sostegno e di ascolto per la fuoriuscita dalla esperienza di violenza subita;

Ritenuto di approvare la suddetta proposta di Linee guida nazionali per rendere attivo e operativo, nelle Aziende sanitarie e nelle Aziende ospedaliere, il percorso volto a garantire adeguata assistenza, accompagnamento/orientamento, protezione e messa in sicurezza della donna che subisce violenza;

Acquisiti gli atti di concerto con il Ministro della giustizia, il Ministro della salute e il Ministro dell'interno, così come previsto dall'art. 1, comma 791 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. legge di stabilità 2016);

Acquisita l'intesa della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e Bolzano così come previsto dall'art. 1, comma 791 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 (c.d. legge di stabilità 2016), nella seduta del 23 novembre 2017;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 27 gennaio 2017 con il quale alla dott.ssa Giovanna Boda, Capo del Dipartimento per le pari opportunità é riconosciuta la titolarità del centro di responsabilità amministrativa n. 8 «Pari opportunità» del bilancio di previsione della Presidenza del Consiglio dei ministri;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 19 gennaio 2017 che agli articoli 2 e 3 delega le funzioni in materia di pari opportunità alla Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri on. le Avv. Maria Elena Boschi;

Visto il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 16 dicembre 2016, con il quale alla Sottosegretaria di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri, on. avv. Maria Elena Boschi, é stata conferita la delega per la firma di decreti, atti e provvedimenti di competenza del Presidente del Consiglio dei ministri;

Decreta:

Art. 1

1. Sono adottate le allegate Linee guida nazionali per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza, con la denominazione «Percorso per le donne che subiscono violenza» a norma dell'art. 1, commi 790 e 791 della legge 28 dicembre 2015, n. 208 recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato» (c.d. legge di stabilità 2016), costituenti parte integrante del presente decreto.

Il presente decreto é inviato ai competenti organi di controllo e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sul sito internet della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Roma, 24 novembre 2017

p. Il Presidente del Consiglio dei ministri La Sottosegretaria di Stato Boschi

Il Ministro della giustizia Orlando

Il Ministro della salute Lorenzin

Il Ministro dell'interno Minniti

Registrato alla Corte dei conti il 9 gennaio 2018

Ufficio controllo atti P.C.M. Ministeri giustizia e affari esteri, reg.ne prev. n. 42

LE LINEE GUIDA NAZIONALI PER LE AZIENDE SANITARIE E OSPEDALIERE IN TEMA DI SOCCORSO E ASSISTENZA SOCIO-SANITARIA ALLE DONNE CHE SUBISCONO VIOLENZA
 

PARTE PRIMA

Denominazione e obiettivo delle LINEE GUIDA NAZIONALI

Sono definite a livello nazionale le Linee guida di indirizzo e orientamento per le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere in tema di soccorso e assistenza socio-sanitaria alle donne vittime di violenza con la denominazione di PERCORSO PER LE DONNE CHE SUBISCONO VIOLENZA.

Le presenti Linee guida nazionali saranno recepite dalle Aziende sanitarie e dalle Aziende ospedaliere che al loro interno abbiano un Pronto Soccorso, fatta salva la normativa primaria e le leggi speciali e regionali vigenti, compatibilmente con le risorse disponibili stanziate per il Fondo Sanitario Nazionale.

Le esperienze esistenti e consolidate nelle singole realtà territoriali potranno temporaneamente conservare le denominazioni in uso, ma dovranno progressivamente adeguarsi alla nuova denominazione di livello nazionale ed alle raccomandazioni contenute nelle Linee guida nazionali, entro e non oltre un anno dalla loro entrata in vigore.

Obiettivo delle Linee guida nazionali é fornire un intervento adeguato e integrato nel trattamento delle conseguenze fisiche e psicologiche che la violenza maschile produce sulla salute della donna.

Il Percorso per le donne che subiscono violenza, di seguito delineato, dovrà garantire una tempestiva e adeguata presa in carico delle donne a partire dal triage e fino al loro accompagnamento/orientamento, se consenzienti, ai servizi pubblici e privati dedicati presenti sul territorio di riferimento al fine di elaborare, con le stesse, un progetto personalizzato di sostegno e di ascolto per la fuoriuscita dalla esperienza di violenza subita. Destinatarie

Destinatarie del Percorso per le donne che subiscono violenza sono le donne (con il termine «donne» sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18 anni come previsto dall'art. 3 lettera f) della Convenzione di Istanbul), italiane e straniere, che abbiano subito una qualsiasi forma di violenza. (1)

Sono coinvolti nel Percorso anche le/gli eventuali figlie/i minori della donna, testimoni o vittime di violenza, tenuto conto della normativa riguardante i minori e delle vigenti procedure di presa in carico socio-sanitaria delle persone minorenni.

