Il reato di truffa commesso attraverso vendite “on line” e relative aggravanti

La Corte di cassazione in merito al reato di truffa commesso attraverso vendite “on line”. Corte Cassazione Penale Sentenza n. 43705 14/10/2016

 Il reato di truffa commesso attraverso vendite “on line” e relative aggravanti

La seconda sezione penale della Corte di Cassazione, con Sent. n. 43705 depositata il 14/10/2016, afferma la configurabilità dell’aggravante della c.d. “minorata difesa”, prevista dall’art. 61 n. 5 del Codice Penale, richiamata dall’art. 640, comma 2, n. 2 bis, del Codice Penale.

 

Il Codice Penale dispone all’articolo 640 c.p., relativo al reato di truffa, che

chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032. La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549: (omissis) bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5).

L’articolo 61 c.p. (relativo alle Circostanze aggravanti comuni), sopra richiamato, dispone che

aggravano il reato quando non ne sono elementi costitutivi o circostanze aggravanti speciali le circostanze seguenti: (omissis) 5) l’avere profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa; (omissis).

 

Nei fatti alla base della decisione della Corte di legittimità, il Tribunale di Brescia annullava l'ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Bergamo che aveva applicato all'indagato la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ad una pluralità di delitti di truffa aggravata dalla “minorata difesa”, di cui al n. 5) dell’art. 61 c.p., come richiamata ex all'art. 640, comma 2, n. 2-bis, cod.pen..

L’indagato, dopo aver inserito, su noti e specializzati portali internet, diversi annunci di vendita di telefoni cellulari di varie marche o di personal computer, perfezionava la vendita on line di tali beni incassando somme di danaro che gli venivano bonificate su conti correnti o accreditate su carte prepagate, i cui numeri egli forniva ai soggetti che rispondevano all'annuncio, non provvedendo successivamente alla consegna agli acquirenti dei beni oggetto della vendita. In tale condotta, il Giudice per le indagini preliminari aveva individuato gli estremi del reato di truffa, ritenendo sussistente anche l'aggravante di cui all'art. 640, comma 2, n. 2-bis, cod.pen., contestata nella imputazione provvisoria nei seguenti termini: "per avere profittato di circostanze di luogo e di tempo tali da ostacolare la privata difesa, avendo commesso il fatto attraverso contatti telematici e a distanza che non permettono alla persona offesa di controllare l'identità e la serietà dell'interlocutore/contraente, né l'esistenza del bene offerto".

Il Tribunale di Brescia, su impugnazione dell'indagato, dopo aver premesso che la possibilità di applicare la misura cautelare conseguiva esclusivamente alla contestazione della menzionata aggravante, riteneva che essa non fosse sussistente, dal momento che la condotta dell’indagato - il quale aveva ammesso gli addebiti - in ragione delle peculiarità proprie della vendita on-line, integrasse gli artifici e raggiri del reato di truffa, senza tuttavia individuare altri elementi ulteriori, esterni alla struttura del reato, integranti l'aggravante della minorata difesa. Sottolineando, altresì, che per la configurabilità di quest'ultima "l'eventuale approfittamento delle vittime deve essere valutato in concreto, con riferimento a situazioni che denotano nel soggetto passivo una particolare vulnerabilità della quale l'agente trae consapevolmente vantaggio e non già come modalità seriale".

 

Propone ricorso per cassazione il Pubblico ministero, deducendo violazione di legge e vizio della motivazione, sostenendo che proprio le particolari modalità delle vendite on-line, individuate dallo stesso Tribunale, sarebbero connotate da peculiari requisiti oggettivi idonei a porre il venditore in una posizione di forza, da lui conosciuta e della quale egli avrebbe approfittato in danno dell'acquirente; la cui posizione contrattuale, al contrario, sarebbe contraddistinta da una intrinseca debolezza, per effetto del perfezionamento "a distanza" della transazione, con la conseguente impossibilità, da parte sua, tanto di visionare in anticipo il bene rispetto al pagamento, quanto di saggiare l'affidabilità del venditore. Nel che, il ricorrente ha ravvisato quelle caratteristiche ulteriori e specifiche degli artifici e raggiri, le quali, rendendo più insidiosa la condotta rispetto alle normali dinamiche contrattuali, configurerebbero l'aggravante contestata, oggetto, peraltro, di recente intervento legislativo volto ad estenderne l'applicazione.

