La crisi del metodo scientifico influisce anche sull’attività giudiziaria. La figura del CTU
L’attività giudiziaria, sia civile che penale, affida al CTU la determinazione dei fatti, e sovente la soluzione del caso che sia basata sugli aspetti tecnici. Ma qual è l'affidabilità dell'esperto? Alcuni suggerimenti

Le contraddittorie indicazioni degli “esperti” in occasione dell’emergenza covid19 meritano una riflessione, riflessione sul concetto di “scientifico” che andava accesa già da parecchio tempo.
Non occorre ricordare come “esperti” della stessa estrazione e formazione scolastica (virologi) ci indicano cause e rimedi, statistiche e quant’altro in modo estremamente contraddittorio.
Titolava La Repubblica qualche giorno fa “Coronavirus, scontro tra virologi: Burioni attacca la collega del Sacco. Ilaria Capua: "Non c'è da piangere né da ridere"”.
Ma, se vogliamo proprio dirla tutta, abbiamo anche assistito a cambi di opinioni da parte degli stessi professionisti, esperti che si permettevano di dare pareri diversi rispetto a quelli del mese precedente, e ci si chiede quindi se l’indicazione abbia una valenza scientifica o di mero indirizzo pseudo-scientifico se non politico (di “gestione” della comunità). Un quotidiano locale scriveva che abbiamo avuto “Notizie che si sono rimbalzate da una parte all'altra, … a cura di una informazione che spesso ha detto di tutto e il contrario di tutto pur di fare notizia, assistita da virologi che, con le loro stridenti contraddizioni, hanno reso difficile la comprensione del reale, infondendo così paure motivate”.
Era un virologo anche sir Patrick Vallance, consigliere di Boris Jhonson, che ha suggerito che la cosa migliore da fare nel Regno Unito per affrontare l’arrivo del Covid19 era di lasciare infettare tutti per velocizzare l’effetto gregge (e in parte così sta facendo ad oggi la Svezia).
Tutti erano e sono “esperti”, tutti hanno una lunga formazione alle spalle, numerose pubblicazioni su prestigiose riviste scientifiche ma pare, in fin dei conti, quasi con la stessa affidabilità dell’uomo del bar sotto casa 1.
La questione è allarmante nella misura in cui stiamo parlando di scienza. L’aspetto scientifico, nella società moderna, almeno quella dal dopo guerra in poi, è assurto a paradigma di certezza assoluta. E’ alla scienza, agli esperti, che si ci mette nelle mani quando i dubbi imperano; perché loro, gli scienziati, hanno le risposte certe.
Si badi, la presente non è una critica del caso specifico, una critica ai virologi, i quali costituiscono solo un pretesto per affrontare una più generale questione sulla affidabilità del parere dell’esperto, in relazione, in particolare, all’ausilio dato dagli esperti al magistrato nel corso di indagini o del processo.
Il CTU quale “esperto” nel processo
Ciò succede anche nell’attività giudiziaria, sia civile che penale, quando si affida al CTU la determinazione dei fatti, e sovente la soluzione del caso, basata sugli aspetti tecnici.
E’ pratica comune per il magistrato affidare o, meglio, delegare interamente l’analisi della componente tecnica del caso alla perizia del CTU.
I telefilm polizieschi, i gialli e altre simili ricostruzioni della realtà (la serie CSI, ad esempio), poi, enfatizzano tale capacità tecnologica facendo intendere che nulla si può nascondere alla scienza.
Tuttavia, è evidente che non è sempre così: facciamo alcuni esempi.
La “macchina della verità” (lie detector), usata con largo impiego quale mezzo di prova nelle corti statunitensi ha dimostrato, dopo molto tempo, una generica inaffidabilità 2.
Eppure molti imputati sono stati condannati grazie a quella prova e molti altri scagionati, sempre per lo stesso motivo, vale a dire l’attribuire attendibilità di prova allo strumento scientifico.
Altro esempio: il test del DNA. E’ sempre certo l’esito? Eppure leggiamo che è anche capitato che una società del settore non si è accorta che il DNA sottoposto al test era di un cane invece che di un umano 3 . Leggiamo anche che “Una recente analisi, basata sul riesame dei dati grezzi, ha rilevato che il 40 per cento delle varianti associate a specifiche malattie da test genetici "dal venditore al consumatore" si sono rivelate dei falsi positivi”.
