Sulla distinzione del reato di truffa da quello di estorsione
Sulla qualificazione giuridica del delitto di estorsione in luogo di quello di truffa, e relativi caratteri distintivi si esprime la Corte di Cassazione Penale Sez. II, Sentenza n° 45504/15

Tizio e Caio riuscivano a farsi consegnare somme di danaro ingenerando nella persona offesa il pericolo immaginario che un fantomatico "siciliano" prospettasse richieste estorsive nei suoi confronti per un immaginario torto subito. Gli autori, quindi, agivano prospettando alla persona offesa non un male direttamente proveniente da loro ma proveniente da un fantomatico terzo traendo, di conseguenza, in inganno la persona offesa.
Condannati dalla Corte d'Appello in qualità di colpevoli del reato di concorso in estorsione continuata ed aggravata, veniva proposto ricorso per cassazione, con il quale, in particolare, veniva lamentata la erronea qualificazione giuridica del delitto di estorsione in luogo di quello di truffa aggravata dal pericolo immaginario.
Decide la Corte Cassazione con Sentenza n° 45504 del 16 Novembre 2015, la quale richiamando propria giurisprudenza ricorda:
"Secondo un primo orientamento "il criterio distintivo tra il reato di truffa e quello di estorsione, quando il fatto è connotato dalla minaccia di un male, va ravvisato essenzialmente nel diverso modo di atteggiarsi della condotta lesiva e della sua incidenza nella sfera soggettiva della vittima: ricorre la prima ipotesi delittuosa se il male viene ventilato come possibile ed eventuale e comunque non proveniente direttamente o indirettamente da chi lo prospetta, in modo che la persona offesa non è coartata, ma si determina alla prestazione, costituente l'ingiusto profitto dell'agente, perchè tratta in errore dalla esposizione di un pericolo inesistente; mentre si configura l'estorsione se il male viene indicato come certo e realizzabile ad opera del reo o di altri, in tal caso la persona offesa è posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all'agente il preteso profitto o di subire il male minacciato.
Secondo altro orientamento si è, invece, puntata l'attenzione sulla dipendenza dalla volontà dell'agente del male minacciato (dal soggetto agente o da terzi) così precisandosi che "integra il reato di estorsione, e non di truffa aggravata, la minaccia di un male, indifferentemente reale o immaginario, dal momento che identico è l'effetto coercitivo esercitato sul soggetto passivo, tanto che la sua concretizzazione dipenda effettivamente dalla volontà dell'agente, quanto che questa sia la rappresentazione della vittima, ancorchè in contrasto con la realtà effettiva, a lei ignota
...
Secondo altra tesi si sostiene, poi, che il criterio distintivo fra i due reati debba essere di natura oggettiva in quanto ciò che rileva è solo il mezzo utilizzato (ossia gli artifizi e raggiri) e non gli effetti che i medesimi hanno sulla volontà della vittima".
Valorizzando la rilevanza dell'elemento psicologico nella persona offesa al momento in cui viene compiuta l'azione, e quindi con una valutazione ex ante, a conclusione del ragionamento la Suprema Corte afferma: "ritiene l'odierno Collegio di aderire al primo degli orientamenti indicati, di recente ribadito dalla citata sentenza n. 7662/2015 atteso che nel caso di specie il male alla persona offesa è stato indicato come certo e realizzabile ad opera di altri (nella specie il "siciliano") con la conseguenza che la persona offesa è stata posta nella ineluttabile alternativa di far conseguire all'agente il preteso profitto o di subire il male minacciato e tale valutazione non poteva certo che essere effettuata ex ante cioè al momento in cui la situazione è stata posta all'attenzione del B.".
Di seguito il testo di Corte Cassazione Penale Sez. II, Sentenza n° 45504 del 16/11/2015:
Svolgimento del processo
Se sei registrato esegui la procedura di Login, altrimenti procedi subito alla Registrazione. Non costa nulla!