Rete e attori coinvolti

Le Linee guida nazionali si rivolgono alle operatrici e agli operatori socio-sanitari e devono essere destinate agli attori pubblici e privati che a diverso titolo operano per la prevenzione e il contrasto alla violenza maschile contro le donne, come di seguito individuati:

Servizi sanitari del Servizio sanitario nazionale, ospedalieri e territoriali;

Servizi socio-sanitari territoriali;

Centri antiviolenza e Case rifugio (2) ;

Forze dell'ordine e Forze di Polizia locali;

Procura della Repubblica presso il Tribunale ordinario e presso il Tribunale per i Minorenni;

Tribunale (civile-penale-per i Minorenni);

Enti territoriali (Regioni - Province - Città metropolitane -
Comuni).

Ogni attore della rete antiviolenza territoriale agisce secondo le proprie competenze ma con un approccio condiviso e integrato ad esclusivo vantaggio della donna, garantendone l'autodeterminazione nelle scelte da intraprendere.

Gli attori della rete potranno formalizzare protocolli operativi di rete specifici e strutturati che garantiscano il raccordo operativo e la comunicazione tra la struttura sanitaria e ospedaliera e i servizi generali e specializzati dedicati, presenti sul territorio di riferimento. Tali protocolli dovranno individuare interventi comuni e condivisi tra tutti gli attori della rete territoriale, per assicurare adeguata assistenza, accompagnamento e orientamento, protezione e messa in sicurezza della donna.

Le Regioni, in virtù della loro competenza di tipo concorrente in materia di programmazione, coordinamento e indirizzo degli interventi socio-sanitari ai sensi dell'art. 117 Cost., devono adoperarsi affinché le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere diano puntuale attuazione alle presenti Linee guida nazionali.
 

PARTE SECONDA

Accesso al Pronto Soccorso e Triage

La donna può accedere al Pronto Soccorso:

Spontaneamente (sola o con prole minore);

Accompagnata dal 118 con o senza l'intervento delle FF.OO;

Accompagnata dalle FF.OO;

Accompagnata da operatrici dei Centri antiviolenza;

Accompagnata da altri servizi pubblici o privati;

Accompagnata da persone da identificare;

Accompagnata dall'autore della violenza.

Il personale infermieristico addetto al triage, con un'adeguata formazione professionale, procede al tempestivo riconoscimento di ogni segnale di violenza, anche quando non dichiarata. A tal fine può avvalersi di informazioni relative ad eventuali precedenti accessi ai Pronto Soccorso del territorio da parte della donna.

Si raccomanda alle Regioni di adeguare i sistemi informatici aziendali e regionali, nel rispetto di quanto previsto dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il Codice in materia di protezione dei dati personali, per consentire all'Azienda sanitaria o all'ospedale di riferimento di essere in rete con tutte le altre strutture della regione di appartenenza.

Nella zona del triage deve essere presente materiale informativo (cartaceo e/o multimediale) visibile e comprensibile anche da donne straniere, relativo a:

Tipologie di violenza;

Effetti della violenza sulla salute di donne e bambine/i;

Normativa di riferimento;

Indicazioni logistiche sui servizi pubblici e privati dedicati presenti sul territorio;

Servizi per il sostegno a figlie/i minori testimoni e/o vittime di violenza;

Indicazioni relative al numero di pubblica utilità 1522 (3) .

Salvo che non sia necessario attribuire un codice di emergenza (rosso o equivalente), alla donna deve essere riconosciuta una codifica di urgenza relativa - codice giallo o equivalente - così da garantire una visita medica tempestiva (di solito tempo di attesa massimo 20 minuti) e ridurre al minimo il rischio di ripensamenti o allontanamenti volontari.

Alla donna presa in carico dovranno essere assicurate l'assistenza e la protezione richieste dal caso specifico.

L'assegnazione del codice giallo o equivalente determina l'attivazione del Percorso per le donne che subiscono violenza. Oltre al codice di triage verrà assegnato un identificativo di Percorso definito nell'ambito della organizzazione del Pronto Soccorso che concorre a determinare l'attivazione del Percorso stesso.