E stiamo indicando esempi nei quali è uno strumento tecnologico a dare l’esito (pur sottoposto a interpretazione umana dei risultati e/o all’accuratezza della taratura e della competenza nell’uso dell’attrezzatura). Si pensi quanto aumenti il livello di incertezza quando si passa al mero parere dell’esperto, che scaturisce del tutto dalla “visione” e “valutazione” dell’umano.
Vogliamo tornare con i piedi per terra e ragionare su ciò che accade nelle cause quotidiane, quali pareri esprimano gli esperti nei loro depositi di relazione peritale?
Chi ha fatto un po’ di gavetta in tribunale sa di aver visto un po’ di tutto.
Cito questi esempi (alcuni dei tanti toccati con mano): 1) causa di morte in un post-operatorio in ospedale: in sede di esame autoptico ordinato dal P.M. viene individuata una causa del decesso (non sto a specificare i fatti). Il CT di parte reagiva asserendo che era una assurdità (CTU e CTP sono entrambi medico-legali esperti) ma il magistrato ovviamente confida nella bontà del parere del proprio tecnico. Nella causa civile il CTU (diverso da quello del penale) deve ammettere che la causa di morte riscontrata dal CTU del penale era una assurdità e che aveva ragione il CTP. [Postilla suggerita: per CTU del penale si intende qui il CT del PM, che è una parte processuale (e quindi dovrebbe essere equiparato ai CTP, laddove CTU evoca invece un esperto super partes), mentre l’equivalente del CTU prende, in penale, il nome di Perito.]
2) Un CTU ingegnere chiamato a risolvere una questione tecnica su un macchinario industriale dove la questione era sostanzialmente chimica. Peccato che quel CTU fosse si ingegnere ma elettronico (non chimico) che si era inserito fra i consulenti del Tribunale dopo essere andato in pensione (per arrotondare, penso) dopo avere passato la vita lavorativa come tecnico di una assicurazione e aver liquidato sinistri per tutta la vita. Inutile riferire quale sia stato l’esito della sua perizia.
3) Un ultimo esempio, per non annoiare: il CTU geometra che pur di asserire che l’edificio non era alto quanto lamentava una delle parti in causa, riusciva (oltre che a nascondere documentazione con fotocopie parziali) a scrivere che la quota di partenza dal quale si doveva misurare l’altezza, era un metro e mezzo più alta di quanto di evinceva dei luoghi di causa e dalle fotografie (abbassando così formalmente l’altezza dell’edificio).
L’inaffidabilità, genericamente, intesa dell’”esperto” deve cominciare a far riflettere. E la riflessione deve puntare l’attenzione su come fare a rimediare o a minimizzare gli effetti nefasti di una tale concreta realtà.
La scienza è inaffidabile o lo è il parere dell’esperto?
Vogliamo citare qualche esempio più “alto”? I crolli dei viadotti in Italia. Eppure “esperti”, talvota poco prima del crollo, nella gran parte dei casi avevano sottoscritto perizie nelle quali si escludeva qualsiasi pericolo. Ma poi gli scontri fra esperti continuano nella ricerca delle cause. Vediamo ad esempio che le argomentazioni della seconda perizia del crollo del viadotto Morandi di Genova indicavano come vi fosse un elevato grado di corrosione dei tiranti in acciaio. A fronte di tale riscontro, veniva evidenziato dagli esperti di una parte come fosse quella la causa del crollo; tuttavia la società Autostrade replicava asserendo che proprio quelle stesse risultanze indicavano proprio il contrario: “le percentuali di corrosione riportate nella tabella della perizia depositata oggi confermano in realtà che la capacità portante degli stralli era ampiamente garantita, come hanno dimostrato anche i risultati delle analisi compiute dal laboratorio Empa di Zurigo e dall'Università di Pisa. Quindi, l'eventuale presenza di una percentuale ridottissima di trefoli corrosi fino al 100% non può in alcun modo aver avuto effetti sulla tenuta complessiva del Ponte”.
Questa è la scienza!
