Contestazione dibattimentale del reato concorrente: possibile chiedere il patteggiamento
Costituzionalmente illegittimo l’art. 517 c.p.p. dove non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere il patteggiamento nel dibattimento per il reato concorrente che forma oggetto di nuova contestazione. Corte Cost. Sent. 82/2019

"Costituzionalmente illegittimo l’art. 517 c.p.p. nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. relativamente al reato concorrente emerso nel corso del dibattimento e che forma oggetto di nuova contestazione. Corte cost. 82/2019"
Nuove contestazioni e patteggiamento: questione di legittimità costituzionale dell'art. 517 c.p.p.
A seguito di nuove contestazioni relative ad un reato concorrente, l’imputato formulava richiesta di applicazione della pena. Il pubblico ministero negava il proprio consenso, trattandosi di nuove contestazioni "fisiologiche" e non patologiche, dunque non idonee a giustificare la remissione in termini per il patteggiamento, alla luce dei principi affermati nella sentenza della Corte cost. n. 265 del 1994. Perciò si procedeva allo stralcio per la definizione separata.
Il Tribunale sollevava la questione di legittimità costituzionale dell'art. 517 c.p.p. con riferimento agli artt. 241 e 32 della Costituzione, nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. relativamente al reato concorrente emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale e che forma oggetto di nuova contestazione.
Inoltre, secondo il giudice a quo verrebbe compromesso il principio di ragionevolezza. Invero, la preclusione a procedere ex art. 444 c.p.p. risulterebbe incoerente, posto che la Corte costituzionale ha reso possibile per l'imputato recuperare i riti speciali nel caso di contestazione cosiddetta “fisiologica” di reato connesso ex art. 517 c.p.p., proponendo domanda di oblazione in relazione al fatto diverso ed al reato concorrente (sentenza n. 530 del 1995), ovvero richiedendo il giudizio abbreviato in caso di contestazione del reato concorrente emerso in dibattimento (sentenza n. 237 del 2012).
Il giudice delle leggi ha ritenuto fondata la questione di costituzionalità così proposta, dichiarando «l’illegittimità costituzionale dell’art. 517 del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena, a norma dell’art. 444 cod. proc. pen., relativamente al reato concorrente emerso nel corso del dibattimento e che forma oggetto di nuova contestazione».
Nuove contestazioni e riti speciali: l'evoluzione costituzionalmente orientata (in breve)3
Come puntualizzato dalla Corte costituzionale, «nel codice di rito vigente è apparso coerente con l’impostazione tendenzialmente accusatoria, assegnare... uno spazio alle modifiche della contestazione ben più ampio di quanto ammesso nel codice previgente, considerato che, collocandosi la formulazione dell’addebito all’esito delle indagini preliminari, e, dunque, di una fase non destinata alla raccolta delle prove, è logico presupporre che l’istruzione probatoria dibattimentale fisiologicamente comporti la possibilità che in quella sede vengano ad emersione elementi di novità, che rendono necessario modificare il quadro della accusa, in termini e con una portata del tutto ignoti nella logica del codice del 1930, nel quale la fase del dibattimento faceva invece seguito ad una articolata fase di istruttoria, al cui esito l’accusa era chiamata a cristallizzarsi nell’atto che determinava la translatio iudicii».
Le nuove contestazioni dibattimentali hanno dunque rappresentato «un vero e proprio punctum dolens», in quanto a seguito delle stesse l’imputato potrebbe trovarsi innanzi ad un’accusa per la quale sarebbe suo interesse chiedere i riti alternativi. Con ciò si spiegano gli interventi della giurisprudenza costituzionale, volti ad un «riallineamento costituzionale della disciplina codicistica» delle nuove contestazioni.
Si è per questo assistito ad un progressivo “sgretolamento” delle preclusioni ai riti alternativi in caso di contestazione “patologica”, dichiarandosi costituzionalmente illegittimo l’art. 517 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione di pena ex art. 444 c.p.p. (n. 184 del 2014) o il proseguimento con rito abbreviato (n. 139 del 2015) in seguito alla contestazione dibattimentale di una circostanza aggravante che già risultava dagli atti di indagine al momento dell’esercizio dell’azione penale.