Nel caso in cui la donna abbia fatto accesso al Pronto Soccorso con figlie/i minori é opportuno che le/gli stesse/i restino con la madre e che siano coinvolti nel suo stesso Percorso.

Trattamento diagnostico - terapeutico

La donna presa in carico deve essere accompagnata in un'area separata dalla sala d'attesa generale che le assicuri protezione, sicurezza e riservatezza.

Eventuali accompagnatrici/accompagnatori, ad eccezione delle/dei figlie/i minori, dovranno essere in un primo momento allontanati;
successivamente, e solo su richiesta della donna, potranno raggiungerla nell'area protetta.

L'area protetta rappresenta, possibilmente, l'unico luogo in cui la donna viene visitata e sottoposta ad ogni accertamento strumentale e clinico, nonché il luogo di ascolto e prima accoglienza (ove anche repertare il materiale utile per una eventuale denuncia/querela), nel pieno rispetto della sua privacy.

L'operatrice/operatore che prende in carico la donna dovrà:

Utilizzare una corretta comunicazione con un linguaggio semplice, comprensibile e accessibile anche alle donne affette da disabilità sensoriale, cognitiva o relazionale;

Garantire un ascolto e un approccio empatico e non giudicante;

Instaurare con la donna un rapporto basato sulla fiducia, così da favorire l'eventuale passaggio alla fase successiva alla presa in carico, nel pieno rispetto della libertà di scelta e di autodeterminazione della stessa;

Attivare per donne straniere, ove necessario, la presenza di mediatrici culturali e linguistiche;

Attivare per donne affette da disabilità, ove necessario, la presenza di figure di supporto;

Informare nel dettaglio la donna delle varie fasi del Percorso;

Acquisire il consenso libero e informato per ogni fase del Percorso.

Al fine di:

Rilevare, anche con domande specifiche, la violenza subita e i rischi immediati;

Verificare la presenza di figlie/i minori, informando la donna dei propri obblighi di legge e delle conseguenze per le/i figlie/i relative alla violenza;

Informare la donna della presenza sul territorio dei Centri antiviolenza, dei servizi pubblici e privati dedicati;

Avviare, qualora la donna ne faccia richiesta, le procedure di contatto con i Centri antiviolenza o con gli altri attori della rete antiviolenza territoriale;

Informare la donna della possibilità di sporgere denuncia o querela, anche contattando direttamente le FF.OO qualora previsto per legge.

Per i dettagli e le indicazioni sulle modalità di svolgimento della visita medica, si rinvia al contenuto dei seguenti allegati delle presenti Linee guida nazionali:

Allegato A) Trattamento diagnostico - terapeutico, fornito e redatto dal Ministero della salute;

Allegato C) Linee guida per la repertazione di tracce biologiche per le analisi di genetica forense nel percorso assistenziale delle vittime di violenza sessuale e/o maltrattamento, a cura della Associazione Scientifica Genetisti Forensi Italiani (Ge.F.I.).

Repertazione e conservazione delle prove

Per evitare la contaminazione, la degradazione e la perdita di tracce biologiche, ed ottenere risultati fruibili per successivi ed eventuali procedimenti giudiziari, sono indispensabili una corretta repertazione, una successiva corretta conservazione, e la predisposizione della catena di custodia dei reperti.

Per quanto sopra, si rinvia all'Allegato C) Linee guida per la repertazione di tracce biologiche per le analisi di genetica forense nel percorso assistenziale delle vittime di violenza sessuale e/o maltrattamento, a cura della Associazione Scientifica Genetisti Forensi Italiani (Ge.F.I.) delle presenti Linee guida nazionali.

Dimissione dal Pronto Soccorso

L'operatrice/operatore sanitaria/o che ha preso in carico la donna deve refertare tutti gli esiti della violenza subita in modo dettagliato e preciso e redigere il verbale di dimissione completo di diagnosi e prognosi, riportando i codici di diagnosi (principale o secondaria) ICD9-cm:

995.50 abuso/maltrattamento minore;

995.53 abuso sessuale minore;

995.80 abuso/maltrattamento adulto;

995.83 abuso sessuale adulto;

995.51 violenza psicologica su minore.
 