 

La Corte di Cassazione, ritenendo fondato quanto addotto dal P.M., afferma che l'art. 61, comma 1, n. 5, cod.pen., stabilisce che l'aggravante della cosiddetta minorata difesa si configura allorquando l'agente abbia "approfittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all'età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa".

Per la sua applicazione, secondo la consolidata giurisprudenza di legittimità condivisa dal Collegio, occorre che vi siano condizioni oggettive conosciute dall'agente e di cui questi abbia volontariamente approfittato, valutazione che deve essere fatta "in concreto", "caso per caso" e secondo una "valutazione complessiva" degli elementi disponibili. Tali condizioni, secondo la norma, possono essere di "tempo, di luogo o di persona".

Orbene, l'aggravante è stata specificamente contestata, nel caso in esame, come circostanza di "luogo e di tempo". Infatti, è evidente che la modalità della vendita on-line - avuto riguardo al fatto che le parti contraenti, attraverso lo strumento informatico, perfezionano il contratto senza conoscersi personalmente - non potrebbero consentire alcun approfittamento da parte dell'agente delle circostanze legate alla "persona" dell'acquirente, nel senso attribuito loro dalla giurisprudenza di legittimità. Secondo la quale, infatti, le circostanze di persona che, ai sensi dell'art. 61 n. 5 cod.pen. aggravano il reato quando l'agente ne approfitti, possono consistere in uno stato di debolezza fisica o psichica in cui la vittima del reato si trovi per qualsiasi motivo; ne consegue che esse devono essere conosciute dall'agente e tali da ostacolare, in relazione alla situazione fattuale concretamente esistente, la reazione dell'Autorità pubblica o delle persone offese, agevolando la commissione del reato. Fattispecie nella quale la Corte di legittimità ha ritenuto la sussistenza dell'aggravante in relazione ad una serie di truffe, connesse all'abusivo esercizio delle professioni di psicologo, psicoterapeuta e medico psichiatra, poste in essere dall'imputato in danno dei pazienti (Vd. Sent. Cass. Sez. 2, n. 13933 del 07/01/2015).

Continua la Corte sostenendo che è altrettanto evidente come, nella specie, non siano individuabili circostanze "di tempo" tali da aver favorito la condotta dell'agente e delle quali egli ha approfittato per commettere gli artifici e raggiri. Nello sviluppo giurisprudenziale in ordine a tale specifica situazione oggettiva, infatti, si è solo e soltanto fatto riferimento agli orari in cui la condotta dell'agente era stata commessa. La casistica, in particolare, illustra che tale circostanza aggravante è stata ritenuta sussistente con riguardo alle ipotesi di furto o rapina in ore notturne.

L'impossibilità di riconnettere a circostanze di "tempo" la condotta commessa dall'indagato, nel caso in esame, è rivelata, del resto e non a caso, anche dallo stesso tenore della contestazione provvisoria ("avendo commesso il fatto attraverso contatti telematici e a distanza che non permettono alla persona offesa di controllare l'identità e la serietà dell'interlocutore/contraente ne l'esistenza del bene offerto"); laddove nessun aspetto della condotta è ricollegabile, in concreto, al tempo in cui la medesima era stata commessa, ne tale riferimento si coglie in un qualche passaggio del ricorso.

Rimaneva da valutare se è possibile individuare l'aggravante con riferimento al "luogo" di commissione del delitto, dalla dottrina e dalla giurisprudenza individuato, fin qui, con esclusivo riferimento "fisico" per esempio al fatto che il reato sia stato commesso in un luogo isolato o abbandonato.

