Diritto al risarcimento del genitore per assistenza al figlio lesionato in un incidente stradale
La perdita dell’anno scolastico causata da incidente stradale va risarcita così come il danno non patrimoniale al genitore sia per sofferenza propria che per la dovuta assistenza al figlio. Cassazione Sentenza n. 25843/2020

La Sentenza n. 25843 depositata in data 13 novembre 2020 della Corte di Cassazione Civile si esprime in ordine a due questioni di particolare importanza nella pratica quotidiana, in relazione alla risarcibilità e quantificazione di voci di danno a favore dei genitori conseguenti alle lesioni patite dal figlio, nel caso minorenne, a seguito di incidente stradale. Voci di danno la cui richiesta è solitamente respinta dalle compagnie di assicurazione.
Il fatto.
Nel caso di specie un minore investito in motorino subiva forti lesioni con un periodo di coma di sei giorni.
Con la richiesta di risarcimento del danno subito dal minore, i genitori proponevano anche domanda di risarcimento a proprio favore adducendo la propria sofferenza psicofisica per la preoccupazione sulla sorte del minore per il periodo di coma e per essere ristorati del lungo tempo occupato per prestare assistenza al figlio, durante e anche dopo la degenza ospedaliera.
A favore del minore veniva proposta domanda di ristoro del danno subito per perdita dell’anno scolastico.
Il risarcimento del danno per perdita dell’anno scolastico
Trattasi di un danno futuro ritenendosi che la perdita dell’anno scolastico integri un ritardo di pari tempo nell’inserimento nel mondo del lavoro e, quindi, una perdita di guadagno ipotetico nel periodo futuro. Una Cassazione del 2003 (Sent n. 14678) ebbe ad affermare che nell'ipotesi di invalidità permanente causata da un fatto illecito ad un minore, che per la sua età non svolga attività lavorativa, il danno consistente nel mancato guadagno futuro rispetto a quello che l'infortunato avrebbe percepito se la sua capacità lavorativa non fosse stata menomata, non può essere determinata dal giudice che per mezzo di presunzioni, in base al tipo di attività lavorativa che presumibilmente, il minore effettuerà o avrebbe effettuato (in caso di invalidità totale) in futuro: tipo di attività che va accertata con criteri di probabilità, tra cui gli studi compiuti o le inclinazioni manifestate dal minore, se e possibile rilevarle nel caso concreto (Cass. 1.7.1998, n. 6420), ovvero tenendo conto dell'attività lavorativa e della posizione economico-sociale della famiglia del minore (Cass. 3.3.1981, n. 1228) ovvero di altri elementi da cui desumere quale attività probabilmente avrebbe esercitato il minore, al fine di determinare il suo probabile reddito futuro.
Riferimento giurisprudenziale, questo, utilizzato da Cass. 3949/2007 proprio in relazione ad una domanda di risarcimento del danno subito per il mancato conseguimento del risultato scolastico nell’anno in cui si era verificato l’incidente.
Secondo l'arresto del 2007, il giudice del merito dovrà tenere conto “del danno specificatamente rapportabile al ritardo (in via eziologica riferibile all’atto illecito produttivo del danno alla persona) nel conseguimento del titolo di studio, di questa circostanza può essere eventualmente tenuto conto nella misura in cui quel ritardo stesso allunga i tempi per svolgere la probabile attività lavorativa (produttiva di reddito) per il cui esercizio il titolo di studio è necessario”.
La Corte di Cassazione 25843/2020 conferma i precedenti, assegnando al giudice di merito la possibilità di avvalersi della personalizzazione del danno per valutare lo sconvolgimento di vita derivante dall’incidente nel quale eventualmente ricomprendere il danno per perdita dell’anno. Quanto alla prova, la stessa Corte fa riferimento a “ … nozioni di comune esperienza la gravità delle conseguenze della perdita di un anno scolastico”.
In merito la Corte di Cassazione afferma il seguente principio di diritto:
«in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute, la misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato negli uffici giudiziari di merito (nella specie, le tabelle milanesi) può essere incrementata dal giudice, con motivazione analitica e non stereotipata, in presenza di conseguenze anomale o del tutto peculiari (tempestivamente allegate e provate, sia pure sulla base di nozioni di comune esperienza, dal danneggiato), sicché incorre in nullità della sentenza ed in violazione degli artt. 1226 e 2056 cod. civ., sotto il profilo della carenza di idonea motivazione sull'integralità del risarcimento, il giudice del merito che non motivi in modo adeguatamente analitico sulle circostanze idonee a personalizzare la liquidazione, pure idoneamente quanto meno allegate ed in parte provate dal danneggiato».
Danni patiti dai genitori per assistenza e alterazione delle proprie condizioni di vita
Richiamando propri precedenti la Corte di Cassazione conferma che “il familiare di una persona lesa dall'altrui condotta illecita può subire un danno non patrimoniale che deve essere risarcito nel suo duplice aspetto della sofferenza soggettiva e del conseguito mutamento peggiorativo delle abitudini di vita, purché tali pregiudizi rivestano i caratteri della serietà del danno e della gravità della lesione”.
Quanto alla prova, ancora la S.C. fa riferimento alle “nozioni di comune esperienza” aggiungendo come abbia un carattere ordinario l'assistenza ad un figlio minorenne convivente a lungo ricoverato lontano dalla residenza familiare e poi soggetto a non semplice riabilitazione. Ciò è sufficiente a provare gli sconvolgimenti e/o le sofferenze a tanto connesse, aggiungendo: “ove pure si voglia dimenticare il comprensibile strazio dei genitori nei giorni di coma e nei periodi in cui si palesava incerto ed angoscioso il recupero del figlio, può dirsi tecnicamente raggiunta in punto di an debeatur, salva ogni ulteriore valutazione”.
E aggiunge questo secondo principio di diritto:
«il familiare di una persona lesa dall'altrui condotta illecita può subire un danno non patrimoniale che deve essere integralmente risarcito nel suo duplice aspetto della sofferenza soggettiva e del conseguito mutamento peggiorativo delle abitudini di vita, purché tali pregiudizi rivestano i caratteri della serietà del danno e della gravità della lesione, potendo di essi darsi prova anche per allegazione di fatti corrispondenti a nozioni di comune esperienza (come l'ordinarietà della sofferenza dei genitori nei non pochi giorni di coma del figlio e nei periodi in cui se ne presentava incerto il recupero, nonché quella dell'assistenza ad un figlio minorenne già convivente, a lungo ricoverato lontano dalla residenza familiare e poi soggetto a non semplice riabilitazione)».
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Di seguito il testo di
Corte di Cassazione Civile Sez. III, Sentenza n. 25843 dep. 13/11/2020
Fatti di causa
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