PARTE TERZA
 

Attivazione della rete antiviolenza territoriale

Al termine del trattamento diagnostico-terapeutico, l'operatrice/operatore sanitaria/o che ha preso in carico la donna utilizza lo strumento di rilevazione "Brief Risk Assessment for the Emergency Department - DA5" (4) , indicato dal Ministero della salute, per essere coadiuvata/o nella elaborazione e formulazione di una corretta e adeguata rilevazione in Pronto Soccorso del rischio di recidiva e letalità e per adottare le opzioni di dimissioni di seguito suggerite:

a) Rilevazione del rischio in Pronto Soccorso basso:

L'operatrice/operatore sanitaria/o informa la donna della possibilità di rivolgersi ai Centri antiviolenza, ai servizi pubblici e privati della rete locale e la rinvia al proprio domicilio; qualora la donna acconsenta, attiva la rete antiviolenza territoriale.

b) Rilevazione del rischio in Pronto Soccorso medio/alto:

L'operatrice/operatore sanitaria/o informa la donna della possibilità di rivolgersi ai Centri antiviolenza, ai servizi pubblici e privati della rete locale e, qualora la donna acconsenta, attiva la rete antiviolenza territoriale.

In mancanza di possibili soluzioni immediate, e se previsto da accordi con la Direzione Sanitaria di riferimento, l'operatrice/operatore sanitaria/o prospetta alla donna la possibilità di rimanere in osservazione breve intensiva (OBI) o comunque in ambiente ospedaliero per un tempo non superiore alle 36/72 ore, al fine di garantire la sua protezione e messa in sicurezza.

L'operatività deve essere consentita H24, attraverso il ricorso a specifiche procedure condivise ed improntate a criteri di integrazione funzionale e di flessibilità organizzativa, atte a garantire la continuità della protezione del Pronto Soccorso per le donne e i figli minori sino all'attivazione dei servizi territoriali.
L'operatrice/operatore sanitaria/o ha sempre l'obbligo di informare la donna della possibilità di rivolgersi ai Centri antiviolenza presenti sul territorio, ai servizi pubblici e privati della rete locale e, ogni qual volta la donna acconsenta, attiva la rete antiviolenza territoriale, allertando gli attori coinvolti nei protocolli formalizzati.

I Centri antiviolenza possono rappresentare un riferimento per le strutture sanitarie e ospedaliere e possono lavorare in sinergia e a supporto delle operatrici e operatori del Pronto Soccorso in seguito alla stipula di appositi accordi/convenzioni, in tal senso, con le Direzioni generali.
 

PARTE QUARTA
 

Aziende sanitarie

Le Aziende sanitarie locali e le Aziende ospedaliere, anche attraverso i propri distretti, presidi e servizi territoriali, devono adoperarsi affinché, nel prestare assistenza socio-sanitaria a donne che subiscono violenza, siano rispettate tutte le indicazioni contenute nelle presenti Linee guida nazionali.

Dovranno di conseguenza impegnarsi a:

Realizzare al loro interno percorsi e procedure di accoglienza e presa in carico che prevedano e garantiscano, tra l'altro, il raccordo operativo e la comunicazione con tutti gli attori della rete antiviolenza territoriale;

Garantire una regolare e continua attività di formazione e aggiornamento del personale - compreso quello convenzionato (ad esempio medici di famiglia, pediatri, medici specialistici) -, partecipando alla progettazione e alla organizzazione di moduli formativi, anche avvalendosi delle competenze specifiche e operative maturate negli anni a partire dal proprio territorio;
Partecipare a tavoli di confronto periodici con istituzioni e soggetti pubblici e privati della rete antiviolenza territoriale;

Assicurare il monitoraggio costante del fenomeno della violenza maschile contro le donne, attraverso la rilevazione e il controllo degli strumenti in uso (scheda del triage, schede di dimissione);

Effettuare il monitoraggio dell'applicazione delle procedure, con eventuale avvio di azioni di miglioramento.

Le Aziende sanitarie e le Aziende ospedaliere devono individuare un referente del Percorso per le donne che subiscono violenza che deve interfacciarsi con gli altri attori della rete antiviolenza territoriale.

Le Aziende sanitarie locali, in attuazione delle presenti Linee guida nazionali e nel rispetto degli indirizzi e degli assetti organizzativi definiti a livello regionale, dovranno coordinare e supervisionare il Percorso per le donne che subiscono violenza e trasmettere periodicamente, ai competenti referenti regionali (5) , una relazione aggiornata sullo stato e sugli esiti delle procedure, nonché comunicare e far confluire i dati raccolti nell'ambito del sistema di monitoraggio previsto a livello regionale e nazionale.
 

