Possibile l’utilizzo di dati personali sensibili nel corso del giudizio, relativi limiti
Limiti della produzione in giudizio di dati sensibili in relazione al reato di Trattamento Illecito di dati personali. Cassazione Penale Sentenza n. 23808/2019

Il fatto.
Nel corso di una causa civile, Tizio per difendersi da una richiesta di pagamento ritenuta infondata, da parte di Caio, tra le altre cose dimostrava lo stato di squilibrio psichico (“grave patologia psichiatrica”) di Caio mediante produzione di certificati medici di cui era in possesso.
Caio presenta querela contro Tizio per violazione di dati personali sensibili a seguito della quale quest'ultimo viene rinviato a giudizio con il capo di imputazione del secondo comma dell’art. 167 (Trattamento illecito di dati personali) del codice della privacy, che così recita:
2. Salvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, al fine di trarre per sé o per altri profitto ovvero di arrecare danno all'interessato, procedendo al trattamento dei dati personali di cui agli articoli 9 e 10 del Regolamento in violazione delle disposizioni di cui agli articoli 2-sexies e 2-octies, o delle misure di garanzia di cui all'articolo 2-septies ovvero operando in violazione delle misure adottate ai sensi dell'articolo 2-quinquiesdecies arreca nocumento all'interessato, è punito con la reclusione da uno a tre anni.
Il caso arriva in Corte di Cassazione Penale la quale decide con Sentenza n. 23808 depositata in data 29 Marzo 2019.
Il “nocumento” nel reato di trattamento illecito dei dati personali
L’argomentazione giuridica riguardante la realizzazione della fattispecie prevista dall’art. 167 secondo comma Cod. Privacy si concentra sul concetto di nocumento, elemento necessario per la commissione del reato: “ ... nocumento quale condizione oggettiva di punibilità "intrinseca", che attualizza l'offesa dell'interesse tutelato già realizzata dal fatto tipico”.
La Corte ricorda che secondo consolidata giurisprudenza “il nocumento deve essere inteso come un pregiudizio giuridicamente rilevante di qualsiasi natura, patrimoniale o non patrimoniale, subito dalla persona alla quale si riferiscono i dati o le informazioni protetti”.
Produzione in giudizio di dati sensibili e obbligo di riservatezza degli operatori
La semplice produzione in giudizio di documenti contenenti dati personali sensibili, come lo stato di malattia, non dimostra ex se la causazione di un nocumento essendo pochi i soggetti che possono venire a conoscenza di tale illecito trattamento (giudici, avvocati, cancellieri) “restando a loro volta assoggettati al dovere di riservatezza”, come ci ricorda la S.C., la quale continua affermando “ … proprio con riferimento al giudizio civile, sebbene con riferimento a fattispecie diversa, questa Corte ha avuto modo di precisare che la produzione di un CD contenente foto e filmati ritraenti altre persone non costituisce una forma di "diffusione", bensì di "comunicazione" di dati destinata a circolare e ad essere conosciuta tra persone determinate”.
La Corte di Cassazione conclude esprimendo il seguente principio:
“il necessario requisito del nocumento richiesto per la configurazione del reato dall'art. 167 d.lgs. 196/2003 non può ritenersi sussistente, in caso di produzione in un giudizio civile di documenti contenenti dati personali, ancorché effettuata al di fuori dei limiti consentiti per il corretto esercizio del diritto di difesa, in assenza di elementi fattuali oggettivamente indicativi di una effettiva lesione dell'interesse protetto, trattandosi di informazioni la cui cognizione è normalmente riservata e circoscritta ai soli soggetti professionalmente coinvolti nella vicenda processuale, sui quali incombe un obbligo di riservatezza”.
I limiti della produzione in giudizio dei dati personali e corretto esercizio del diritto di difesa
La Corte tratta della produzione in giudizio di dati personali usando l’espressione “ancorché effettuata al di fuori dei limiti consentiti per il corretto esercizio del diritto di difesa”. Ma quali sono questi limiti consentiti per il diritto di difesa?
Il principio è noto e non riguarda solamente il trattamento di dati personali.
Il diritto di difesa va esercitato nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza stabiliti dalla legge. Ne consegue, afferma la Corte che “la legittimità della produzione di documenti contenenti tali dati va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato, cui va correlato il grado di riservatezza, e le esigenze di difesa”.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Penale Sez. III, Sentenza n. 23808 dep. 29/03/2019
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Firenze, con sentenza del 20 aprile 2018 ha riformato la decisione del Tribunale di Arezzo in data 26 febbraio 2014, appellata da P. A., assolvendolo dal delitto di cui all'art. 167 d.lgs. 196/2003, contestatogli per avere utilizzato dati personali, concernenti lo stato di salute, senza il consenso di C. A. (in _________, il 18 dicembre 2012).
Avverso tale pronuncia C. A. propone ricorso per cassazione tramite il proprio difensore di fiducia, deducendo i motivi di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell'art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
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