Esame di abilitazione 2019. La soluzione del primo parere di diritto penale

Esame di Stato per l'abilitazione all'esercizio della professione di avvocato 2019. Soluzione del primo parere in materia di diritto penale a cura dell’avv. Andrea Diamante

Esame di abilitazione 2019. La soluzione del primo parere di diritto penale

Nota preliminare

Quanto segue costituisce uno schema di soluzione meramente orientativo, in cui si individuano gli elementi di fatto rilevanti, la questione sottesa, le norme interessate, i principi giurisprudenziali applicabili, il possibile iter argomentativo e la possibile conclusione.

È opportuno precisare che la soluzione presentata non costituisce l'unica possibile, quandunque i fatti rechino una pluralità di soluzioni ancorate all’inquadramento giuridico di volta in volta adottato.

 

1. Traccia e individuazione degli elementi di fatto rilevanti (in grassetto)

«Tizio, dipendente di una multinazionale, riceve dal suo superiore Mevio l'incarico di sorvegliare il collega di lavoro Caio ed impedire che lo stesso divulghi ad aziende concorrenti alcuni importanti segreti aziendali dei quali è a conoscenza.

Un giorno Tizio segue Caio nei locali dove è in corso di svolgimento una convention e nota che lo stesso, dopo essersi appartato con due persone, consegna loro una pen drive e ne riceve in cambio una busta, nella quale gli sembra di scorgere del denaro. Convinto di aver assistito alla consegna di materiale di proprietà aziendalein favore di personale riconducibile ad una società concorrente, Tizio, sentendosi autorizzato dall'ordine del proprio superiore gerarchico, interviene bruscamente e aggredisce il gruppo, pretendendo l'immediata consegna del supporto informatico. Ne nasce una colluttazione nel corso della quale Tizio, credendo di scorgere un'arma puntata nella sua direzione, impugna la pistola legalmente detenuta ed esplode un colpo in direzione di Caio, colpendolo in modo letale. Subito dopo, spaventato per l'accaduto, Tizio si dà alla fuga, portando con sé la pen drive caduta a terra durante la colluttazione.

Il candidato, assunte le vesti dell'avvocato di Tizio, individui le ipotesi di reato configurabili a carico del suo assistito, prospettando, altresì, la linea difensiva più utile alla difesa dello stesso».

 

2. La consegna

La traccia richiede al candidato di individuare le ipotesi di reato configurabili, senza nessuna preliminare analisi degli istituti rilevanti. Pertanto, nessun classico preambolo quale "brevi cenni". Ferma la possibilità per il candidato di optare per una breve e preliminare analisi degli istituti che rilevano onde introdurre l'argomentazione.

La traccia richiede, poi, espressamente al candidato l’indicazione della linea difensiva più utile a tutelare la posizione del proprio assistito, elemento che, non inverosimilmente, potrebbe tradire la presenza di un qualche elemento favorevole agli interessi dell’assistito.

Tuttavia, tale richiesta potrebbe anche veicolare un ulteriore significato. Oltre alla capacità di analizzare i fatti propria del parere pro veritate, si vuole saggiare la capacità del candidato ad un approccio critico all'analisi dei fatti e all'interpretazione delle norme. Pertanto, non apparirà fuori luogo l'illustrazione di linee difensive eventualmente foriere di interpretazioni ragionevolmente distoniche rispetto gli orientamenti dominanti nella materia trattata.

 

3. La questione

Oggetto del parere sono le ipotesi delittuose ricondcibili senz'altro all'omicidio e alla rapina.

È necessario questionare sulla legittima difesa ex art. 52 c.p., ed in particolare sulla legittima difesa putativa ex art. 59, co. 4, c.p. e sull'eccesso colposo ex art. 55 c.p..

Inoltre si dovrà valutare la possibile alternativa qualificazione dell'impossessamento, in termini di esercizio arbitrario delle proprie ragioni ex art. 393 c.p..

 

4. La normativa

Le principali norme di cui si deve dar contonell'inquadramento giuridico della vicenda sono le seguenti:

- art. 575 c.p. "Omicidio”;

- art. 589 c.p. "Omicidio colposo";

- art. 628 c.p. "Rapina";

- art. 393 c.p. “Esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza alla persona”

- art. 52 c.p."Difesa legittima".