Formazione professionale

La formazione professionale e l'aggiornamento continui di operatrici e operatori sono indispensabili per una buona attività di accoglienza, di presa in carico, di rilevazione del rischio e di prevenzione.
I moduli formativi dovranno fornire una adeguata conoscenza di base del fenomeno della violenza maschile contro le donne in merito a:

Dinamiche della violenza da parte dei soggetti autori di violenza: come nasce e si sviluppa, il ruolo degli stereotipi e degli atteggiamenti sessisti;

Conseguenze della violenza sulla salute e sul benessere della donna e delle/dei sue/suoi figlie/i;

Tutela delle categorie vulnerabili: quali sono, specifici obblighi e possibili percorsi per donne disabili, in gravidanza, minori ecc.;

Criteri e metodologie per instaurare con la donna una relazione fondata sull'ascolto e sull'accoglienza;

Conoscenza delle risorse economiche e professionali disponibili sul territorio;

Collaborazione fattiva con la rete territoriale intra ed extra ospedaliera;

Lettura della rilevazione del rischio in Pronto Soccorso di recidiva e letalità;

Promozione condivisa e sinergica di un sapere comune, volto al confronto e alla conseguente crescita professionale.

Per obiettivi, struttura e contenuto dei moduli formativi, si rinvia all'Allegato D) Formazione professionale delle presenti Linee guida nazionali.
 

Parte di provvedimento in formato grafico

(1) Art. 3 Convenzione di Istanbul a) con l'espressione "violenza nei confronti delle donne" si intende designare una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione contro le donne, comprendente tutti gli atti di violenza fondati sul genere che provocano o sono suscettibili di provocare danni o sofferenze di natura fisica, sessuale, psicologica o economica, comprese le minacce di compiere tali atti, la coercizione o la privazione arbitraria della libertà, sia nella vita pubblica, che nella vita privata; b) l'espressione "violenza domestica" designa tutti gli atti di violenza fisica, sessuale, psicologica o economica che si verificano all'interno della famiglia o del nucleo familiare o tra attuali o precedenti coniugi o partner, indipendentemente dal fatto che l'autore di tali atti condivida o abbia condiviso la stessa residenza con la vittima; c) con il termine "genere" ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini; d)
l'espressione "violenza contro le donne basata sul genere" designa qualsiasi violenza diretta contro una donna in quanto tale, o che colpisce le donne in modo sproporzionato; e) per "vittima" si intende qualsiasi persona fisica che subisce gli atti o i comportamenti di cui ai precedenti commi a e b; f) con il termine "donne" sono da intendersi anche le ragazze di meno di 18 anni.

(2) Intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della legge 5 giugno 2003, n. 131, tra il Governo e le Regioni, le Province autonome di Trento e di Bolzano e le Autonomie locali, relativa ai requisiti minimi dei Centri antiviolenza e delle Case rifugio, prevista dall'articolo 3, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 24 luglio 2014.

(3) Linea telefonica nazionale gratuita attiva H24 che rappresenta lo snodo operativo dei servizi specializzati pubblici e privati presenti sul territorio.

(4) Si rimanda all'Allegato B) Rilevazione del rischio di revittimizzazione nei casi di maltrattamento.

(5) In conformità a quanto previsto dal Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 25 novembre 2016 "Ripartizione delle risorse del «Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità» 2015-2016, di cui all'articolo 5-bis, comma 1, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito nella legge 15 ottobre 2013, n. 119".

Allegato A

TRATTAMENTO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO (6)

Di fronte a episodi di violenza fisica, avvenuti da poco tempo, é molto importante che l'intervento sanitario in emergenza tenga conto sia degli aspetti clinici che delle successive implicazioni medico - legali. É necessario garantire una corretta raccolta dell'anamnesi e degli elementi di prova, e una descrizione accurata delle lesioni corporee che faciliti, in caso di indagine giudiziaria, la valutazione dei tempi e delle modalità della loro produzione.

I medici che entrano in contatto con la donna che ha intrapreso il Percorso per le donne che subiscono violenza, a partire dal medico che farà la prima visita, dovranno refertare in modo dettagliato e preciso tutti gli esiti della violenza subita.

La visita medica dovrà prevedere i seguenti momenti:

Accoglienza e indici di sospetto (psicologici, anamnestici, fisici), ed eventuale screening (domande di approfondimento); Acquisizione del consenso informato al trattamento dati ed alla acquisizione delle prove giudiziarie (in caso di violenza sessuale).

