Sostituzione della pena detentiva con pagamento. Costo troppo elevato. Illegittimità costituzionale

Troppo elevato il costo della sostituzione della pena detentiva con sanzione pecuniaria. Illegittimità costituzionale per l’art. 53 co. 2 L. 589/81. Corte Costituzionale sentenza n. 28/2022

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Sostituzione della pena detentiva con pagamento. Costo troppo elevato. Illegittimità costituzionale

La Corte Costituzionale, con Sentenza n. 28, depositata in data 1/2/22 ha dichiarato parzialmente incostituzionale l’articolo 53, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, per violazione dei principi di eguaglianza e finalità rieducativa della pena.

Si riporta di seguito il secondo comma dell’art. 53 su indicato:

La sostituzione della pena detentiva ha luogo secondo i criteri indicati dall'articolo 57. Per determinare l'ammontare della pena pecuniaria il giudice individua il valore giornaliero al quale puo' essere assoggettato l'imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Nella determinazione dell'ammontare di cui al precedente periodo il giudice tiene conto della condizione economica complessiva dell'imputato e del suo nucleo familiare. Il valore giornaliero non puo' essere inferiore alla somma indicata dall'articolo 135 del codice penale [che prevede un importo di euro 250,00] e non puo' superare di dieci volte tale ammontare. Alla sostituzione della pena detentiva con la pena pecuniaria si applica l'articolo 133-ter del codice penale.

 

Secondo la Corte Costituzionale l’importo minimo di 250 euro al giorno, previsto dalla norma, costituisce un privilegio per i condannati abbienti e una disparità di trattamento nei confronti dei mano abbienti. Pur essendo fermo il dettato normativo che prevede un massimale di euro 2.500,00 al giorno.

Secondo la Corte mentre è indubbio che l’effetto sulla persona della pena detentiva manifesta i suoi effetti in maniera uguale per tutti i condannati, la pena pecuniaria pesa molto meno per chi ha maggiori disponibilità economiche.

La Corte Costituzionale suggerisce che i 250 euro possano essere diminuiti nella misura di euro 75 in quanto già previsti in materia di decreto penale di condanna.

Ciò punta a stabilire un principio di uguaglianza “sostanziale” e non solo “formale”.

Scrive la Corte: “Una quota giornaliera di 250 euro è, all’evidenza, ben superiore a quella che la gran parte delle persone che vivono oggi nel nostro Paese sono ragionevolmente in grado di pagare, in relazione alle proprie disponibilità reddituali e patrimoniali. Moltiplicata poi per il numero di giorni di pena detentiva da sostituire, una simile quota conduce a risultati estremamente onerosi per molte di queste persone, sol che si consideri ad esempio – come già osservato nella sentenza n. 15 del 2020 – che «il minimo legale della reclusione, fissato dall’art. 23 cod. pen. in quindici giorni, deve oggi essere sostituito in una multa di almeno 3.750 euro, mentre la sostituzione di sei mesi di reclusione (pari al limite massimo entro il quale può operare il meccanismo previsto dall’art. 53, comma 2, della legge n. 689 del 1981) dà luogo a una multa non inferiore a 45.000 euro»”.

 

Si riporta di seguito il dispositivo della Sentenza:

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 53, secondo comma, della legge 24 novembre 1981 n. 689 (Modifiche al sistema penale), nella parte in cui prevede che «[i]l valore giornaliero non può essere inferiore alla somma indicata dall’art. 135 del codice penale e non può superare di dieci volte tale ammontare», anziché «[i]l valore giornaliero non può essere inferiore a 75 euro e non può superare di dieci volte la somma indicata dall’art. 135 del codice penale»;

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 53, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, sollevate, in riferimento agli artt. 3, secondo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Ravenna con l’ordinanza indicata in epigrafe;

3) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 53, secondo comma, della legge n. 689 del 1981, sollevata, in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 49, paragrafo 3, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (CDFUE), dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale ordinario di Taranto con l’ordinanza indicata in epigrafe.

 

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Di seguito il testo di

Corte Costituzionale Sentenza n. 28 dep. 01/02/2022

 

Ritenuto in fatto

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