Mutamento del giudice e nuova escussione dei testi: un monito della Corte Costituzionale
Il legislatore può derogare al principio di identità tra giudice "dell'istruzione" e giudicante per salvaguardare l’efficienza dell’amministrazione della giustizia penale. Corte Costituzionale, Sentenza 132/2019

Mutamento del giudice e prove dichiarative: i casi di irragionevole durata del processo e dei reati di imminente prescrizione.
Il giudizio riguardava la legittimità costituzionale degli artt. 511, 525, co. 2, e 526, co. 1, c.p.p.1 «in relazione all’art. 111 della Costituzione, se interpretati nel senso che ad ogni mutamento della persona fisica di un giudice, la prova possa ritenersi legittimamente assunta solo se i testimoni già sentiti nel dibattimento depongano nuovamente in aula davanti al giudice-persona fisica che deve deliberare sulle medesime circostanze o se invece ciò debba avvenire solo allorquando non siano violati i principi costituzionali della effettività e della ragionevole durata del processo».
Secondo il giudice a quo, l'interpretazione di tali norme nel senso di imporre indefettibilmente la rinnovazione dell’escussione dei testimoni in caso di mutamento della persona fisica del giudice violerebbe il canone della ragionevole durata del processo di cui all’art. 111 Cost., in quanto i tempi del processo sarebbero suscettibili di una dilatazione potenzialmente "infinita". Inoltre, tale allungamento dei tempi processuali, combinato con il meccanismo della prescrizione dei reati, comporterebbe «lo svilimento assoluto del processo penale»2.
Il rimettente sosteneva, infatti, che il rispetto dell’oralità e dell’immediatezza del processo penale cui si rifà il complesso normativo criticato sia solo formale nella prassi, atteso che i testimoni, sovente, si limitano a confermare quanto in precedenza dichiarato. Senza contare l'abuso che di tale istituto ne scaturisce, a fronte del fatto che nessuna domanda viene posta dalle difese ai testimoni riconvocati.
L’oralità del processo sarebbe principio di rango non costituzionale, che conosce deroghe nel codice di rito. Le norme censurate dovrebbero per questo essere interpretate alla luce del canone di ragionevole durata del processo di cui all’art. 111, co. 2, Cost., una volta rispettato il principio del contraddittorio in sede di prima assunzione della prova dichiarativa. Pertanto, sarebbe corretto ripetere l’escussione dei testimoni solo nella misura in cui la durata del processo di primo grado non eccedesse il limite di ragionevolezza individuato dalla legge 89/2001 in tre anni.
L'interpretazione invalsa, ad avviso del Tribunale, ledeva financo il principio dell'effettività del processo, riconosciuto dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 353/1996 ed implicito nel dettato dell’art. 111, co. 1, Cost. che recita «la giurisdizione si attua». Ciò alla luce anche di quanto accade nelle sedi giudiziarie "periferiche", in forza dei frequenti trasferimenti e congedi dei giudici.
Mutamento del giudice e prove dichiarative: necessità di non mortificare l'immediatezza. Un monito al legislatore contro la prassi.
Nel dichiarare inammissibili le questioni sollevate3, il Giudice delle leggi ha chiarito la bontà dell'interpretazione censurata dal giudice a quo.
Secondo l’interpretazione del diritto vivente, dal combinato disposto oggetto di critica deriva l’obbligo per il giudice del dibattimento di ripetere l’assunzione della prova dichiarativa quando muti la persona fisica del giudice, laddove le parti non acconsentissero alla lettura delle dichiarazioni già rese4. Interpretazione, peraltro, accolta dalla Corte costituzionale, la quale ha sempre escluso l’illegittimità costituzionale di tale disciplina così interpretata5.
Il principio di immediatezza della prova è correlato al principio di oralità, secondo un modello dibattimentale concentrato nel tempo, idealmente da celebrarsi in un’unica udienza o in udienze celebrate senza soluzione di continuità6. Proprio perché la prassi è lontana dal modello ideale, la Corte ha ritenuto «doveroso sollecitare l’adozione di rimedi strutturali in grado di ovviare agli inconvenienti evidenziati, assicurando al contempo piena tutela al diritto di difesa dell’imputato». Infatti, il diritto della parte alla nuova audizione dei testimoni di fronte al nuovo giudice o al mutato collegio «non è assoluto, ma “modulabile” (entro limiti di ragionevolezza) dal legislatore»7, ben potendo il legislatore introdurre «presidi normativi volti a prevenire il possibile uso strumentale e dilatorio»8.
La giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, pur avallando il censurato orientamento9, riconosce che il principio dell’immediatezza può essere sottoposto a ragionevoli deroghe, purché siano adottate misure appropriate per assicurare che il nuovo giudice abbia una piena conoscenza del materiale probatorio10.