Il consenso informato deve essere articolato e comprensivo di tutte le situazioni in cui é indispensabile che l'operatrice/l'operatore sanitaria/o abbia il consenso a procedere da parte della donna;

Anamnesi accurata con storia medica dell'aggressione;

Esame obiettivo completo;

Acquisizione delle prove (eventuale documentazione fotografica, tamponi, ecc.);

Esecuzione degli accertamenti strumentali e di laboratorio;

Esecuzione delle profilassi e cure eventualmente necessarie;

Richiesta di consulenze.

Nei casi di violenza sessuale, questa raramente si associa a gravi ferite, sia in sede genitale che extragenitale. La sintomatologia con cui si presentano all'osservazione del medico le donne vittime di violenza sessuale é estremamente variabile, in quanto dipende dal contesto in cui la violenza é avvenuta, da chi ne é stato l'autore e dalla storia personale della persona offesa. La violenza può essere stata vissuta come una aggressione mortale o può essere solo l'ultimo di una lunga serie di episodi, per cui la donna ha sviluppato nel tempo una sorta di anestesia dei sentimenti.

La visita medica é un'occasione irripetibile per garantire un'assistenza adeguata alle necessità psicologiche e sanitarie della donna. Al contempo sarà assicurata una successiva assistenza psicologica, qualora la donna lo desideri, che potrà essere effettuata dalla psicologa dell'ospedale, se presente, o da una professionista della rete territoriale antiviolenza. Gli accertamenti sanitari, le eventuali terapie, la profilassi per le malattie sessualmente trasmesse possono avere il significato di restituire l'immagine di un'integrità fisica ancora presente o comunque recuperabile, e aiutare la donna a superare il senso di frantumazione che la violenza sessuale può causare. La raccolta di prove utili in un eventuale futuro iter giudiziario, per quanto importante, non deve condizionare la relazione terapeutica e il riconoscimento della difficoltà della donna di accettare un'ulteriore invasione del corpo già violato dall'aggressione subita.

Procedure in caso di violenza sessuale:

Attenzione nel porre domande dirette sul fatto e sui segni obiettivati, limitandosi a chiederne l'origine, utilizzando domande aperte e riportando fedelmente "virgolettate" le parole della donna;

Attenzione nella raccolta dei dati relativi all'evento (data, ora e luogo, numero dei soggetti coinvolti ed eventuali notizie sugli stessi, presenza di testimoni, verbalizzazione di minacce ed eventuali lesioni fisiche);

Valutazione della situazione di violenza (associazione con furto, presenza di armi, ingestione di alcolici o di altre sostanze, perdita di coscienza o sequestro in ambiente chiuso e per quanto tempo);

Attento esame obiettivo generale avendo cura di visitare tutto il corpo della donna, ponendo molta attenzione alle sue reazioni emotive ed ai suoi comportamenti relazionali, evitando ogni forma di interpretazione o giudizio soggettivo. In questa fase la descrizione di eventuali lesioni o esiti (su tutto il corpo) dovrà essere precisa e puntuale specificando sempre la sede, le dimensioni e i caratteri generali (colore, forma, profondità, dimensioni). L'esame obiettivo dovrà includere un'attenta descrizione dello stato emotivo, psicologico e relazionale della donna;

Realizzazione di documentazione fotografica relativa a tutte le lesioni o agli esiti di lesioni obiettivati. Le fotografie rappresentano un elemento di forte tutela per la donna poiché rendono "osservabili" le lesioni anche a distanza di tempo;

Ricerca e repertazione, nell'ambito della visita stessa, delle tracce di materiale biologico, avendo cura di adottare tutte le procedure capaci di evitare eventuali fenomeni di contaminazione (operatore-reperto, reperto, ambiente-reperto, ecc.), qualora l'operatore sanitario sospetti l'ipotesi di un contatto tra liquidi biologici dell'aggressore (sangue, sperma, saliva, sudore, formazioni pilifere, cellule di sfaldamento dell'epidermide, etc.) e corpo e/o indumenti della donna;

Effettuazione, nel caso di evidenza o sospetto di violenza sessuale, previa adeguata comunicazione e consenso da parte della donna vittima di violenza, di accertamenti diagnostici tramite prelievo ematico o tampone mucosale (cervico-vaginale, rettale, uretrale), volti ad escludere o accertare la presenza di eventuali infezioni sessualmente trasmissibili di natura batterica (Sifilide, Gonorrea, Clamidia, altri), virale (HIV, Epatite B e C, Herpes Simplex, Mononucleosi), protozoaria (Tricomoniasi) o micotica (Candidosi);