Ultimo esempio alto ed eloquente: il riscaldamento climatico. Senza andare ad occuparci delle cause (fattore antropico o meno), sappiamo che di fronte ad una pletora di scienziati che affermano come sia in atto un riscaldamento del globo vi è un numero non irrilevante di altrettanto esperti che negano che ciò sia vero. Voglio ricordare solamente il prof. Carlo Rubbia, nobel per la fisica, ricercatore presso il CERN, accademico e ora anche senatore italiano, che in un intervento del 2016 chiariva “scientificamente” come non fosse affatto vero che fosse in atto un riscaldamento del pianeta e affermava: “dal 2000 al 2014 la temperatura della terra non è aumentata, è diminuita, è diminuita di 0,2 gradi” 4.
Cosa è successo al metodo scientifico? E’ mai esistito o si è corroso nel tempo? E’ un difetto intrinseco o è la scarsa affidabilità del singolo? Si dovrebbe aprire una ampia parentesi sul background della ricerca scientifica, sulle fondazioni e raccolta di fondi, sul baronismo, sulla ortodossia che nega spazio alle voci discordanti, ecc. Ma non è questa la sede dove occuparci di tale tematica.
E’ evidente, tuttavia, che qualcosa non va; va anche detto che è errato e fuorviante porre in atto una sorta di tifoseria di una fazione scientifica rispetto che dell’altra, rischiando di sminuire ancora di più la problematica. Piuttosto è giunto il momento di chiederci cosa stia succedendo e quale sia l’origine di tale situazione.
Selezione e controllo di qualità dell’esperto
Limitiamoci all’oggetto dell’articolo, il Consulente Tecnico d’Ufficio quale “esperto”.
E’ deprimente notare come, talvolta, un lungo e difficoltosamente preparato processo venga poi buttato in vacca 5, svilito nella sua portata da una perizia d’ufficio inefficiente, contraddittoria, quando non addirittura falsa e di parte. Il che, in definitiva, porta “ingiustizia” alla parte e al sistema nel suo complesso.
Un processo fatto male è un fallimento del compito dello Stato, Stato che farebbe bene a ricostruire l’importanza del processo nella sua funzione essenziale, quella di rendere giustizia quanto più vicina al vero, non una una giustizia formale, di facciata, burocratica.
Ma come si rimedia?
Da tempo ritengo che un massiccio intervento (legislativo o regolamentare, oltre che di cambio di mentalità) sia necessario nell’affidare e nello svolgere l’incarico del CTU.
Alcuni punti, senza approfondimenti ma solo come indicazioni base da elaborare.
La scelta del consulente.
1) L’Albo.
Tanto è accorta la nomina di un magistrato quanto appena sufficiente la modalità di scelta dell’ausiliario.
L’art. 13 delle disposizioni di att. del c.p.c. istituisce l’Albo dei consulenti tecnici, stabilendo che vi sia un Albo dei consulenti tecnici presso ogni tribunale, diviso in categorie, che devono comprendere sempre le seguenti: 1. medico-chirurgica; 2. industriale; 3. commerciale; 4. agricola; 5. bancaria; 6. assicurativa. Elenco assolutamente minimale ed insufficiente tant’è che ogni tribunale redige solitamente un più articolato elenco di materie. Ma chi verifica effettivamente la competenza? Chi sono gli iscritti all’albo dei consulenti tecnici? Abbiamo visto sopra la nomina dell’ingegnere elettronico nominato per una questione di chimica.
Non è semplice la soluzione di queste problematiche a causa soprattutto della strutturazione stessa dell’albo e del sistema ideato. Non tutti gli esperti si iscrivono all’albo tenuto dal tribunale, anzi. L’esperienza mi dice anche che sovente il vero esperto di qualche materia ha ben altro da fare che fare il perito del tribunale. Può essere, ad esempio, che i veri esperti di sicurezza informatica siano già profumatamente pagati da security agencies sparse per il mondo, facciano conferenze, scrivano libri, facciano il proprio business. Non credo che esistano nobel di qualche settore che siano iscritti all’albo dei consulenti presso qualche tribunale.
Quindi alla giustizia servono, o sono sufficienti, consulenti di serie B? Una domanda sulla quale riflettere.
