Leasing: le azioni per far valere i vizi della cosa locata: le SS.UU.
Vizi della cosa nel leasing e azioni del concedente e dell'utilizzatore nei confronti del fornitore in una sentenza delle SS.UU. della Cassazione (Sent. n. 19785/15)

La questione dibattuta affrontata dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite (Sentenza n. 19785 del 05/10/2015) riguarda la legittimazione attiva dell'utilizzatore del bene concesso in leasing (il conduttore finanziario) nei confronti del fornitore del bene in questione. E' evidente, infatti, che nella locazione finanziaria il contratto di vendita è, per l'utilizzatore, negozio stipulato tra terzi (res inter alios acta) rispetto al quale egli non avrebbe alcun potere d'incidenza.
Il dibattito sul tema scaturisce dalla preoccupazione che l'utilizzatore, in assenza di clausole contrattuali che gli trasferiscano la posizione sostanziale del concedente rispetto ad ipotesi risolutive del contratto di fornitura rimanga sfornito di tutela, nell'inerzia del concedente.
Vi è, dunque, da chiedersi quali siano i rimedi esperibili dall'utilizzatore in ipotesi di vizi della cosa (oggetto sia del contratto del leasing, sia di quello di fornitura) in una vicenda contrattuale che, nella prassi mercantile, tende ad affermare l'esonero del concedente da responsabilità per vizi della cosa ed il corrispondente obbligo dell'utilizzatore di accertare la conformità del bene in sede di consegna.
Il caso di specie aveva visto una opposta soluzione prospettata dal Tribunale di primo grado rispetto alla corte del gravame. Il ricorrente per cassazione aveva formulato, infine, il seguente quesito: "se vi è stata violazione e falsa applicazione dell'art. 1705 c. c. e dei criteri che presiedono all'interpretazione dei negozi giuridici in virtù dei quali nel contratto di locazione finanziaria all'utilizzatore è riconosciuta, quale effetto naturale connaturato all'operazione di locazione finanziaria stessa, una tutela diretta verso il fornitore per i vizi della cosa anche in assenza di specifiche clausole contrattuali, avendo ritenuto nel caso di specie la corte di appello di Venezia, nonostante la pacifica e documentata sussistenza della locazione finanziaria, il difetto di legittimazione attiva dell'utilizzatore, sul presupposto che la stessa dovesse avere la propria fonte in un patto contrattuale non rinvenuto agli atti del giudizio; dovendosi invece dichiarare sussistente la legittimazione attiva dell'odierna ricorrente quale utilizzatore nel contratto di locazione finanziaria intercorrente con la Car D., con ogni conseguenza di legge".
Riassume la Corte di Cassazione in questo modo: "La questione sottoposta alle Sezioni Unite può essere, dunque, così sintetizzata: se, in caso di leasing finanziario, l'utilizzatore sia legittimato — oltre che a far valere la pretesa all'adempimento del contratto di fornitura e al risarcimento del danno conseguentemente sofferto — anche a proporre domanda di risoluzione del contratto di vendita tra il fornitore e la società di leasing, come effetto naturale del contratto di locazione finanziaria, oppure se tale legittimazione sussista solamente in presenza di specifica clausola contrattuale con la quale venga trasferita la posizione sostanziale. del concedente all'utilizzatore".
Nel ricostruire gli indirizzi giurisprudenziali formatisi, la Suprema Corte accerta che ogni diversa interpretazione affonda le origini nella diversa qualificazione del rapporto esistente, in definitiva, fra tre parti, il fornitore, il concedente e l'utilizzatore.
Nei due schieramenti fondamentalmente opposti vi è chi dichiara la sostanziale e formalistica separazione dei due contratti (quello di fornitura e quello di locazione finanziaria) e chi invece invoca una unitarietà necessaria dei due contratti, data da un unico scopo perseguito.