Effettuazione, nel caso di violenza sessuale o di traumi che possano avere determinato soluzioni di continuità della cute o delle mucose - previa adeguata comunicazione e consenso da parte della donna vittima di violenza - di terapia antibiotica e anti-protozoaria con una combinazione di farmaci a diverso meccanismo di azione in grado di esercitare un'adeguata profilassi delle infezioni di natura batterica o protozoaria. Risulta fondamentale anche al fine di effettuare, laddove prevista, la profilassi (ad esempio profilassi per Epatite B nel caso la vittima non sia vaccinata);

Effettuazione, previa adeguata comunicazione e consenso da parte della donna di violenza, di terapia anti-retrovirale a scopo di profilassi (profilassi post-espositiva - PPE) dell'infezione da HIV nel caso risulti la concreta probabilità del rischio di trasmissione di questa infezione in seguito a violenza sessuale o a trauma che ha determinato soluzione di continuità della cute o delle mucose. Tale trattamento deve essere iniziato al più presto, preferibilmente entro 1-4 ore, e non oltre le 48 ore, dalla esposizione al virus e deve essere protratto per 4 settimane sotto la supervisione di un medico competente in malattie infettive;

Offerta e somministrazione della prima dose della vaccinazione per l'Epatite B e per il Papillomavirus, in caso di violenza sessuale da sconosciuti, qualora non effettuate in precedenza;

Offerta di trattamento anti-concezionale (intercezione post-coitale) nel caso di violenza sessuale. Il trattamento, che deve essere adeguatamente monitorato a livello clinico e di esami di laboratorio sotto la supervisione di un medico competente in ginecologia ed ostetricia, é efficace entro 5 giorni dall'episodio riportato di violenza, ma la sua efficacia é tanto più elevata quanto prima viene somministrato il farmaco per la contraccezione d'emergenza;

Importanza di porre attenzione alla catena di custodia delle prove.

(6) Fonte: Ministero della salute
 

Allegato B

RILEVAZIONE DEL RISCHIO DI REVITTIMIZZAZIONE NEI CASI DI MALTRATTAMENTO (7)

La Brief Risk Assessment for the Emergency Department - DA5 -
(Snider et al., 2009) é uno strumento standardizzato e validato per valutare la situazione in cui si é manifestata la violenza e la sua pericolosità; misura il rischio di ricomparsa e/o escalation della violenza, fornendo una rilevazione del rischio di revittimizzazione.

Si tratta di uno strumento di ausilio alle/agli operatrici/tori dei Pronto Soccorso che consente loro di identificare efficacemente e tempestivamente le vittime ad altissimo rischio. Si articola in 5 item da rilevare durante il colloquio con la donna: una risposta positiva a 3 domande denota un elevato rischio di maltrattamento grave.

Parte di provvedimento in formato grafico
 

(7) Snider e colleghi (2009) hanno analizzato i risultati dello studio RAVE,con l'obiettivo di sviluppare uno strumento di valutazione breve adatto ai servizi di emergenza (Pronto Soccorso), in grado di identificare le vittime con elevato rischio di subire aggressioni gravi o potenzialmente letali da parte di partner attuali o passati, partendo dalla versione a 20 items del DA. Sono state condotte delle regressioni logistiche multiple per identificare gli items del DA con maggior potere predittivo, permettendo lo sviluppo di una versione breve del DA, denominata DA5, composta da 5 items. La risposta positiva a tre domande ha una sensitività dell'83% (intervallo di confidenza al 95%= 70,6%-91,4%) e denota un rischio elevato. Questo strumento rappresenta quindi un valido aiuto per gli operatori di Pronto Soccorso nell'individuazionedelle vittime di violenza con elevato rischio di re-vittimizzazione, permettendo l'attuazione di un intervento mirato e tempestivo.

Allegato C

Parte di provvedimento in formato grafico

Allegato D

FORMAZIONE PROFESSIONALE

Le professionalità che entrano in contatto con i destinatari del Percorso per le donne che subiscono violenza devono essere in grado di individuare i casi di violenza dichiarati, le situazioni di rischio e gli eventi sentinella, fornire assistenza specifica secondo un modello condiviso e attraverso una rete di servizi dedicati, che operano secondo modalità strettamente integrate.

Si suggerisce una formazione articolata in un minimo di 8 moduli formativi, sia residenziale che coadiuvata da strumenti di formazione a distanza, per un totale di ore di frequenza da un minimo di 20 fino a 50. La didattica, sia in presenza che a distanza, potrà prevedere momenti di confronto interattivo attraverso tavole rotonde, forum di discussione, lavori di gruppo e simulazione di casi clinici.