II Collegio ritiene che la circostanza aggravante sia sussistente, dovendosi mantenere ferma, per quanto qui di seguito evidenziato, l'individuazione oggettiva di un dato "fisico" e caratteristico del luogo del commesso reato. Infatti, sarebbe fuorviante individuare, ai fini di interesse, il luogo della condotta illecita nell'ambiente informatico o telematico utilizzato per commettere il reato. E' significativo notare come, la più autorevole giurisprudenza di legittimità, chiamata a decidere quale fosse il luogo di consumazione del delitto di cui all'art. 615-ter cod.pen., ha acutamente osservato, in motivazione, che il circuito internet, per le sue particolari caratteristiche, è, per così dire, un "non luogo": "è stato notato che nel cyberspace i criteri tradizionali per collocare le condotte umane nel tempo e nello spazio entrano in crisi, in quanto viene in considerazione una dimensione "smaterializzata" (dei dati e delle informazioni raccolti e scambiati in un contesto virtuale senza contatto diretto o intervento fisico su di essi) ed una complessiva "delocalizzazione" delle risorse e dei contenuti (situabili in una sorta di meta-territorio)" (vd. Sent. Cass. Sez. Unite, n. 17325 del 2015). In quella decisione, si individuava il luogo del commesso reato di accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico, in quello in cui l'agente aveva effettuato l'intrusione indebita nel circuito internet. Analogamente, nella truffa ordita attraverso la vendita di prodotti on-line, è individuabile un luogo fisico del commesso reato, per l'appunto quello ove si trovava l'agente al momento in cui egli aveva conseguito il profitto. Siffatto luogo "fisico" di consumazione del delitto di truffa attraverso la vendita di prodotti on-line, possiede una caratteristica peculiare, che è quella costituita dalla distanza che esso ha rispetto al luogo ove si trova l'acquirente. Si tratta di una caratteristica oggettiva, assai simile a quella individuata dalla giurisprudenza prima richiamata, con riguardo al luogo abbandonato o isolato; che altro non vuol significare, in quel caso, che luogo "distante" da collegamenti con centri abitati, vie di comunicazione, presenze umane, tanto da indebolire la reazione pubblica o privata rispetto alla condotta illecita. Inoltre, si tratta di caratteristica oggettiva ben conosciuta dall'agente e della quale questi ha approfittato, così come richiede l'art. 61, comma 1, n.5 cod. pen. poiché proprio la distanza tra il luogo di commissione del reato, ove l'agente si trova ed il luogo ove si trova l'acquirente del prodotto on line - che ne abbia pagato anticipatamente il prezzo, secondo quella che rappresenta la prassi di simili transazioni - è l'elemento che consente all'autore della truffa di porsi in una posizione di maggior favore rispetto alla vittima, di schermare la sua identità, di fuggire comodamente, di non sottoporre il prodotto venduto ad alcun efficace controllo preventivo da parte dell'acquirente; tutti vantaggi che non potrebbe sfruttare a suo favore, con altrettanta comodità, se la vendita avvenisse de visu.

Di ciò l'agente ha consapevolmente approfittato, utilizzando le particolari modalità costituite dall'utilizzo del sistema informatico o telematico. Sicchè la rilevata distanza tra i luoghi prima individuati - cui, in una valutazione complessiva ed in concreto degli elementi disponibili, si aggiunge l'utilizzo consueto di clausole contrattuali che prevedono il pagamento anticipato del prezzo del bene venduto - serve a connotare l'aggravante di cui si discute. La quale arricchisce la condotta illecita dell'agente di quell'elemento ulteriore "esterno", peculiare e meramente eventuale, rispetto agli artifici e raggiri del reato di truffa semplice; individuabili, questi ultimi, nel solo fatto che quegli finga di vendere un bene che non ha o del quale, in verità, non si vuole privare.

di Davide Giovanni Daleffe

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Di seguito il testo di
Corte Cassazione Penale Sentenza n. 43705 14/10/2016:

 

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