A parere della Corte, «resta, dunque, aperta per il legislatore la possibilità di introdurre ragionevoli eccezioni al principio dell’identità tra giudice avanti al quale è assunta la prova e giudice che decide, in funzione dell’esigenza, costituzionalmente rilevante, di salvaguardare l’efficienza dell’amministrazione della giustizia penale, in presenza di meccanismi “compensativi” funzionali all’altrettanto essenziale obiettivo della correttezza della decisione – come, ad esempio, la videoregistrazione delle prove dichiarative, quanto meno nei dibattimenti più articolati –, e ferma restando la possibilità (già oggi implicitamente riconosciuta dall’art. 507 cod. proc. pen.: ex plurimis, Corte di cassazione, sezione terza penale, sentenza 18 settembre 1997, n. 10015) per il giudice di disporre, su istanza di parte o d’ufficio, la riconvocazione del testimone avanti a sé per la richiesta di ulteriori chiarimenti o l’indicazione di nuovi temi di prova, ai sensi dell’art. 506 cod. proc. Pen.».
Avv. Andrea Diamante
Cultore della materia in diritto processuale penale
presso l’Università degli Studi di Enna “Kore”
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1 Promosso dal Tribunale ordinario di Siracusa, sezione unica penale, con ordinanza del 12 marzo 2018 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 2018.
2 Nerl caso di specie, dalla nuova citazione ed escussione di tutti i testimoni – a seguito dell’ennesimo mutamento dell’organo giudicante e dell’opposizione dei difensori degli imputati alla lettura delle dichiarazioni testimoniali rese in precedenza – sarebbe derivata inevitabilmente la prescrizione definitiva di tutti i reati «con insanabile pregiudizio anche delle istanze civilistiche delle parti civili». Mentre sarebbe possibile addivenire ad una pronuncia di merito solo ove si ritenesse consentita la lettura delle dichiarazioni già rese dai testimoni ai sensi dell’art. 511 c.p.p..
3 «Il giudice a quo da un lato formula un petitum in termini di irrisolta alternatività (sentenza n. 87 del 2013); e dall’altro mira evidentemente a conseguire un avallo alla propria interpretazione asseritamente secundum constitutionem delle disposizioni censurate, il che determina l’inammissibilità delle questioni (ex plurimis, ordinanze n. 97 del 2017, n. 87 e n. 33 del 2016, n. 92 del 2015)».
4 Corte di cassazione, sezioni unite penali, sentenza 17 febbraio 1999, n. 2; sezione prima, sentenza 4 novembre 1999, n. 12496; sezione prima, sentenza 7 dicembre 2001-10 maggio 2002, n. 17804; sezione prima, sentenza 23 settembre 2004, n. 37537; sezione quinta, sentenza 7 novembre 2006-31 gennaio 2007, n. 3613; sezione quinta, sentenza 15 dicembre 2011, n. 46561; sezione quinta, sentenza 11 maggio 2017, n. 23015.
5 Corte cost., sentenza n. 17 del 1994; ordinanze n. 205 del 2010, n. 318 del 2008, n. 67 del 2007, n. 418 del 2004, n. 73 del 2003, n. 59 del 2002, n. 431 e n. 399 del 2001.
6 Solo a tale condizione, infatti, l’immediatezza risulta funzionale rispetto ai suoi obiettivi essenziali: e cioè, da un lato, quello di consentire «la diretta percezione, da parte del giudice deliberante, della prova stessa nel momento della sua formazione, così da poterne cogliere tutti i connotati espressivi, anche quelli di carattere non verbale, particolarmente prodotti dal metodo dialettico dell’esame e del controesame; connotati che possono rivelarsi utili nel giudizio di attendibilità del risultato probatorio» (ordinanza n. 205 del 2010); e, dall’altro, quello di assicurare che il giudice che decide non sia passivo fruitore di prove dichiarative già da altri acquisite, ma possa – ai sensi dell’art. 506 cod. proc. pen. – attivamente intervenire nella formazione della prova stessa, ponendo direttamente domande ai dichiaranti e persino indicando alle parti «nuovi o più ampi temi di prova, utili per la completezza dell’esame».
7 Corte cost. ordinanza n. 205 del 2010.
8 Corte cost., ordinanze n. 318 del 2008 e n. 67 del 2007.
9 Ex multis, Corte EDU, sentenze 27 settembre 2007, Reiner e altri contro Romania, paragrafo 74 e 30 novembre 2006, Grecu contro Romania, paragrafo 72.
10 Ad esempio, la Corte EDU ha indicato quale “misura compensativa” adeguata la possibilità, per il nuovo giudice, di disporre la rinnovazione della deposizione dei (soli) testimoni la cui deposizione sia ritenuta importante (Corte EDU, sentenze 2 dicembre 2014, Cutean contro Romania, paragrafo 61, e 6 dicembre 2016, Škaro contro Croazia, paragrafo 24); e ha escluso la violazione dell’art. 6 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), firmata a Roma il 4 novembre 1955, ratificata e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955, n. 848, in un caso in cui non era stata rinnovata l’escussione dei testimoni nonostante la sostituzione di un membro del collegio giudicante, sottolineando come i verbali delle deposizioni in precedenza raccolte fossero a disposizione del nuovo componente del collegio, e l’imputato non avesse chiarito quali elementi nuovi e pertinenti la rinnovazione avrebbe potuto apportare (Corte EDU, sentenza 10 febbraio 2005, Graviano contro Italia, paragrafi 39-40; in senso analogo, decisione 9 luglio 2002, P. K. c. Finlandia).
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Di seguito il testo di
Corte costituzionale, Sentenza n. 132 dep. 29/05/2019
SENTENZA
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