Del resto, in senso opposto, al consulente d’ufficio è richiesta la conoscenza di come si svolge una perizia, di come evitare le nullità, di come si stende un elaborato comprensibile al giudice.
Uno studio più approfondito delle qualità del CTU, un controllo più severo sulla formazione, un allargamento ad un albo nazionale per le materie più rare o per casi particolarmente complessi, un coinvolgimento degli istituti di ricerca e delle università, sono alcuni esempi di come potrebbe riformarsi il sistema, l’albo.
2) La rotazione e la scelta del consulente.
Il c.p.c. dispone una chiamata a rotazione (art. 22 disp.att.cp.c.) 6 ma è prassi che ogni giudice abbia delle preferenze nella nomina, scegliendo per la maggior parte dei casi tecnici già conosciuti per la loro affidabilità. O per la loro simpatia?
Sempre più di frequente si nota la nomina del CTU con possibilità di nomina ausiliaria del vero esperto. Il CTU si presenta per il giuramento ma chiede la possibilità di servirsi della consulenza di un terzo soggetto, specificamente esperto della materia. Ci si chiede che senso abbia una tale pressi dovendosi, invece, nominare direttamente il vero esperto. Dovrebbe essere una pratica assolutamente vietata. A parte il raddoppio del costo, il CTU risponde direttamente al giudice e l’interposizione toglie il rapporto diretto.
3) Possibilità di impugnazione della CTU
Il deposito della CTU pone una pietra tombale sulla causa. La qual cosa è assai strana. Mentre sull’errore di visione del magistrato si da alla parte la possibilità di un appello e addirittura un terzo grado, la CTU non è soggetta a revisione.
Tuttavia, se pensiamo che la consulenza tecnica è un piccolo processo tecnico dentro un processo giuridico (garanzia del contraddittorio, tecnici a difesa tecnica per ogni parte, verbalizzazione, ecc.) notiamo la discrepanza di trattamento. A maggior ragione se si considera che una buona parte dei casi pendenti avanti un tribunale viene decisa sulla base delle risultanze di una consulenza tecnica d’ufficio, quindi non tanto giuridicamente ma tecnicamente. Ai CTU, inoltre, si affidano valutazioni che sono spesso a confine fra il tecnico ed il giuridico (un caso: la presenza del nesso eziologico).
Perché dovrebbe fare tanto scalpore parlare di appello del processo tecnico posto all’interno del processo giuridico?
A controllare la bontà, attendibilità, della perizia è il magistrato il quale, nel prendere la decisione, e adeguatamente motivando, ben può discostarsi dalle risultanze della stessa. Mi viene da aggiungere che, salvo casi estremi, se il magistrato fosse stato in origine in grado di comprendere la portata tecnica dell’indagine avrebbe potuto evitare la nomina del CTU. In ogni caso, se la questione è particolarmente tecnica il magistrato non ha le fondamenta conoscitive necessarie a confutare la bontà dell’elaborato del proprio tecnico e, nonostante legga le lamentele dei tecnici di parte, non potrà che continuare ad appoggiarsi sulle conclusioni del CTU.
4) Controllo disciplinare e responsabilità
La normativa è più che chiara nell’attribuire grave responsabilità all’ausiliario del magistrato sia sotto il profilo penale che civile che, infine, disciplinare.
Un comitato disciplinare è previsto dagli articoli da 19 a 21 disp.att.c.p.c.
La responsabilità penale è estesa dall’art. 64 c.p.c. ai consulenti tecnici: essi sono soggetti alla responsabilità dei pubblici funzionari, rifiuto di uffici legalmente dovuti (art. 366 c.p.), falsa perizia o interpretazione (art. 373 c.p.c.) e frode processuale (art. 374 c.p.).
Tuttavia lo strumento è raramente utilizzato e gli stessi avvocati mai, o quasi, si spingono a denunciare un CTU che abbia fallito la propria missione in modo gravemente colposo se non addirittura doloso.
Invece l’attenzione sulla bontà e affidabilità del tecnico non dovrebbe mai venire meno.
Infine, è lo stesso tribunale a decidere sulla disciplina. Come abbiamo visto con la riforma della legge professionale forense che ha spostato all’esterno l’istruttoria e decisione del procedimento disciplinare dell’avvocato, è nozione comune che il trattenere “in casa” tali procedimenti non è sempre sinonimo di imparzialità.