Secondo la Corte di Cassazione "l'istituto della locazione finanziaria si presenta, invece, nella pratica mercantile, sotto forme e strutture diverse, di volta in volta adattate a realizzare i concreti e disparati interessi degli operatori economici, tradotti in formulari contrattuali che hanno soltanto alcuni punti in comune ma che, abitualmente, sono diversamente forgiati secondo le concrete esigenze in campo ... E' così che nella generica denominazione di leasing si vanno a ricomprendere numerosissime figure contrattuali, ognuna avente la sua peculiarità, quali (solo per citarne alcune) il leasing traslativo e quello di godimento, il leasing operativo e quello al consumo, il leasing pubblico e quello finanziario immobiliare, il lease back e la locazione finanziaria di autoveicoli, navi ed aeromobili".
Vi è un filo conduttore che unisce le varie figure di leasing: afferma la S.C. che nella sostanza "è lo stesso utilizatore/locatario a scegliere non solo il bene in tutte le sue caratteristiche, ma anche il fornitore, il quale ultimo è consapevole dei risvolti dell'operazione, ossia che la cosa viene acquistata dal concedente perché questi la dia in godimento all'utilizzatore".
Ciò nonostante la vicenda giuridica deve essere sottratta dall'ambito del rapporto plurilaterale e la sua sussunzione in quello del contratto collegato fa sì che le parti possano gestire separatamente i distinti rapporti contrattuali, secondo le rispettive funzioni, assegnando rilevanza giuridica a quelle sole interdipendenze che realmente condizionano l'attuazione dell'operazione economica.
In questa ottica, in presenza di vizi, di dovranno distinguere due diverse ipotesi.
Secondo una prima ipotesi, quella in cui i vizi siano immediatamente riconoscibili dall'utilizzatore, v'è l'obbligo dell'utilizzatore di informare il concedente circa ogni questione che sia per questo rilevante, così come v'è l'obbligo a carico del concedente di solidarietà e di protezione verso l'utilizzatore, al fine di evitare che questo subisca pregiudizi.
Nella seconda ipotesi quella per cui i vizi si manifestano successivamente alla consegna, - si tratterà di vizi occulti o in mala fede taciuti dal fornitore ed emersi dopo l'accettazione verbalizzata da parte dell'utilizzatore - si dovrà consentire all'utilizzatore di agire direttamente contro il fornitore per l'eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa. Aggiunge la S.C.: "Ma, laddove ne ricorrano i presupposti, anche in questo caso il concedente, informato dall'utilizzatore dell'emersione dei vizi, ha, in forza del canone integrativo della buona fede, il dovere giuridico (non la facoltà) di agire verso il fornitore per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo, con tutte le conseguenze giuridiche ed economiche riverberantesi sul collegato contratto di locazione".
Le Sezioni Unite, allafine del lungo percorso logico esprimono il seguente principio di diritto:
"In tema di vizi della cosa concessa in locazione finanziaria che la rendano inidonea all'uso, occorre distinguere l'ipotesi in cui gli stessi siano emersi prima della consegna (rifiutata dall'utilizzatore) da quella in cui siano emersi successivamente alla stessa perché nascosti o taciuti in mala fede dal fornitore. Il primo caso va assimilato a quello della mancata consegna, con la conseguenza che il concedente, in forza del principio di buona fede, una volta informato della rifiutata consegna, ha il dovere di sospendere il pagamento del prezzo in favore del fornitore e, ricorrendone i presupposti, di agire verso quest'ultimo per la risoluzione del contratto di fornitura o per la riduzione del prezzo. Nel secondo caso, l'utilizzatore ha azione diretta verso il fornitore per l'eliminazione dei vizi o la sostituzione della cosa, mentre il concedente, una volta informato, ha i medesimi doveri di cui al precedente caso. In ogni ipotesi, l'utilizzatore può agire contro il fornitore per il risarcimento dei danni, compresa la restituzione della somma corrispondente ai canoni già eventualmente pagati al concedente".
Di seguito il testo di Corte di Cassazione a SS.UU. Sentenza n. 19785 del 05/10/2015:
1 - Il processo.
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