Conseguenze della dichiarazione di fallimento sul mandato all’avvocato nel giudizio di cassazione
L’interruzione immediata del rapporto di mandato consegue alla dichiarazione di fallimento. La tempistica dell’insinuazione al passivo per compensi maturati. Cassazione civile Sentenza n. 4795/2020

Il fatto.
In terzo grado, durante il giudizio di cassazione, una società veniva dichiarata fallita. Il legale non dichiarava l’effetto interruttivo e il curatore non provvedeva a conferire incarico per la continuazione. Il giudizio continuava fino alla decisione finale.
A questo punto l’avvocato chiedeva il pagamento dei propri compensi mediante deposito di domanda di insinuazione al passivo del fallimento, che, tuttavia, veniva dichiarata tardiva.
Sulla questione è stata chiamata a pronunciarsi la Corte di Cassazione civile la quale ha pronunciato Sentenza n. 4795 depositata in data 24/02/2020.
Dichiarazione di fallimento e interruzione immediata del patrocinio
La dichiarazione di fallimento, contrariamente ad altri casi di interruzione del processo, è rilevabile d’ufficio e non necessita della dichiarazione del procuratore.
Ne consegue che la stessa ha effetti immediati.
Ai sensi dell’art. 43 L.Fall. dal momento della dichiarazione di fallimento il fallito perde istantaneamente la legittimazione processuale e tutti i procedimenti in corso sono interrotti.
Afferma la Suprema Corte: “ … per effetto della dichiarazione di fallimento, il mandato difensionale prestato nelle controversie non aventi natura personale per il fallito … si scioglie immediatamente”.
Ciò porta conseguenze anche nel patrocinio.
Si legge nelle motivazioni: “L'ultrattività del mandato - intendendosi per tale la possibilità del difensore di continuare a compiere gli atti processuali in nome e per conto del cliente, che trova la propria fonte nel potere discrezionale del professionista di dichiarare o meno (in quella fase del giudizio) la causa interruttiva - non ha luogo in caso di dichiarazione di fallimento”.
Il legale adduceva che il silenzio del Curatore Fallimentare avesse implicitamente ratificato il mandato, potendosi assumere da tale comportamento un conferimento implicito dei poteri di rappresentanza in giudizio e che la stessa prosecuzione del giudizio di cassazione, fino alla sua ordinaria conclusione, confermava l’assunto.
Argomento ritenuto inconsistente visto che non è il Curatore autonomamente a decidere la prosecuzione della causa e ad attribuire il mandato ed è necessario l’intervento del giudice delegato (“competenza del giudice delegato (autorizzazione a stare a giudizio, da concedersi per ogni grado) e … competenza del curatore (nomina e rilascio della procura al difensore)”).
Il giudizio di cassazione non si interrompe con la dichiarazione di fallimento
Quanto alla prosecuzione del giudizio di cassazione, essa non ha alcun significato in ordine alla permanenza del potere rappresentativo del legale stante la natura intrinseca del giudizio stesso.
Risale nel tempo, infatti, ricorda la S.C., il principio secondo il quale il giudizio di cassazione è fondato sull’impulso d’ufficio.
Cita Cass. 11195/1992 che afferma che il giudizio di cassazione è “ ... dominato dall'impulso d'ufficio … ” e che “ la struttura del giudizio di legittimità impone un particolare onere di attenzione per la parte, sicchè è da dire che la mancata osservanza di quest'onere, per fatti relativi al procuratore come nel caso di specie - ricadono sulla parte stessa che non si è attivata per ovviare alle conseguenze derivanti da eventi che essa avrebbe potuto e dovuto conoscere ... ”
Ne consegue, nel caso di specie, “che la mancata interruzione del giudizio di legittimità … non dipende affatto dalla dedotta (dal ricorrente) ultrattività del mandato difensivo che è invece venuto inesorabilmente meno - ma dall'impulso d'ufficio di tale giudizio, la cui struttura impone a ciascuna parte (privata della assistenza tecnica) un particolare onere di attenzione, gli effetti della cui inosservanza ricadono sulla stessa parte”.
In questi casi non vale alcun principio di ultrattività, ed il legale che permanga ufficialmente quale procuratore della parte, nella realtà non ha più alcun titolo per proseguire la propria attività difensiva.
Interruzione del rapporto di mandato e richiesta di pagamento del compenso
La Corte di Cassazione conferma, e non può fare altro, visti i presupposti, che l’attività prestata dal procuratore successivamente alla dichiarazione del fallimento non matura alcun compenso, essendo venuto meno ogni rapporto di patrocinio.
La Corte, tuttavia, cassa la sentenza di merito laddove aveva ritenuto tardiva la domanda di pagamento dei compensi presentata dall’avvocato.
La Corte ha ritenuto che il ritardo di presentazione della domanda non fosse imputabile all’avvocato avendo egli confidato nella prosecuzione del mandato, in particolare alla luce della novità scaturita proprio dalla stessa pronuncia della S.C. (“non constano precedenti specifici sulla questione che ha formato oggetto del presente procedimento”).
Scusante che ad oggi pare non più richiamabile, essendo venuta meno la novità.
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione civile Sez. I, Sentenza n. 4795 dep. 24/02/202
FATTI DI CAUSA
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