Nessun risarcimento in caso di declaratoria di illegittimità costituzionale di legge regionale
Non è ipotizzabile alcun danno risarcibile in caso di declaratoria di illegittimità costituzionale di legge regionale, per violazione della potestà legislativa esclusiva statale, Corte Cassazione Sentenza n. 23730/16

La Corte di Cassazione (con Sent. Cass., sez. III Civ, n. 23730 del 22/11/2016) afferma che in caso di declaratoria di illegittimità costituzionale di legge regionale, per violazione della potestà legislativa esclusiva statale, non è ipotizzabile alcun danno risarcibile, a somiglianza di quanto previsto per la responsabilità dello Stato italiano in caso violazione del diritto dell’Unione europea.
Non è ipotizzabile, in detta ipotesi, quella distinzione tra ordinamenti, con prevalenza di quello europeo sul nazionale, che costituisce il fondamento di tale ipotesi di responsabilità.
Nel caso giudiziale alla base della decisione della Corte di Cassazione, l'amministrazione fallimentare della società S. s.r.l. conveniva in giudizio, davanti al tribunale di Ancona, la regione Marche chiedendo che ne fosse accertata la responsabilità, ex art. 2043, c.c., per l'emanazione della legge regionale n. 25 del 2011, dettata in materia di impianti fissi di radiocomunicazione con finalità di tutela ambientale e sanitaria della popolazione, successivamente dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale n. 307 del 2003, con particolare riferimento agli artt. 3, commi 4 e 6, e 7 comma 3.
La società attrice adduceva di essere stata una florida azienda di riferimento per attività di installazione e collaudo di apparecchi di telefonia fissa e mobile, e di aver subito, a causa delle norme restrittive poi caducate, un repentino arresto dell'attività produttiva, con conseguente perdita di commesse e rilevanti pregiudizi economici.
La regione Marche ha immediatamente contestato la configurabilità di una responsabilità per attività legislativa in mancanza del nesso causale prospettato.
In primo grado il tribunale accoglieva la domanda della società attrice.
La corte di appello di Ancona, investita del gravame di merito, in ordine alla quantificazione del danno, riformava la decisione di prime cure pur confermando la sussistenza di una responsabilità dell'ente regionale. Rilevava, in senso ostativo, la mancanza di un diritto tutelabile essendo, la normativa in parola, diretta a regolare l'attività di compagnie telefoniche e non quella di costruzione dei relativi impianti.
La società S. s.r.l. ricorre in Cassazione, adducendo, tra l’altro, la nullità della sentenza o in subordine la violazione o falsa applicazione della legge, in relazione agli artt. 132 n. 4, c.p.c., e 2043, c.c., per aver applicato i "criteri comunitari" per la verifica della sussistenza della suddetta colpa, in luogo di quelli enucleabili direttamente dall'art. 2043, c.c.
La regione Marche, controricorrendo, deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 28, 122 e 77 comma 2 Cost., per non aver escluso la configurabilità di una responsabilità dell'ente per un'attività libera quale quella politico- legislativa, non comparabile con la ricostruzione concernente la cornice comunitaria, innervata, quest'ultima, dalla deroga al principio d'irresponsabilità da illecito legislativo in ragione della parziale rinuncia alla sovranità posta in essere dallo Stato. 2
In sintesi, la principale questione posta riguarda la possibilità di configurare una responsabilità dell'ente regione per l'adozione, da parte della propria assemblea competente, di una legge regionale contenente alcune norme successivamente dichiarate incostituzionali, nell'ipotesi per violazione dell'art. 117, comma 2 lettera s) e comma 3, della Carta, perché invasive della competenza legislativa statale, con riferimento, più in particolare, all'art.4, comma 1, lettera a, della legge n. 36 del 2001.
Come ricostruito dalla Corte di Cassazione, secondo la prospettazione fatta propria anche dalla decisione di merito, la descritta fattispecie sarebbe sussumibile nel medesimo schema ricostruttivo della violazione, da parte del legislatore statale, dei vincoli derivanti dall'ordinamento sovranazionale comunitario, con ripetibilità dei presupposti di responsabilità quali individuati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia europea (si vedano le sentenze 10 novembre 1991 "Francovich", cause riunite C-6/90 e C-9/90, e soprattutto 5 marzo 1996 "Brasserie du pecheur" e "Factortame" cause riunite C-46/93 e V-48/93).
In entrambe le ipotesi, infatti, vi sarebbe violazione della fonte sovraordinata, ferma la verifica, a valle, degli altri presupposti risarcitori.
La Corte di Cassazione non condivide detta tesi.
L'ormai consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, enucleata per il caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie, dalla suddetta violazione del diritto dell'Unione europea sorge il diritto degli interessati alla rifusione dei danni che va ricondotto, anche a prescindere dall'esistenza di uno specifico intervento legislativo accompagnato da una previsione risarcitoria, allo schema della responsabilità per inadempimento dell'obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria per attività non antigiuridica, dovendosi ritenere che la condotta dello Stato inadempiente sia suscettibile di essere qualificata come antigiuridica nell'ordinamento comunitario, connotato da primazia rispetto a quello del singolo Stato membro, ma non anche alla stregua dell'ordinamento interno (si veda ad esempio Cass. Sez. Unite n. 9147 del 2009).
In conclusione, a fronte della libertà della funzione politica legislativa (artt. 68, comma 1, 122, comma 4, Cost.), non è ravvisabile un'ingiustizia che possa qualificare il danno allegato in termini di illecito, e arrivare a fondare il diritto al suo risarcimento quale esercitato nel giudizio in esame.
Davide Giovanni Daleffe
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Di seguito il testo di
Corte Cassazione Civile Sentenza n. 23730 del 22/11/2016:
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