 

5. Giurisprudenza

Si espongono i principi di legittimità applicabili al caso di specie (si badi che a rilevare sono i principi, ancorché i casi concreti su cui si innestano riguardino eventualmentecircostanze diverse da quelle da prendere in esame):

- La legittima difesa, effettiva o putativa, necessita un giudizio ex ante delle circostanze di fatto.

L'accertamento della legittima difesa putativa, così come di quella reale, deve essere effettuato con giudizio ex ante delle circostanze di fatto, rapportato al momento della reazione e dimensionato nel contesto delle specifiche e peculiari circostanze concrete al fine di apprezzare solo in quel momento l'esistenza dei canoni della proporzione e della necessità di difesa (Cass., Sez. V, 6/04/2018, n. 15460)

 

- L'elemento di differenziazione tra il delitto di rapina e quello di esercizio arbitrario è l'elemento soggettivo, tenendo conto anche della forza con cui si esplica la violenza e la minaccia.

L'elemento di differenziazione tra il delitto di rapina e quello di esercizio arbitrario è l'elemento soggettivo, che per il primo reato consiste nella ragionevole opinione dell'agente di esercitare un diritto con la coscienza che l'oggetto della pretesa gli competa giuridicamente, mentre per la rapina si concretizza nel fine di procurare a sè o ad altri un profitto ingiusto con la consapevolezza che quanto si pretende non compete e non è giuridicamente azionabile. Al riguardo, peraltro, deve soggiungersiche nello schema tipico dei reato di ragion fattasi non rientra certamente una violenta "esecuzione" presso terzi delle proprie ragioni creditorie. Si è infatti evidenziato che, anche in presenza di una ragionevole opinione di esercitare un proprio diritto, allorché la violenza o la minaccia si estrinsecano in forme di tale forza intimidatoria che vanno al di là di ogni ragionevole intento di far valere un diritto, allora la condotta risulta finalizzata a conseguire un profitto che assume ex se i caratteri dall'ingiustizia, con la ulteriore conseguenza che le modalità violente di tale condotta vengono ad integrare gli estremi dei reato di cui all'art. 628 c.p.. Pertanto, in determinate circostanze e situazioni, anche la minaccia dell'esercizio di un diritto, in sè non ingiusta, può diventare tale, se si estrinseca con modalità violente che denotano soltanto la volontà di impossessarsi comunque della cosa, e che fanno sfociare l'azione nel reato previsto dall'art. 628 c.p., integrando tutti gli elementi costitutivi di tale figura delittuosa (Cass., sez. VI, 3/06/2015, n. 23678)

 

- L'esercizio arbitrario delle proprie ragioni è configurabile se posta in essere dal titolare del preteso diritto.

Il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni, sia con violenza sulle cose che sulle persone, rientra, diversamente da quello di estorsione, tra i cosiddetti reati propri esclusivi o di mano propria, perciò configurabili solo se la condotta tipica è posta in essere da colui che ha la titolarità del preteso diritto (Cass. 46288/2016)

 

6. Il possibile iter argomentativo

Una scaletta per affrontare le dovute ed opportune argomentazioni potrebbe essere quella che segue.

- Rileva sicuramente la morte di Caio, provocata dallo sparo di Tizio che esplodeva il colpo nella convinzione che Caio stesse per estrarre una pistola. Da cui il delitto di omicidio di cui all'art. 575 c.p. scriminato dalla difesa legittima di cui all’art. 52 c.p..

Tuttavia, la scriminante, stante la possibile cattiva interpretazione e valutazione dei fatti da parte di Tizio al momento del fatto, il quale riteneva che Caio stesse estraendo una pistola, rileverebbe nella forma della scriminante putativa di cui all'art. 59, co. 4, c.p.. Errore di valutazione che, se determinato da colpa di Tizio ai sensi dell'ultimo periodo dell'art. 59, co. 4, c.p., esporrebbe quest'ultimo a responsabilità per omicidio colposo ex art. 589 c.p..