La giurisprudenza costituzionale ha però preso posizione anche sulle contestazioni “fisiologiche”, ossia relative a fatti emersi solo in dibattimento. In un primo momento si escludeva qualsiasi possibilità di recupero dei riti speciali, in quanto l’imputato avrebbe ben potuto prevedere modifiche dell'imputazione alla luce dell'istruzione probatoria dibattimentale. Però successivamente si è giunti ad affermare l'illegittimità dell'art. 517 c.p.p. nella parte in cui non consentiva all'imputato di chiedere l'oblazione (n. 530 del 1995) o il giudizio abbreviato (n. 237 del 2012) proprio con riferimento alle nuove contestazioni "fisiologiche".
Un ulteriore “segmento” riguarda poi la mutatio libelli e riti alternativi (n. 273 del 2014), dichiarandosi l'illegittimità costituzionale dell’art. 516 c.p.p. nella parte in cui non prevedeva la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento il giudizio abbreviato relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale oggetto della nuova contestazione, estendendo a tale caso quanto già stabilito con riferimento all’art. 517 (n. 237 del 2012).
Poi, la sentenza n. 206 del 2017 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 516 c.p.p., nella parte in cui non prevedeva la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento l’applicazione della pena ex art. 444 c.p.p. relativamente al fatto diverso emerso nel corso dell’istruzione dibattimentale, che forma oggetto della nuova contestazione.
In ultimo, la sentenza n. 141 del 2018 ha operato un tendenziale superamento della distinzione tra nuove contestazioni “fisiologiche” o “patologiche”, dichiarando l’illegittimità costituzionale dell’art. 517 c.p.p. nella parte in cui, in seguito alla nuova contestazione di una circostanza aggravante, non prevedeva la facoltà dell’imputato di richiedere al giudice del dibattimento la sospensione del procedimento con messa alla prova, affermandosi che «[i]n un quadro complessivo di principi, quale quello che, come è stato ricordato, si è andato delineando in modo sempre più nitido attraverso l’evoluzione giurisprudenziale, è chiaro che, nel caso di contestazione suppletiva di una circostanza aggravante, non prevedere nell’art. 517 cod. proc. pen. la facoltà per l’imputato di chiedere la sospensione del procedimento con messa alla prova si risolve, come è stato ritenuto per il patteggiamento e per il giudizio abbreviato, in una violazione degli artt. 3 e 24 Cost.».
Ciò in quanto «[l]a richiesta dei riti alternativi “costituisce […] una modalità, tra le più qualificanti (sentenza n. 148 del 2004), di esercizio del diritto di difesa (ex plurimis, sentenze n. 219 del 2004, n. 70 del 1996, n. 497 del 1995 e n. 76 del 1993)” (sentenza n. 237 del 2012), e si determinerebbe una situazione in contrasto con il principio posto dall’art. 3 Cost. se nella medesima situazione processuale fosse regolata diversamente la facoltà di chiederli».
Avv. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”
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1 «A parere del giudice rimettente, la censurata lacuna normativa si porrebbe in contrasto con l’art. 24, secondo comma, della Costituzione, in quanto la preclusione a fruire dei vantaggi connessi al patteggiamento, in ipotesi di reato concorrente emerso nel corso del dibattimento ed oggetto di contestazione suppletiva, si tradurrebbe in una compressione dei diritti di difesa non addebitabile ad alcuna colpevole inerzia, né giustificabile alla stregua di un prevedibile sviluppo dibattimentale il cui rischio sia stato consapevolmente assunto dall’imputato».
2 «Sarebbe altresì vulnerato l’art. 3 Cost., sotto il profilo del principio di uguaglianza, in quanto la censurata preclusione determinerebbe una disparità di trattamento fra l’imputato al quale sin dall’inizio siano stati contestati tutti gli addebiti, con possibilità di optare per un rito alternativo, e l’imputato che invece – per carenza di indagini o altra causa – si sia visto elevare una imputazione incompleta, e che, a seguito della istruzione dibattimentale, subisca la imputazione di un reato connesso a norma dell’art. 12, comma 1, lettera b), cod. proc. pen., senza poter più fruire di un rito alternativo».
3 Si rimanda alla lettura delle motivazioni per una completa trattazione dell'argomento.
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Di seguito il testo di
Corte Costituzionale Sentenza n. 82 dep. 11/04/2019
SENTENZA
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