La CTU decide di fatto la causa, non il giudice. Ciò tutte le volte nelle quali la controversia verte sui fatti (e la loro interpretazione tecnica) e non sulla loro interpretazione giuridica. Stiamo parlando di una fetta enorme, se non la maggioranza, delle questioni decise dalle nostre corti. Se non ci si decide ad entrare in questa mentalità si nega l’evidenza.
Il controllo sull’esperto è quanto mai opportuno come è opportuno che cada la visione di definitività del parere tecnico.
Infine, perché istituire così tante garanzie del processo quando poi nella concretezza quotidiana a decidere è un soggetto terzo, la cui decisione è inappellabile?
Qualcosa su cui riflettere.
Avv. L.M.Rasia
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1 - “In tempi recenti però il sistema si trova ad affrontare quella che è stata battezzata una “crisi della riproducibilità”: una parte sempre maggiore degli esperimenti riportati nelle pubblicazioni scientifiche risulta, alla prova dei fatti, non replicabile. Parliamo di percentuali elevatissime: uno studio di Brian Nosek pubblicato nel 2015, per esempio, ha preso in considerazione 98 articoli di psicologia, riuscendo a riprodurne i risultati solo nel 39% dei casi. Nel 2011 Bayer ha fatto sapere che i tentativi dei suoi laboratori di riprodurre esperimenti farmaceutici falliscono nel 65% dei casi. E nel 2010 la rivista Lancet aveva già calcolato che ben l’85% dei fondi destinati alla ricerca medica va sprecato in esperimenti non riproducibili, e quindi del tutto inutili al progresso della scienza.” in Contro la crisi della riproducibilità della ricerca
2 - Vedi ad esempio “Usa: la macchina della verità non funziona più” dove si legge “L’associazione avrebbe acquisito una serie di documenti riservati della Defense Intelligence Agency (Dia) che evidenzierebbero la possibilità – per spie, sabotatori e terroristi – di dribbling delle dinamiche di controllo sull’attendibilità delle dichiarazioni rilasciate nel corso degli interrogatori” e poi ancora “Tra i “fallimenti” storici del “polygraph test” si ricorda nel 2001 il caso di Ana Belen Montes, analista senior della Dia incaricata di approfondire le problematiche relative a Cuba e poi sospettata di essere un agente doppiogiochista al servizio di Fidel Castro. Addestrata dall’intelligence dell’Avana, la donna riuscì a superare il confronto con il “lie detector” ripetutamente nel corso della propria carriera, continuando a lavorare con mansioni delicate fino al suo arresto.”. La gara fra chi esercita il legilimens e chi si oppone con l’occlumanzia è sempre in atto (Harry Potter insegna).
3 - Un test del DNA decide se un padre debba pagare gli alimenti per un figlio, ad esempio. Oppure se un soggetto fosse presente sul luogo di un delitto. Vedasi “Anche il test del Dna mente: l'errore rovina una famiglia” (una vicenda riportata da Il Giornale) e “Quanto sono accurati i test on-line del DNA?” in Le scienze 2018.
4 - Vedi su Youtube “Carlo Rubbia, Nobel per la fisica, smonta la bufala dei cambiamenti climatici”.
5 - Da Encipclopedia Treccani: “b. Al plur. vacche, nome dato comunem. ai bachi da seta ammalati di giallume, perché si gonfiano in modo anomalo; andare in vacca, dei bachi da seta che si ammalano, o che, più genericamente, diventano flaccidi e cessano di fare il bozzolo; per traslato, di persona, diventare fiacco, svogliato (cfr. il sinon. invacchire); in usi region., andare in v., guastarsi, detto per es., del tempo che si rannuvola, o anche rovinarsi, andare a finire male: la festa, o la nostra iniziativa, è andata in vacca”.
6 - Art. 23 disp.att.c.p.c. primo comma: Il presidente del tribunale vigila affinché, senza danno per l'amministrazione della giustizia, gli incarichi siano equamente distribuiti tra gli iscritti nell'albo in modo tale che a nessuno dei consulenti iscritti possano essere conferiti incarichi in misura superiore al 10 per cento di quelli affidati dall’ufficio ...