Espressioni colorite da parte del difensore e il divieto di espressioni offensive o sconvenienti

Il diritto di difesa può contemplare espressioni colorite, o commenti sul contegno processuale della controparte. Limiti e ragioni in Cassazione Civile Ordinanza n. 26318/2019

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Espressioni colorite da parte del difensore e il divieto di espressioni offensive o sconvenienti

Il difensore, si sa, talvolta seppur raramente, si lascia andare allo sconforto di fronte a situazioni irritanti o imbarazzanti e si sfoga con l’arte oratoria che gli appartiene, sconfinando in descrizioni colorite del comportamento di controparte, del CTU [1], o addirittura del giudicante.

Corte di Cassazione Civile, Sez. III, con Ordinanza n. 26318 depositata in data 17/10/2019 si è trovata a decidere su uno dei tanti casi, con decisione di corte d’appello che aveva ritenuto rientrare nei limiti del diritto di difesa le espressioni usate dal difensore in questione.

E’ noto che l’uso di frasi offensive e sconvenienti è ritenuto reprensibile dall’art. 52 del Codice Deontologico Forense .

Il CNF delinea un limite dell’uso di frasi scolorite vietando di spostare le argomentazioni sul piano personale e soggettivo anziché argomentare sui fatti e diritto del caso (“ … può anche ammettersi crudezza di linguaggio e asperità dei toni, ma quando la diatriba trascende sul piano personale e soggettivo l'esigenza di tutela del decoro e della dignità professionale forense impone di sanzionare i relativi comportamenti”) 2.

Anche il codice di procedura civile si occupa del fenomeno con l’art. 89 che censura le espressioni sconvenienti od offensive

1. Negli scritti presentati e nei discorsi pronunciati davanti al giudice, le parti e i loro difensori non debbono usare espressioni sconvenienti od offensive.
2. Il giudice, in ogni stato dell'istruzione, può disporre con ordinanza che si cancellino le espressioni sconvenienti od offensive , e, con la sentenza che decide la causa, può inoltre assegnare alla persona offesa una somma a titolo di risarcimento del danno anche non patrimoniale sofferto, quando le espressioni offensive non riguardano l'oggetto della causa

 

Nel caso di specie il difensore aveva, fra le altre, usato frasi quali "puntigliosità delle avverse affermazioni, peraltro nullificata da palesi errori giuridici dettati da una conoscenza sommaria della materia", o anche "tentativi, tra l'ingenuo e il maldestro, di ottenere giustizia attraverso metodi che non possono trovare ingresso nella dialettica processuale" e ancora “eccependo decadenze palesemente inesistenti con codice letto al Giudice come se questi fosse un «quivís de populo»”.

Per dette, e altre colorite frasi, l’interessato radicava una causa avanti il tribunale chiedendo la condanna dell’avvocato eccessivamente parolaio al risarcimento dei danni.

 

Risarcimento per espressioni offensive in causa separata

La Corte di Cassazione rigetta la lagnanza del ricorrente circa la possibilità di proporre la richiesta di risarcimento danni ex art. 89 c.p.c. in contenzioso diverso rispetto a quello ove le espressioni sconvenienti o offensive sono state usate.

Talvolta la domanda deve essere proposta in un giudizio separato e, aggiunge la corte, citando propri precvedenti, una di queste ipotesi si verifica "quando l'azione è proposta non nei confronti della parte, bensì del difensore".

 

Descrizione colorita del comportamento processuale di controparte

La Corte, sempre facendo richiamo a propri precedenti, ritiene rientrare nel diritto di difesa ogni espressione riferentesi al comportamento del difensore di controparte, qualora si conservi “ … un rapporto, anche indiretto, con la materia controversa, senza eccedere dalle esigenze difensive” e quando queste “ ... siano preordinate a dimostrare, attraverso una valutazione negativa del comportamento della controparte, la scarsa attendibilità delle sue affermazioni”.

Sussistono, invece, secondo la S.C. “i presupposti per il risarcimento del danno ex art. 89 cod. proc. civ., ove le espressioni contenute negli scritti difensivi non siano dettate da un passionale e incomposto intento dispregiativo, così rivelando un intento offensivo nei confronti della controparte”.

 

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Di seguito il testo di

Corte di Cassazione Civile Sez. III, Ordinanza n. 26318 dep. 17/10/2019

 

FATTI DI CAUSA

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