Le/i docenti dovranno essere selezionati tra i massimi esperti della tematica, provenienti dalle diverse professionalità coinvolte al fine di assicurare una formazione multidisciplinare, riconoscendo particolare rilievo all'esperienza acquisita e consolidata delle operatrici dei Centri antiviolenza.

Esempio di obiettivi formativi nel corso con 2 moduli

Prima Unità - Inquadramento del fenomeno e identificazione dei casi di violenza maschile contro le donne

Obiettivo 1 - Conoscere le dimensioni e le caratteristiche della violenza maschile contro le donne;

Obiettivo 2 - Descrivere gli strumenti (segni e sintomi) e gli indicatori standardizzati per una corretta identificazione e registrazione dei casi;

Obiettivo 3 - Descrivere i principali effetti della violenza maschile contro le donne sulla salute psico-fisica e sulle conseguenze sociali per le donne colpite, nonché su tutte le conseguenze per le/i bambine/i;

Obiettivo 4 - Descrivere le più appropriate strategie comunicativo-relazionali per l'individuazione e la gestione dei casi di violenza;

Obiettivo 5 - Rappresentare le fasi del percorso diagnostico - terapeutico appropriate alle evenienze dei traumi multipli riportati dalle donne che hanno subito violenza.

Seconda Unità - Il ruolo delle reti territoriali multidisciplinari nella violenza maschile contro donne

Obiettivo 1 - Individuare le procedure di riferimento per una corretta gestione dei casi di violenza maschile contro le donne;

Obiettivo 2 - Identificare gli strumenti per una corretta rilevazione in Pronto Soccorso del rischio di re-vittimizzazione attraverso lo strumento Danger Assessment codificato su 5 item prestabiliti (DA5);

Obiettivo 3 - Individuare la normativa di riferimento;

Obiettivo 4 - Descrivere il ruolo e la rilevanza dei diversi attori coinvolti nella rete antiviolenza territoriale.
Esempio di struttura e contenuto del corso con moduli

Modulo A: Rafforzare e approfondire la conoscenza del fenomeno della violenza su donne e figlie/i minori: le radici della cultura della violenza, le sue cause, gli stereotipi, le minimizzazioni e i giustificazionismi legati ai ruoli di genere e al sessismo.

Modulo B: Comprendere le dinamiche della violenza agita da parte dei soggetti autori di violenza, compresa la lettura della rilevazione del rischio di recidiva e letalità.

Modulo C: Promuovere la capacità di instaurare con la donna una relazione fondata sull'ascolto e sull'accoglienza, mediante l'utilizzo di un linguaggio comune semplice, comprensibile e accessibile anche alle donne affette da disabilità sensoriale, cognitiva o relazionale, e garantire un approccio empatico e non giudicante.

Modulo D: Specializzare le competenze delle/degli operatrici/tori nella corretta ed adeguata presa in carico della donna che ha subito violenza.

Modulo E: Conseguenze della violenza sulla salute e sul benessere della donna e delle/dei sue/suoi figlie/i.

Modulo F: Conoscenza delle risorse economiche e professionali disponibili sul territorio e promozione di una collaborazione fattiva con la rete antiviolenza territoriale intra ed extra ospedaliera per la gestione dell'intero percorso di uscita dalla violenza a partire dall'emergenza fino alla completa autonomia.

Modulo G: Individuazione ed elaborazione di percorsi personalizzati di uscita dalla violenza.

Modulo H: Sensibilizzazione sulle tematiche riguardanti la pratica delle mutilazioni genitali femminili/matrimoni forzati.

Modulo I: Sensibilizzazione sulle specifiche forme di violenza a danno delle donne affette da disabilità diverse e sugli specifici percorsi da attivare.

Modulo L: Conoscenza degli aspetti legislativi e obblighi giuridici relativi ad ogni forma di violenza sulle donne e sui figli minori.

Modulo M: Promozione condivisa e sinergica di un sapere comune volto al confronto e alla conseguente crescita professionale.

Modulo N: Trasferimento competenze tecnico - professionali in materia di processo diagnostico - terapeutico nei casi di violenza maschile contro le donne (fisica, sessuale, psicologica, economica ecc.).


 

Commenta per primo

Vuoi Lasciare Un Commento?

Possono inserire commenti solo gli Utenti Registrati