Ed anche se si accertasse il puatativo senza colpa,od anche la legittima difesa effettiva, non va trascurata la circostanza per cui Tizio avrebbe comunque potuto mirare in modo da non mettere in pericolo la vita di Caio, posta anche la vicinanza tra i due (Tizio infatti aggredisce il gruppo, quindi portandosi presumibilmente ad una distanza minima dai suoi membri). Senza contare che Tizio possedeva l'arma legittimamente, potendosi dunque presumere in grado di utilizzarla con una certa destrezza. Per tale ordine di ragioni, sarebbe possibile sostenere che Tizio, ancorché ritenendo erroneamente ma senza colpa di versare in una circostanza di esclusione di responsabilità (art. 59, co. 4, prima parte, c.p.), ovvero anche concretizzandosi la legittima difesa effettiva, abbia colpevolmente ecceduto i limiti posti dalla legge e dalla necessità, ravvisandosi gli estremi dell'eccesso colposo di cui all'art. 55 c.p.. Da ciò, la responsabilità di Tizio per l'omicidio ex art. 589 c.p..

- L'impossessamento da parte di Tizio della pendrive, scopo ultimo della colluttazione, lascerebbe ipotizzare il delitto di rapina proprio ex art. 628, co. 1,c.p..

Tuttavia, non si deve prescindere dall'elemento soggettivo. Infatti, Tizio agiva nella convinzione di essere legittimato dall'ordine del suo datore di lavore e quindi di tutelare gli interessi aziendali in sua vece. Invero, Tizio si impossessa della pendrive ritenendo che contenesse informazioni riservate appartenenti all'azienda per cui lavorava, dunque per salvaguardare gli interessi dell'azienda. Anzi, proprio la convinzione di star tutelando gli interessi aziendali su incarico del suo datore di lavoro e non di agire per un ingiusto profitto lascerebbe margine di affermare la configurabilità della più blanda fattispecie di reato dell'esercizio arbitrio delle proprie ragioni con violenza alla persona di cui all'art. 393 c.p..

Ciò nonostante gli orientamenti della Suprema Corte che rinvengono la consumazione della rapina quando la violenza e le minacce utilizzate esorbitono dall'intendo di far valere un diritto, facendo leva sulla diversità ontologica dell'elemento soggettivo nei due reati ne su come, date le circostanze, l'intervento di Tizio non poteva ritenersi fuori misura. Ciò richiede una particolare puntualità nell'analisi dei fatti e nell'argomentazione condotta. Inoltre, depone a sfavore di un tale inquadramento giuridico quell'orienatmento giurisprudenziale che impone che l'esercizio arbitrario riguardi un diritto proprio dell'agente. Tuttavia non va dimenticato che Tizio crede di agire su ordine del suo datore di lavoro, quindi come in sua vece.

 

6. Le possibili conclusioni

Svolta l'analisi di ogni istituto rilevante e l’opportuna argomentazione, una possibile conclusione avrebbe potuto assumere tale tenore:

«Stando ai fatti, nella condotta di Tizio sono ipotizzabili i delitti di omicidio e rapina.

Tuttavia, per ciò che concerne l'omicidio di Caio, si potrà sostenere che Tizio abbia agito per difendere la sua incolumità, quindi potendosi invocare la legittima difesa di cui all'art. 52 c.p., ancorché se del caso nella forma del putativo di cui all'art. 59 , co. 4, c.p.. In quest'ultimo caso, se dovesse emergere che l'erronea percezione dei fatti sia stata causata ad errore di Tizio, si poptrà comunque sostenere la legittima difesa putativa, anche se colposa, che esporrebbe Tizio alla responsabilità per il meno grave delitto di omicidiocolposo ex art. 589 c.p.. Stessa conclusione nel caso in cui venisse addebitato a Tizio l'eccesso colposo di cui all'art. 55 c.p.. In ogni caso, appare del tutto ragionevole e corretto sostenere l'agire scriminato di Tizio.

Con riguardo all'impossessamento della pendrive, invece, nel caso di contestazione del delitto di rapina ex art. 628 c.p., appare congruo sostenere la riqualificazione del fatto nella meno grave fattispecie di cui all'art. 393 c.p., stante il fine che animava Tizio, non certo orientato a conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, bensì la tutela dell'interesse dell'azienda per cui lavorava su espresso ordine del datore di lavoro, circostanza che induceva Tizio ad agire in sua vece».

 

Avv. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto proc. penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”

 

 

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